giovedì 5 marzo 2015

Efesini 6,10-17 : Il combattimento spirituale e le armi di Dio

A Maria, odigitria e stratega del popolo cristiano
   
BIBLIOGRAFIA
REGGI ROBERTO (a cura di ), Lettere di Paolo, Traduzione interlineare italiana, EDB.
AA.VV. Le lettere di Paolo, EP
ZERWICK MAX, Analysis philologica novi testamenti graeci, PIB
NERI UMBERTO (a cura di), Lettera agli Efesini, EDB
BALZ – SCHNEIDER, Dizionario Esegetico del nuovo Testamento, Paideia
AA. VV.  La teologia dei Padri, vol.3, Città Nuova
AA.VV. La filocalia. Gribaudi
Vita e detti dei padri del deserto, Città nuova.
THOMAS SPIDLÌK, la spiritualita' dell'oriente cristiano - manuale sistematico, San Paolo.
CARLO MARIA MARTINI, Lectio sul combattimento spirituale ai Cavalieri di Malta.

1. La vita del cristiano è lotta

Il testo di Paolo in Ef 6, 10-17 presenta il cristiano come colui che è chiamato a lottare fino in fondo contro il nemico e a vincerlo.
Cfr. 1 Timoteo 6,12: “Combatti il buon combattimento della fede, afferra la vita eterna alla quale sei stato chiamato e in vista della quale hai fatto quella bella confessione di fede in presenza di molti testimoni.”
Paolo ricorda agli efesini che tutta la vita è una battaglia, così come altrove aveva usato l’immagine della  corsa o della lotta per esprimere lo stesso concetto dell’impegno strenuo che il cristiano nel mondo deve avere per tutta la vita fino al suo arrivo alla patria celeste.
Queste immagini sono state riprese negli scritti dei Padri e degli asceti.
Questa lotta si presenta però in due modi diversi.
Talvolta l’anima appare come una specie di campo chiuso dove vizi e virtù, carne e spirito si danno combattimento continuo.
Talvolta è il cristiano stesso che entra in lotta e, armi alla mano, cerca di combattere le forze avverse.
Come vedremo, qui ci troviamo nel secondo caso: dove si è chiamati ad armarsi per una lotta contro le potenze avverse ai fedeli.
L'esortazione ad armarsi, a rivestirsi, la troviamo pure in Rm 13, 12 e in 2 Cor 10, 4.
Quello agli Efesini è però il brano nel quale maggiormente viene svolta la metafora della panoplia, l'armatura completa del servitore di Dio, di colui che vuole seguire da vicino Gesù.

Lutero: << si potrebbe chiamare un “discorso militare” per i cristiani>>

Questa militanza spirituale si inscrive, quindi, nell'essenza stessa dei cristianesimo, dal momento che una delle azioni più tipiche di Cristo è stata proprio quella di liberarci dal male e dal maligno, sotto ogni forma si nasconda.

È un brano molto denso, ricco di mètafore.
Il brano può essere diviso in quattro  parti concatenate logicamente tra loro: la prima parte e la seconda contengono due esortazioni (ricordiamoci che siamo nelle parte finale della lettera, dove Paolo inserisce sempre le esortazioni): queste sono
1.      quella di rafforzarsi nel Signore
2.      e di indossare le armi di Dio;
segue poi, nella terza, che illustra il motivo di queste esortazioni;
infine, nella quarta, ci viene dato l'elenco dell'armatura spirituale di cui rivestirci. 
Noi seguiremo un’altra suddivisione del brano per seguire una impostazione più logica.

2. Il combattimento spirituale

Paolo comincia dunque col dire che bisogna armarsi in vista di un combattimento.

Palh =  in ambito greco indica il combattimento ascetico.
In Paolo, oltre a questo senso, il termine “pale” è largamente usato per indicare anche il combattimento escatologico e quello dei credenti contro gli assalti del diavolo e perciò va sostenuto e vinto con l’armatura di Dio.
Sullo sfondo delle parole di Paolo si trova pertanto non la concezione greca della battaglia dell’asceta contro se stesso, ma la speranza apocalittica della potente affermazione della signoria di Dio che si delinea già ora nella terrena battaglia di fede combattuta dai battezzati.
Anche se dobbiamo riconoscere che tale idea ascetica, a volte fondata su questo stesso brano, ha avuto largo seguito nella tradizione monastica antica.
Spidlik: <<La tradizione spirituale, collocandosi nella via aperta dalla Scrittu­ra e rifacendosi anche all’ideale stoico, ha spesso paragonato l’ascesi a una lotta, a un combattimento contro i nemici dell’anima, e testi di questo tipo sono abbondanti in tutte le Chiese. Nel Practikos di Eva­grio sono frequenti espressioni e metafore di guerra, di lotta (agòn, palé, pòlemos), il monaco deve soprattutto lottare (agònizesthai, polemeìn, màchestai), contro i nemici (pòlemoi) o gli avversari (antikeìmenoi). Il combattimento spirituale è centrale anche nella spiritualità di Cassiano>>.
Per Cassiano il combattimento è un mezzo provvidenziale per perfezionarsi spiritualmente , una testimonianza d’amore che perfeziona il libero arbitrio.
Secondo Doroteo l’asceta non deve neppur temere di cadere «talvolta nel fango, per ritrovare poi il cammino», perché «quelli che debbono nuotare in mare e che conoscono l’arte del nuoto s’immergono quando l’onda arriva su di loro e si lasciano andar sotto, fino a che essa sia passata; dopodiché continuano a nuotare senza diffi­coltà».
Non si tratta però qui di vincere solo contro i vizi (come già lo stoicismo greco indicava) in una lotta morale (che corre il rischio di degenerare in un moralismo volontaristico…).
In questa lotta i nemici sono ben altri, ecco come ce li indica Paolo:

