giovedì 22 marzo 2012

Ut unum sint: l'ecumenismo vale anche per la fraternità sacerdotale San Pio X

Spesso parlando di fratelli separati di cui attendiamo il ritorno nell'unico ovile della Chiesa di Cristo si pensa alle divisioni secolari passate, e non si pensa alle lacerazioni più recenti.
Questo non è il luogo per discutere sulle ragioni dell'una o dell'altra parte.
Il comando di Cristo e la sua preghiera per essere uno è più impellente e ha la priorità su qualsiasi altra disquisizione.
Proprio in questo impegno a 360° si sta spendendo - e impegnando tutta la sua credibilità - il nostro caro papa Benedetto XVI.
Si veda il riavvicinamento con gli Ortodossi per la comune sensibilità circa la Tradizione, si veda l'accoglienza verso i fratelli anglicani che chiedono di essere riammessi nella comunione cattolica.
Si vedano in particolare le concessioni oltre ogni misura pensabile fatte in favore della Fraternità di San Pio X.
Il Papa ha fatto quanto era in suo potere.
Sinceramente ci aspettavamo una pronta risposta da parte di questa Fraternità, se è vero che in loro è forte la nostalgia di casa.
Qualche remora - a nostro parere ingiustificata - ancora li trattiene.
Ma noi speriamo che abbiano il coraggio di sciogliere le vele e di fidarsi della parola del Papa!
Perciò riprendiamo qui di seguito la lettera che Mons. Bux ha loro rivolto e che condividiamo in pieno.
Voglia il Signore, per intercessione di Maria Santissima e di san Giuseppe, il loro pronto rientro per il ristabilimento della comunione nella Chiesa Una Santa Cattolica Apostolica.
 
A Sua Eccellenza Mons. Bernard Fellay
e alla Fraternità sacerdotale san Pio X

Eccellenza Reverendissima,
cari Fratelli,

la fraternità cristiana è più potente della carne e del sangue, perché in essa si anticipa, grazie alla Divina Eucaristia, la vita del Paradiso.

Gesù Cristo ci ha chiamati a fare l'esperienza della comunione: è in questa che il nostro io consiste. Comunione è stima a priori per l'altro, perché abbiamo in comune l'unico Signore. Perciò la comunione è disponibile ad ogni sacrificio per l'unità: una unità che deve essere visibile, secondo l'anelito finale di nostro Signore nella preghiera al Padre: “ut unum sint, ut credat mundus”; visibile, perché è la testimonianza decisiva degli amici di Cristo.

E' indubbio che non pochi fatti del Concilio Ecumenico Vaticano II e del periodo successivo, legati all’elemento umano di questo avvenimento, abbiano  rappresentato vere calamità ed addolorato grandi uomini di Chiesa. Ma Iddio non permette che la Sua Chiesa giunga all’autodistruzione.

Non possiamo considerare la durezza dell’elemento umano senza avere fiducia in quello divino, cioè nella Provvidenza che, pur nel rispetto della libertà umana,  guida la storia, e in particolare la storia della Chiesa.

La Chiesa è istituzione divina, divinamente garantita ed è pure un fatto umano. L’aspetto divino non nuoce all’elemento umano – personalità e libertà - e non lo inibisce necessariamente; l’aspetto umano, rimanendo integro, ed anche compromettente, non nuoce mai all’aspetto divino.

Per motivo di Fede, ma anche per le conferme che, sia pur lentamente, si manifestano sul piano della storia, crediamo che Dio, in questi anni, abbia preparato e prepari uomini degni per rimediare ai tanti errori ed ai tanti cedimenti che tutti deploriamo, che già spuntino e sempre più spunteranno opere sante, secondo una strategia divina che collega l’opera di anime lontane e che neppure si conoscono, ma il cui agire costituisce un disegno, come è meravigliosamente accaduto nel secolo in cui si ebbe la dolorosa rivolta di Lutero.

Si tratta di divini interventi che pare si moltiplichino quanto più si intorbidano i fatti. Di tutto questo parlerà soprattutto l’avvenire. Ma noi ne siamo già certi e di tutto questo si vede l’alba.

Per qualche tempo l’incertezza dell’alba combatte con le tenebre, lente a ritirarsi, ma quando si vede l’alba si sa che c’è il sole e che il sole continua ad incedere nei Cieli!