3. I nemici: le potenze diaboliche



12 Quia non est nobis
colluctatio
adversus
sanguinem et carnem
sed
adversus principatus, adversus potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum,
adversus spiritalia nequitiae in caelestibus.

[12] giacché non è a noi
la battaglia
contro sangue e carne
ma
contro i Principati
contro le Potestà,
contro i dominatori del mondo di questa tenebra ( = di questo mondo oscuro),

contro gli spiriti della malvagità (lett. Contro le spiritualità del male)
[che abitano] nelle regioni sotto il cielo.

La battaglia non è dunque
·         né contro creature umane fuori e intorno a noi: c’è un bellissimo brano di San Giovanni Crisostomo che ammonisce i suoi a non sbagliare, a non credere che siccome si è perseguitati da molte persone i nemici contro cui lottare siano le persone stesse, ammonendo di scoprire dietro queste i veri nemici cioè gli inganni del diavolo (TP 3/ 78-79);
·         né contro la nostra natura umana mortale, come specifica Paolo: contro sangue e carne [= contro la debolezza d’animo tipica della natura umana], (cfr. Merk: “carnem et sanguinem” = hebraice: Natura humana mortalis; homo natura imbecillis et fragilis.) che è un motivo della tradizione stoica greca e romana: Cfr. Debolezza d’animo: Cicerone: humani generis imbecillitas.
ma è contro potenze sovraumane e sovra mondane: contro i Principati, contro le Potestà, contro i dominatori del mondo di questa tenebra, contro gli spiriti della malvagità.
Arcai kai exousiai = già questa endiade è presente in Platone, e indica sia i poteri come i personaggi potenti. Paolo li usa per indicare le forse ultramondane che dominano tutto il cosmo. Il riferimento è alla letteratura apocalittica giudaica: in Paolo c’è la volontà di abbracciare tutto ciò che nel creato esiste in fatto di potenze e forze “ celesti, terrestri e sotterranee”. L’intento è quello di affermare l’annuncio della liberazione del mondo dalla loro signoria da parte di Cristo. Ciò suppone però che queste forze in qualche modo si siano sottratte dopo la loro creazione dalla sottomissione a Dio. Nei confronti di queste forze Paolo annuncia che il Risorto ha assunto quella posizione, degna del Preesistente, che lo colloca al di sopra di tutte le potenze cosmiche e che queste nella battaglia escatologica saranno esautorate dal loro potere e incluse nella sua opera di redenzione.
Lutero: <<Noi siamo arruolati contro nemici diversi da quelli terreni: nemici che combattono contro di noi a motivo di una vita, di un regno, di una terra, di un dominio diversi, perché si tratta della vita eterna o della morte, del regno dei cieli o del fuoco dell’inferno>>
Origene: << ci viene così insegnato a pensare che nemmeno i peccati che si ritiene derivino in noi dal sentire della carne, hanno la loro prima origine in noi dalla carne e dal sangue, ma da potenze che vi agiscono: vi sono infatti demoni che agitano passioni e suscitano fascinazioni erotiche, come mostra il Profeta (Osea) quando dice “furono sedotti da uno spirito di fornicazione. Allo stesso modo bisogna dire di altri demoni che provocano sdegno e ira: … L’apostolo così ci insegna che non è dalla natura del corpo che ci viene di peccare…>>
Kosmokratores = in ambito extrabiblico usato per gli dei che dominano il mondo e per gli spiriti cosmici (es. i pianeti) = i dominatori del mondo

Efrem: << perché in tutto il mondo hanno il potere di sedurre gli uomini>>

La varietà dei nomi delle forze nemiche coglie i diversi aspetti di una stessa realtà: il combattimento è contro le potenze in contrasto col mondo materiale dell’uomo. Esse sono superiori all’uomo, abitano nei sotto i cieli dove egli non può arrivare da solo ma dove il Cristo è già arrivato: la battaglia da combattere e da vincere è quindi una battaglia sovrumana.

Lutero: <<Abbiamo dei diavoli sopra la nostra testa: non hanno bisogno di fortezze, ma volteggiano nell’aria più facilmente che gli uccelli… e ci saettano nel cuore per rapirci la fede>>
Schnackenburg:  Paolo << distrugge ogni illusione di una vita spensierata nel mondo, e di uno spazio libero per la Chiesa unita al suo capo celeste … Tuttavia egli non vuole deprimere i lettori o farli ripiombare nell’angoscia cosmica: … liberati per la potenza di Dio da ogni potere del male, non hanno che da rafforzarsi ancor più nella potenza del Signore e resistere all’attacco della forza del male nemica di Dio. … La rappresentazione della lotta che supera le forze dell’uomo … serve solo in modo ancor più pressante all’intima potenza di Dio a loro donata>>.
Gnilka: <<Il mondo una volta era caduto nelle tenebre; adesso invece la lotta contro le tenebre è possibile ed è affidata alla comunità. Ciò implica, di nuovo, un rapporto non-gnostico con il mondo: non si fugge fuori dal mondo, ma – nel mondo – si combatte contro il male, perché la venuta di Cristo risplenda in esso>>.

La comunità, come suo corpo, già da ora è inclusa nella vittoria del Risorto e quindi già da ora partecipa con lui alla battaglia escatologica.
Paolo mostra che la signoria di Cristo sul cosmo è già fondamentalmente ottenuta dal combattimento di Cristo, ma nel tempo presente del maligno ancora operante, con l’impiego di tutti i doni dello Spirito, il cosmo deve essere rivendicato alla signoria del Creatore.

Come si vede Paolo non entra nella speculazione sulle identità delle singole forze (oggetto di interesse prima e dopo di lui di parte del giudaismo prima e della gnosi e del neoplatonismo poi, ad esempio, ma anche di tante riflessioni ascetiche: chi vuole vedere un elenco di come le varie potenze dell’aria o del mondo corrispondono alle varie tentazioni può leggere ad esempio gli Utilissimi Capitoli di Gregorio Sinaita nella Filocalia vol. 3.
Paolo invece va al cuore del problema: le potenze nemiche contro cui si combatte sono espressione della lotta Satana contro Cristo.

4. il motivo ultimo: la lotta contro il diavolo e le sue insidie


ut possitis stare
adversus insidias diaboli. 
allo scopo di poter stare saldi
contro le macchinazioni ingannevoli (= tecniche intriganti, ingegnose, insidiose) del diavolo. 

Benedetto XVI: <<Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: per liberare gli uomini dal dominio di Satana, “origine e causa di ogni peccato”. Lo ha mandato nella nostra carne mortale perché diventasse vittima di espiazione, morendo per noi sulla croce. Contro questo piano di salvezza definitivo e universale, il Diavolo si è opposto con tutte le forze, come dimostra in particolare il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, che viene proclamato ogni anno nella Prima Domenica della Quaresima. Infatti, entrare in questo Tempo liturgico significa ogni volta schierarsi con Cristo contro il peccato, affrontare – sia come singoli, sia come Chiesa – il combattimento spirituale contro lo spirito del male>>

Lutero: <<Ecco i due signori, Cristo e il diavolo, che combattono giorno e notte. (…) Cristo, certo, vince: ma non bisogna sottovalutare il nemico, poiché è il principe del mondo e ha con sé potenti principi nel mondo… il diavolo è sotto di noi, sopra di noi e fra di noi>>
Crisostomo: << il nemico non ci muove guerra in modo scoperto e manifesto… i peccati non li suggerisce mai in modo manifesto>>

Efrem: <<come fece con Adamo ed Eva , il diavolo si  accosta ai figli di Adamo ed Eva non con violenza ma in modo suadente ed insidioso>>

Lutero: <<e viene adorno di bell’aspetto, non come nemico ma come amico … e si trasforma in tutto in angelo di luce … e cita i passi della Scrittura che noi insegniamo, impariamo e amiamo e sui quali ci fondiamo: “guarda caro cristiano, e rifletti per vivere nel modo giusto. Questo testo va interpretato così, perché altrove è detto in questo modo: metti dunque i due testi a confronto …” E Satana si apre una breccia, e va perduta anche la parola che attesta che il sacramento è il vero corpo di Cristo- Allora se non credi a un articolo di fede, non credi a nessuno: tutti infatti sono connessi fra loro come una catena d’oro, e se si apre un anello, tutta la catena si scioglie>>