Con le parole di Santa Caterina da Siena, possiamo quindi dirvi: “Venite sicuramente a Roma”, presso la casa del Padre comune, che ci è stato donato come perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità cattolica.

Venite a partecipare di questo benedetto avvenire, di cui, pur in mezzo a tenebre persistenti, già si intravede l’alba.

Il vostro rifiuto aumenterebbe lo spazio delle tenebre, non quello della luce. Molteplici sono gli sprazzi di luce che già ammiriamo, primo fra tutti il delinearsi della grande restaurazione liturgica, operata dal Motu ProprioSummorum Pontificum”, che sta suscitando in tutto il mondo un ampio movimento, di cui fanno parte soprattutto giovani, che intendono zelare il culto del Signore.

Come dimenticare però altri gesti concreti e significativi del Santo Padre, come la remissione delle scomuniche ai Vescovi ordinati da Mons. Lefebvre, l’apertura di un confronto aperto sulla interpretazione del Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione, e per questo anche il rinnovamento della Commissione Ecclesia Dei?

Certamente possono restare ancora perplessità, punti da approfondire, da meglio chiarire, come il discorso sull’ecumenismo e sul dialogo interreligioso (che ha già comunque ricevuto un’importante precisazione dalla dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, Dominus Jesus del 6 agosto 2000), e quello sulla maniera in cui intendere la libertà religiosa.

Anche su questi punti, la vostra presenza, canonicamente garantita, nella Chiesa aiuterà a portare maggiore luce.

Come non valutare l’apporto che potrete dare, grazie alle vostre risorse pastorali e dottrinali, alle vostre capacità e sensibilità, al bene di tutta la Chiesa?

Questo è il momento opportuno, questa è l’ora favorevole per ritornare: Timete Dominum transeuntem: non lasciatevi sfuggire l’occasione di grazia che il Signore vi offre, non lasciate che passi accanto a voi e non la riconosciate.

Potrà il Signore concederne un’altra?

Non dovremo tutti un giorno comparire di fronte al Suo Tribunale, e rispondere non solo del male compiuto, ma anche di tutto il bene che avremmo potuto fare e che non abbiamo fatto?

Il cuore del Santo Padre palpita: Egli vi attende con ansia, perché vi ama, perché la Chiesa ha bisogno di voi per una comune testimonianza di fede in un mondo sempre più secolarizzato e che sembra volgere le spalle al Suo Creatore e Salvatore.

Nella piena comunione ecclesiale con la grande famiglia, che è la Chiesa cattolica, la vostra voce non sarà disprezzata, il vostro impegno non sarà né trascurabile né trascurato, ma potrà portare, con quello di tanti altri, frutti abbondanti; al di fuori verrebbe invece disperso.

L'Immacolata ci insegna che troppe grazie si perdono perché non vengono richieste: siamo convinti che con una risposta favorevole alla proposta del Santo Padre, la Fraternità Sacerdotale San Pio X diventerà uno strumento per accendere nuovi raggi alle dita della nostra Madre celeste.

In questo giorno a Lui dedicato, voglia San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria, Patrono della Chiesa Universale, ispirare e sostenere i vostri buoni propositi: “Venite sicuramente a Roma”.

Roma, 19 marzo 2012
Solennità di San Giuseppe

d. Nicola Bux

sabato 10 marzo 2012

SALVIAMO LA DOMENICA

Apparentemente sembra solo un piccolo provvedimento di economia in tempi di crisi.
In realtà è un permesso che scardina tutta la  nostra civiltà.
Mi riferisco all'autorizzazione di questo governo di poter lavorare e tenere aperti i negozi 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana: cioè sempre, giorno e notte, inclusi domeniche e feste.
Qualche testata cattolica   ha già alzato la sua voce di allarme: ad esempio la Bussola. Ma poche rispetto a quello che c'era da aspettarsi: quanto meno una rivoluzione.
Perché scardinare la domenica non è un fatto che riguarda solo quei pochi bigotti di cattolici che ancora si incaponiscono ad andare a messa la domenica e le feste comandate (i laici "adulti" già si sono emancipati da questa "imposizione") ma significa eliminare l'ultimo presidio a favore del primato della persona umana e della famiglia, se proprio non si vuol parlare di Dio.
E' la vittoria della logica del profitto su tutto: non importa che tu ti riposi, pensi a te stesso, ad altre tue dimensioni... quello che interessa è che faccia soldi.
La portata reale della cosa credo sia sotto gli occhi di tutti.
Potremmo scriverci sopra dei libri: ma credo che anche poche parole come le mie già siano sufficienti a delineare l'ulteriore sconfitta umana che ci siamo inflitti.
Già perché dicevano che questo doveva essere un governo cattolico o quantomeno vicino ai cattolici, visti i ministri cattolici che ci sono: ma, scusate, davvero ci sono ministri cattolici in questo governo?