In questo senso Macario l’Egiziano rilegge le tentazioni del monaco (Filocalia vol. 3) con una osservazione intelligente: l’Avversario opera come se fosse l’anima a generare da se stessa i pensieri peccaminosi e non fosse invece un estraneo che vuole rimanere nascosto.
Per i cristiani la ‘vita spirituale è quindi un combattimento contro i demoni (Ef 6,12), e questa concezione tradizionale acquisisce nella spi­ritualità monastica del deserto nuovo rilievo, perché il deserto è, per eccellenza, il regno dei demoni, e il monaco che vi si ritira va dunque ad affrontarli in un combattimento corpo a corpo. La demonologia che si esprime nella Vita di Antonio, nell’opera di Evagrio e in quella di Cassiano diventata classica della spiritualità del deserto, si integra, come elemento importante, nella dottrina ascetica tradizionale.
E nonostante certi abusi di queste dottrine, i demoni, tuttavia, conservano la loro funzione cosmica, e sono detti kosmokràtores, associati ai falsi dèi, legati agli animali e alle piante. Da una parte la filosofia greca, dall’altra certe correnti giudaiche, avevano influenzato le concezioni degli autori cristiani nello spiegare l’azione dei demoni nel mondo. Ma le conclusioni pratiche sono sempre le stesse: il monaco è chiamato a purificare, per mezzo della fede in Dio e dell’ascesi, i luoghi della potenza del male, e gli eremiti abitano dunque volentieri là do­ve credono di trovare molti demoni.
Chi poi volesse una illustrazione pratica di come ad esempio i padri del deserto mettesse in pratica questi suggerimenti di Paolo sulla lotta contro il diavolo legga le loro vite e i loro detti: in realtà dovremmo citarli tutti!
Cosa suggerisce in concreto Paolo?
Anzitutto di rafforzarsi nel Signore.

5. Per combattere: rafforzarsi nel Signore

10 Το λοιπο 
10 De cetero
confortamini
 in Domino
et in potentia
virtutis eius. 
[10]Per il resto,
rafforzatevi
nel Signore
e nella potenza
del suo vigore.

Rafforzatevi: lett. Prendete forza: è un tema accentuato nella predicazione e nell’esperienza paolina, culminante nell’espressione “tutto posso in colui che mi dà forza”
 E’ un composto da dunamij ed esprime la concezione paolina dell’apostolato: Cristo come dunamij di Dio dà forza all’apostolo. Da qui l’invito a rafforzarsi nella grazia che è in Cristo Gesù.
Cristo è la fonte della forza del cristiano, perché è lui stesso il forte!
Sorprende qui l’accumulazione di termini sinonimi ad indicare la forza: kratoj cfr. pantocrator / Iscuj cfr. santo forte: iscuros.

Calvino: <<poiché l’esortazione di “essere forti” non servirebbe a molto, visto che così grande è la nostra debolezza, se Dio non ci assistesse  e  non ci tendesse la mano per soccorrerci, o meglio, non ci desse tutta la sua potenza, aggiunge “nel Signore”>>.

6. Per combattere: rivestire l’armatura di Dio

11 Induite
armaturam Dei,

[11]Rivestitevi
della completa armatura di Dio,

Martini: <<perché dobbiamo armarci…? Perché la nostra lotta è una lotta spirituale, contro i principati, le potestà, gli spiriti maligni. Possiamo tradurre facilmente queste espressioni in una realtà comprensibile perché essa è di evidenza quotidiana. Dobbiamo, cioè, vivere in un'atmosfera - lo spazio tra terra e cielo - che è invasa da elementi maligni, contrari al Vangelo, nemici di Dio. L'atmosfera in cui viviamo è satura di potenze contrarie a Cristo e quindi la nostra lotta si annuncia difficile. Questa mentalità, questa atmosfera che è frutto in parte della potenza del male e in parte dell'uomo soggiogato da questa potenza del male, crea una situazione nella quale siamo immersi e che ci minaccia da ogni parte. Da qui la necessità di armarsi con l'armatura di Dio>>. 
Rivestitevi: lett. Mettevi addosso il vestito, copritevi, indossate.
Armatura = la pan-oplia di cui si parla è l’armatura completa del soldato di fanteria, del legionario romano, munito di armatura pesante. Paolo ne fa una particolareggiata allegoria.
L’armatura è quella che dà Dio, immaginato come colui che di fatto equipaggia con le armi spirituali nella battaglia del tempo finale contro gli assalti del diavolo e contro le malvagie potenze di questo mondo e contro quelle che stanno nella sfera celeste (al di sotto di Dio e contro Dio).
Ricordiamo che nell’AT è Dio stesso che si arma per combattere i suoi nemici o che arma e i suoi amici e li addestra alla battaglia.
Qui l'armatura di Dio è trasferita al servo di Dio, a colui che segue Gesù.

Lutero: <<armatevi non della vostra sapienza e forza, ma rivestite l’armatura di Dio. Occorre che io abbia corazza e armi e che non siano mie, cosicché il diavolo veda su di me tale armatura e corazza, e dica “non è cosa umana”! Non siate dunque forti in voi stessi, ma nel Signore e nella sua potenza>>.

Origene: << in base a ciò che segue e a ciò che è scritto del salvatore, si può dire che “armatura di Dio” è il Cristo, e che significa quindi la medesima cosa “rivestirsi dell’armatura di Dio” e “rivestitevi del Signore Gesù Cristo”. Se infatti cintura è la verità e corazza la giustizia e il salvatore è la verità e la giustizia, è chiaro che il salvatore è la cintura e la corazza. In modo simile può dirsi della “prontezza del vangelo della pace” , dello “scudo della fede”, dell’elmo della salvezza e della spada dello Spirito cioè la parola di Dio>>

Tutta-l’armatura: non un’arma sola ma tutto l’armamentario completo nelle sue parti.

7. L’armatura di Dio

1. la cintura della verità


14 State ergo
succincti lumbos vestros in veritate
 [14]State saldi dunque,
cinti i fianchi nella verità,

i fianchi cinti = significa essere pronti a partire e ad agire (es. lavorare) perché in casa si portava l’abito senza cintura. Il NT ne sottolinea la dimensione escatologica e messianica

La prima metafora è la cintura della verità. Per capire bene bisogna notare che questa metafora, come pure le altre, sono attinte largamente dal Vecchio Testamento. Chi scriveva questo brano conosceva a memoria interi passi del Vecchio Testamento e ne supponeva la conoscenza anche nei suoi lettori. 

Il primo brano è tratto da Is 11,5 il germoglio di Jesse, del quale viene descritta la veste, il modo di presentarsi e di combattere:
 5Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia,
cintura dei suoi fianchi la fedeltà.

Nella verità: Emet (fedeltà) è tradotto nella Bibbia dei LXX con alétheia, la verità e il testo greco di Efesini qui lo riporta esattamente.  Notiamo la dimensione esistenziale della verità: Dio è vero perché è fedele!
Poiché qui si sta parlando della armatura di Dio è logico pensare all’essere vigili nell’esperienza della verità/fedeltà di Dio.

2. la corazza della giustizia


et induti loricam iustitiae 
rivestiti con la corazza della giustizia, 

La metafora seguente è la corazza della giustizia.
In Is 59, 17: Egli si è rivestito di giustizia come di una corazza,
Credo che qui si debba intendere giustizia nel senso pieno del termine: della “giustificazione” del credente ad opera di Dio.
dikaiosyne traduce l’ebraico zedek: anche qui la giustizia riguarda soprattutto l’agire di Dio, l’azione del Dio che salva chi nella fede si affida a lui. E’ un invito in fondo a rivestirsi della grazia!
E così il giustificato può vivere da giusto:
Lutero: <<Chiama corazza della giustizia una vita innocente e retta, e un modo di essere esteriore nei confronti di tutti gli uomini tale che non si danneggi o si faccia soffrire alcuno, ma al contrario ci si impegni con diligenza a servire e a beneficare ciascuno>>

3. I calzari del vangelo

15 et calceati pedes
in praeparatione
evangelii pacis, 
[15]e avendo calzati i piedi con la preparazione del vangelo della pace.

Etimasia= la preparazione che dà il vangelo: più che tradurre con essere pronti ad annunciare il vangelo ci sembra sia più corrispondente al senso del brano il dire che il vangelo ci rende pronti/preparati ad affrontare la lotta contro il nemico: Merk = ea promptitudine animi ad resistendum diabolo quam dat evangelium pacis
Ricordiamoci della etimasia in ambito liturgico: l’altare celeste preparato con gli “arma Christi” per la parousia escatologica.
Il fine infatti è l’instaurazione del Regno di Dio.

Cfr. Isaia 52,7
Come sono belli sui monti
i piedi di chi evangelizzando fa ascoltare la pace,
di chi evangelizzando il bene  fa ascoltare la salvezza,
di chi dice a Sion: «Regna il tuo Dio».

Cfr. Il regno di Dio è gioia e pace nello Spirito

Calvino: l’evangelo di pace <<così viene chiamato perché è l’annuncio della nostra riconciliazione con Dio, che sola mette in pace le nostre coscienze>>
Gnilka: <<Già da tempo è stato notato il paradosso di questa immagine: il combattente deve armarsi con l’arma della pace. Ma proprio questo paradosso consente di scoprire il senso profondo della militia Christi. Cristo è la nostra pace (Ef 2,14): i cristiani quindi – poiché sono coloro che nella Chiesa hanno conseguito la pace – hanno il compito di contrapporre questa pace all’inimicizia che domina nel mondo. E ciò avviene mediante l’annuncio dl vangelo>>.
Lutero: <<i cristiani… devono aver pace con tutti…  per poter in tal modo camminare pronti e spediti, e attraversare senza ostacoli questo cattivo mondo>>

4. Lo scudo della fede

16 in omnibus
sumentes scutum fidei,
in quo possitis omnia tela Maligni ignea exstinguere; 
[16] In ogni cosa
prendendo in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; 

scudo = quello qui indicato è il grande scudo oblungo che copre tutta la persona: quindi c’è l’idea che la prima difesa al cristiano è la fede. E’ questa che ci protegge e ci aiuta a bloccare gli attacchi del maligno.