sabato 3 marzo 2012

TRA RABBIA E SCONCERTO

E'   stato presentato il nuovo rito delle esequie della CEI.
Dopo il cervellotico nuovo rito del matrimonio (pensato a mio parere da chi non ha mai celebrato un matrimonio in vita sua) in cui non si può parlare più di traduzione e di adattamento ma di invenzione di un nuovo rito (con incoronazione che certo non è di tradizione romana) adesso la CEI ci regala il nuovo rito delle esequie.
Ma il danno per il rito del matrimonio è risibile, considerato quello che qui è stato fatto.
Specie riguardo ad una resa di fronte alla nuova moda della cremazione.
Sottoscrivo in pieno quello che è pubblicato su cantualeantonianum da frate A.R. e ogni mio ulteriore commento sarebbe una ripetizione.
Vi prego di leggerlo e di vedere anche i video allegati.
Per quanto mi risulta da altre fonti riservate ho l'impressione che il pensiero massonico, coniugato con nuove forme di gnosi e new age, abbia segnato un ulteriore punto a suo  favore.
Non mi meraviglio della CEI: anche se temo per la traduzione della terza edizione del  Messale Romano, ma mi chiedo come la Santa Sede possa dare la Recognitio a queste aberrazioni.
Il fumo di Satana ha offuscato un po' tutti?
Povero Papa nostro Benedetto!
Come non dargli ragione nel pensare che la Chiesa cattolica deve essere salvata anzitutto da se stessa?