Crisostomo: <<E’ lo scudo a ricevere per primo gli assalti dei nemici e a custodire illesa l’armatura. Così se la fede è retta e retta è la vita, l’armatura rimane illesa>>

i dardi infuocati : l'espressione è presa dal Salmo 11= Efrem <<i brucianti pensieri>>

Crisostomo: << quanti dardi hanno spento i giusti! Credi che non fosse un dardo infuocato quel fuoco che bruciava nell’intimo il Patriarca quando stava per immolare il figlio suo? E anche altri giusti hanno spento tutti i suoi dardi. Se dunque sono i pensieri a farci guerra, opponiamo a difesa la fede; se sono concupiscenze cattive, facciamo ricorso a essa; se sono pene e sventure, troviamo in essa il sollievo>>.

I pensieri = loghismoi = logismi! I cattivi pensieri
Origene sostiene che il diavolo non è causa di peccato, come dicono «alcuni tra i semplici». Evagrio fa notare che il demonio non può raggiungere direttamente il nostro intelletto, è impotente a far nascere una conoscenza nello spirito, impotente a informarci sulle «ragioni» delle cose, può introdurre in noi soltanto delle immagini (fantasìai, eìdolon). I demoni dunque, per mezzo della «composizione» del corpo, suscitano nell’intelletto qualche «immagine», e il logismòs non è infatti altro che un’immagine».
La lotta contro i demoni si svolge, dunque, soprattutto a livello di logismòi, nel mondo immaginario delle illusioni, delle false consolazioni, degli inganni di ogni specie, e il cristiano combatte con il discernimento e con la vigilanza del cuore.
«Tutto il combattimento dell’uomo avviene nei pensieri, dice lo ‘Pseudo-Macario, e consiste nell’eliminare la “materia dei pensieri cattivi».
Origene ha tratto dal vangelo di Matteo (cap. 15) questa affermazione: «La sorgente e il principio di ogni peccato sono i pensieri cattivi»; è questa la fonte del concetto di «lotta invisibile».
A questo proposito un’ammoni­zione di Massimo il Confessore, conforme a tutta la tradizione dice: «Guardati dall’abusare dei tuoi pensieri, altrimenti arriverai fatalmente ad abusare anche delle cose; non si peccherebbe mai in azione se non si peccasse dapprima nel pensiero».
Il logismòs non è un «pensiero» nel vero senso della parola, è piuttosto un’«immagine», un fantasma
è possi­bile però non soffermarsi su queste suggestioni, non «conversare» con questi fantasmi, come Eva invece fece col serpente. La prudenza chiede «che si uccidano subito questi figli di Babilonia», che si «schiacci la testa del serpente» e non lo si lasci entrare nel paradiso del cuore. Per esprimere questa idea gli spirituali d’Oriente ricorrono a espressioni e spiegazioni diverse; ma fondamentalmente sinonimiche.
La vigilanza alla «porta del cuore» è, innanzitutto, una difesa per respingere immediatamente i pensieri intrusi. E’ questo un tema comune a parecchi apoftegmi: «Sii il portinaio del tuo cuore, affinché lo straniero non entri, dicendo: Tu sei dei nostri, o dei nostri nemici?».
Le buone aspirazioni fanno nascere «una gioia inesprimibile, il buon umore, il coraggio, il rinnovamento interiore, la fermezza dei pensieri, la forza e l’amore per Dio»; le altre, invece, portano con sé «paura dell’anima, turbamento e disordine dei pensieri, tristezza, odio contro gli asceti, acedia, afflizione, ricordo dei parenti, timore della morte e infine desideri cattivi, pusillanimità per la virtù e disordine dei costumi».
Più tardi questa regola è stata semplificata in un assioma: Quidquid inquietat est a diabolo.
Spingendo l’ascesi all’esagerazione, i demoni cercano di «distoglierci da ciò che può essere fatto e di costringerci a fare ciò che è impossibile».

5. l’elmo della salvezza

17 et galeam salutis assumite
[17]prendete su di voi anche l'elmo della salvezza 

Cfr. Isaia 59,17
e sul suo capo ha posto l'elmo della salvezza.

Salvezza = salutare: è un neutro, “strumento, mezzo della salvezza”. Merk: id quo quis salvatur. Cfr magnificat…in Deo salutari meo.

<<rivestiti con la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza » (1 Ts 5,8).

Spe salvi facti sumus

Lutero: <<l’elmo della salvezza non è altro che la speranza e l’attesa di un’altra vita che è lassù in cielo, a motivo del quale crediamo in Cristo e tutto soffriamo; senza tale elmo non potremmo sopportare tutti i colpi con cui ci si picchia in testa e si percuote il nostro corpo e la nostra vita.>>

6. La spada della Parola di Dio

et gladium Spiritus, quod est verbum Dei; 
e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. 

Spada dello Spirito: è la dunamis dello Spirito che rende potente la parola di Dio:
Schilier: <<nell’uso di questa parola di Dio in cui agisce lo Spirito, si scopre che la potenza delle “potenze” è apparenza e impotenza, e che la vera potenza è la potenza di Dio>>
(Atti) <<E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati>>
Rm 1,16: <<Io infatti non mi vergogno del vangelo che è potenza di Dio per la salvezza di ogni credente>>.
Lutero: << Coloro quindi che tolgono al popolo cristiano la Parola di Dio, che cosa fanno se non spogliarlo delle sue armi necessarie, in modo che si distrutto senza combattere? Non c’è nessuno, infatti, di qualsiasi stato o condizione, che non debba essere soldato di Cristo. Ora come potranno combattere senza armi e sprovvisti di spada? (…)

La nostra arma offensiva deve essere la Parola di Dio, non le nostre opinioni e i nostri sentimenti personali.

Se volete essere forti e invincibili fate sì che la vostra forza sia il Signore Cristo.
Così tenetevi ben stretti a lui e abbiate un intenso rapporto con lui, in modo che egli sia da voi ben conosciuto e che la sua parola sia custodita pura e sia appresa con ogni diligenza. Quotidianamente trattatene e volgetela nel cuore, fino al punto che la parola di Dio e il vostro cuore diventino una sola cosa, e così ne siate sicuri: molto più sicuri che della vostra stessa vita>>.

Il metodo per eccellenza contro i pensieri cattivi si chiama «contraddizione» (antirrhesis). Gesù, tentato dai demonio, replica citando le Scritture, senza entrare in discussione col Maligno (Mt 4,3-11). Si legge di certi asceti che conoscevano a memoria «tutta la Scrittura», cioè sapevano rispondere coi testi sacri a ogni questione loro proposta, ma so­prattutto sapevano citare la Bibbia contro ogni suggestione diabolica.

8. Il tempo della lotta



13 Propterea accipite armaturam Dei,
ut possitis resistere
in die malo
et, omnibus perfectis, stare. 
[13]Assumete (prendete e indossate) perciò l'armatura di Dio,
perché possiate resistere
nel giorno malvagio
e  avendo debellato del tutto [le macchinazioni dei nemici] stare saldi.
[ = restare in piedi dopo aver superato tutte le prove] [oppure = restare in piedi dopo aver compiuto il vostro dovere]


giorno malvagio: è detto malvagio perché è il giorno in cui si scatena la malvagità del male.
L’urgenza di indossare l’armatura di Dio è richiesta non solo dalla battaglia impari, ma anche dal giorno malvagio, nel quale bisogna vincere a tutti i costi:
·         per alcuni è il tempo della parusia quando le potenze malefiche produrranno il loro sforzo supremo (ma ricordiamo che Paolo chiama questo “il giorno del Signore”
·         per altri è anche il tempo presente in cui il maligno cerca sempre di insidiare i fedeli.
·         Ma se pensiamo che dalla resurrezione in poi siamo entrati nel tempo escatologico, negli “ultimi tempi”, le due interpretazioni non sono in contraddizione: si può dire perciò che il giorno malvagio è il giorno della tentazione, della prova, cioè l’ “oggi” in cui sempre si è chiamati a stare saldi nel Signore.

9. La strategia militare e l’esito della lotta

Debellare: c’è qui l’idea del soldato che prende posizione a difesa del suo luogo (ad esempio in un assedio) e che è riuscito a respingere tutti gli assalti dei nemici ed è rimasto fermo al suo posto senza indietreggiare.

Stare saldi, stare ritti: si ripete nel brano questo verbo a più riprese. E’ una esortazione che permette di comprendere la situazione nella quale ci si trova: «State in piedi»; tenetevi in piedi.
Chi ha studiato greco sa quanto i poeti hanno cantato i soldati che hanno il coraggio di stare fermi mentre il nemico avanza, ci pensi a Tirteo che incita: << Giovani, state dunque saldi gli uni accanto agli altri e non cedete all’istinto della fuga>>.