giovedì 1 marzo 2012

ELOGIO DEL SILENZIO

Il Santo Padre è solito inviare agli operatori della comunicazione, proprio ogni anno nel giorno della memoria di San Francesco di Sales, patrono degli operatori della comunicazione, un Messaggio in vista della Giornata delle comunicazioni sociali che sarà poi celebrata ogni anno il giorno della Ascensione del Signore.
Il   tema scelto dal Papa per il 2012 è SILENZIO E PAROLA.
Si tratta, spiega il Papa, di cogliere il rapporto tra il silenzio e la parola: <<due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi>> giacchè <<Quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché, al contrario, crea un clima di freddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, la comunicazione acquista valore e significato.>>
Per operatori che lavorano con la parola e vivono di parole, il tema può sembrare provocatorio, ma è certo una salutare provocazione. Dice infatti il Papa: << Là dove i messaggi e l’informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio.>>
Come non essere d’accordo col Papa?
E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che un surplus di comunicazione – dalla miriade di servizi di informazione a tutte le ore, ai talk show    televisivi, a tutta la miriade di siti internet e a tutte le altre applicazioni che corrono in rete, a  Tweet e roba simile… - ci sta facendo correre il rischio di una svalutazione della comunicazione stessa, del suo appiattimento, della perdita della stessa gerarchia di notizie e dei valori cui devono essere legate, dello svincolarsi della ocmunicazione dai criteri della verità e della oggettività per relegare la comunicazione nell’ambito della soggettività e della pura e semplice opinione.
Ma, scrive il Papa, << L’uomo non può accontentarsi di un semplice e tollerante scambio di scettiche opinioni ed esperienze di vita: tutti siamo cercatori di verità e condividiamo questo profondo anelito, tanto più nel nostro tempo in cui "quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali">>.
Il rischio che si corre infatti è proprio quello individuato dal Papa e che sfocia in un relativismo superficiale, in cui avrebbero ben presto facile gioco l’insinuarsi di interessi di parte e logiche lontane dal rispetto della dignità dell’uomo, della  sua vera libertà e della sua retta coscienza.
Solo facendo un salto indietro, nel recupero del silenzio, che significa non solo recupero della interiorità da parte di chi si trova ad operare nei mass media – interiorità di cui tutti abbiamo bisogno-, ma anche il recupero del rispetto per l’altro, giacchè il silenzio reca con sé la capacità dell’ascolto dell’altro, c’è il modo di superare il rischio su cui ci ammonisce il Papa.
Aggiunge infatti il Papa: solo <<Tacendo si permette all’altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole o alle nostre idee>>.
Penso qui a tanti modi di fare giornalismo da parte di certi conduttori che interpretano più la parte dello show man che non quella di seri operatori della comunicazione, al modo di condurre  certi programmi   televisivi, al modo di “lanciare” un pezzo sui quotidiani… in cui l’altro, il soggetto di cui si parla, invece non è né ascoltato né quindi rispettato ma è solo il pretesto per fondare il nostro pregiudizio e portare vanti tesi già precostituite.
Il recupero del silenzio e dell’ascolto dell’altro consente invece il recupero di una dimensione della comunicazione più riflessiva: continua in proposito il Papa: << Una profonda riflessione ci aiuta a scoprire la relazione esistente tra avvenimenti che a prima vista sembrano slegati tra loro, a valutare, ad analizzare i messaggi; e ciò fa sì che si possano condividere opinioni ponderate e pertinenti, dando vita ad un’autentica conoscenza condivisa>>.
E dunque, conclude il Papa: <<Educarsi alla comunicazione vuol dire imparare ad ascoltare, a contemplare, oltre che a parlare>>.
Non è questo il contesto in cui siamo chiamati a trovare soluzioni e indicazioni pratiche, né il Papa vuole entrare nel merito delle scelte che ognuno in coscienza crederà di  fare, ma credo che sia stimolante la nuova modalità con cui il Papa chiama a contestualizzare il servizio della comunicazione: egli afferma che per recuperare la comunicazione al suo vero ruolo  << è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di "ecosistema" che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni>>.
Si tratta dunque di una sorta di autoeducazione in cui di volta in volta l’operatore della comunicazione dovrà collocarsi per poter discernere se parlare, se tacere, come parlare, quando parlare, come ammonisce il Qoelet.
Non si tratta qui di inventarsi forme di censure o autocensure nella comunicazione, ma nel sapiente equilibrio tra silenzio e parola, ritornare ad una sorta di pudore per cui sapere quando una comunicazione può essere affidata alla parola – e quindi all’immagine - piuttosto che al silenzio, ma anche viceversa quando il silenzio a volte può essere una forma di comunicazione altrettanto eloquente quanto la parola e a volte anche di più.
Nella tradizione rabbinica si dice che la Torà sia stata scritta con inchiostro nero e con inchiostro bianco, cioè non solo con le lettere ma anche con gli spazi bianchi che sono tra le lettere.
Il saggio sa leggere entrambe le scritture!
Un bravo operatore della comunicazione sociale dovrebbe saper adoperare e scrivere con entrambi gli inchiostri!
Certo, qualcuno dirà, qui il nostro riferimento è stato finora il Papa e quindi un contesto di fede. Ma credo che anche dalla stessa sapienza umana, chi vuole possa recuperare un invito alla sobrietas nell’uso di silenzio e parola, quale ad esempio ci è testimoniato dalla classicità greca.
C’è un senso infatti nella regola che prescrive di non rappresentare mai nelle tragedie greche sulla scena la morte di un personaggio: è il senso è che – data la funzione catartica del teatro greco – l’assistere alle scene di morte violenta più che aiutare il cittadino a crescere, lo spingesse ancor più verso l’abbrutimento, cioè verso una condizione subumana.
La paideia greca è infatti l’impegno di una educazione e di una cultura che mira a crescere nella bellezza e per la bellezza.
Dove bellezza sta per l’esperienza dell’armonia dell’uomo con se stesso, con la natura, con la divinità.
Che poi è quell’ecosistema di cui parla il Papa.
Il mio augurio è che allora ognuno di noi, ogni operatore delle comunicazioni sociali, sappia leggere e interpretare se stesso come un servitore della parola, come ministro di paideia, cioè sappia vivere il suo ruolo in chiave pedagogica al servizio della bellezza, anche in quelle occasioni in questa sembra essere inficiata dal male che per definizione è colui che la nega.
Ma, ce lo ricorda Dostoewskij, è proprio la bellezza che salverà il mondo.



IO ACCUSO…

Tra epidemia e calura estiva è passato sotto silenzio un importante responso della Congregazione della Dottrina della fede e approvato in pr...