Crisostomo: <<la prima cosa da fare è sapere stare bene ritti: molto dipenderà da questo. Più volte, perciò, parla dello “stare ritti”, anche altrove dicendo: state ritti, vegliate (1 Cor 16,13); Così state ritti nel Signore (Fil 4,1); Chi crede di stare ritto, guardi di non cadere (1 Cor 10,12… Non dice semplicemente di stare in piedi, ma di starvi nel modo giusto. Quanti hanno esperienze di battaglie, sanno quanto è importante saper stare ritti: e se chi allena i giovani al pugilato e alla lotta insegna prima di tutto a stare ritti, tanto più occorre saperlo fare nelle battaglie e nell’arte militare>>.
In Paolo il ripetersi del verbo sottolinea due momenti:
·         il primo, in cui si è esortati a stare ritti in piedi pronti a sostenere l’assalto del nemico;
Si tratta, quindi, di persona pronta alla battaglia; ed è in questa situazione di prontezza che viene descritta l'armatura.
·         il secondo, in cui – avendo sostenuto fermamente l’assalto perché ben armati – si è rimasti e si continua a rimanere ritti in piedi in difesa contro il nemico.
ð  Nessun attacco, si gioca in difesa.
Lo aveva ben compreso Santa Teresa D'Avila. Teresa nei suoi scritti ha utilizzato spesso il linguaggio battagliero di Paolo per incitare le sue figlie spirituali ad uno strenuo combattimento.
Il Carmelo, per la santa, piuttosto che essere un “giardino sigillato” è un “castello assediato”, assediato appunto dai nemici che fondamentalmente sono, nel linguaggio giovanneo, il "mondo”, la "carne” e satana.

Il segreto: saper sopportare = la pazienza (cfr. Christus patiens)
Lutero: <<se vuoi essere cristiano e vivere rettamente nel mondo, predisponiti alla pazienza. Poiché, quando uno prende sul serio il vangelo e vuole vivere in modo retto, non eviterà la croce, come dovunque mostra la Scrittura. (…) Se invece vuoi vendicarti e non soffrire l’ingiustizia, non avrai mai pace né al di fuori né al di dentro di te: … dobbiamo perciò essere disposti a tollerare i malvagi, e a sopportare pazientando quelli accanto ai quali e con i quali viviamo, e così procedere nel mondo con la pazienza, come camminando in un sentiero pieno di spine>>.

10. alcune considerazioni

1. Cosa possiamo ricavare noi oggi dalle esortazioni di Paolo?


Carlo Maria Martini: << Possiamo concludere riassumendo: quali situazioni suppongono e quali esortazioni offrono queste parole?
a) Suppongono prima di tutto che noi siamo in una situazione veramente rischiosa; cioè che nel mondo di oggi è rischioso e pericoloso vivere il Vangelo fino in fondo. Dobbiamo avere questo senso della difficoltà perché esso è realismo. Se ci troviamo di fronte a realtà avverse senza osare guardarle in faccia; se viviamo pensando che ci circondano continue difficoltà e rischi, possiamo vivere in una perpetua e sterile apprensione. Ma quando abbiamo analizzato il fondo, sulla base della Scrittura e abbiamo conosciuto l'avversario, vedendo le vie attraverso le quali il mondo è portato al male e come esse si manifestano, allora anche davanti a tutto il mistero del male, nella sua interezza, possiamo sentirci pieni della forza di Dio.
Una profonda analisi e sintesi del mistero della perversione fatto con l'aiuto della Scrittura può metterci davanti ad una situazione di rischio, di timore, di pericolo, ma non di paura, perché vediamo con chiarezza tutta la vastità dell'avversario e tutta la potenza di Dio. 
b) Seconda osservazione: si tratta di una lotta che non ha né sosta né quartiere; cioè, contro un avversario astuto e terribile che è fuori di noi e dentro di noi. Questo; oggi, lo si dimentica troppo spesso, vivendo in una atmosfera di ottimismo deterministico per cui tutte le cose devono andare di bene in meglio, senza pensare alla drammaticità e alle fratture della storia umana, senza sapere che la storia ha le sue tragiche regressioni e i suoi rischi, i quali minacciano proprio chi non se l'aspetta, cullato in una visione di un evoluzionismo storico che procede sempre per il meglio. 
c) Terza osservazione: solo chi si arma di tutto punto potrà resistere. Qui vorrei ricordare una delle regole di Sant'Ignazio il quale aveva chiarissima l'idea che il nemico attacca valutando la situazione del cristiano. Bisogna conoscerlo bene, perché il nemico gira per vedere se c'è anche soltanto un elemento mancante nell'armatura. È quindi una lotta che deve prenderci tutti e trasformarci, santificandoci completamente>>.

2. Le armi, oggi, fuor di metafora:

Martini: <<La prima metafora è la cintura della verità.
Quale verità è arma per noi?La verità di cui si cinge, come di una veste stabile, colui che combatte è, quindi, la coerenza; è quella fedeltà che è coerenza piena, stile coerente di vivere e di agire. Per poter combattere contro l'atmosfera maligna, l'atmosfera pestifera nella quale viviamo, occorre essere armati di una profonda coerenza fra ciò che proclamiamo e ciò che dobbiamo internamente sentire e vivere tra noi. È vero che questo profondo confronto fra coerenza interiore ed esteriore farà talora riconoscere di essere lontani da ciò che si predica, ma l'umiltà del riconoscerlo è già un aspetto della coerenza, è un modo di mostrare che desideriamo averla. 
La seconda metafora è la corazza della giustizia.
La giustizia è qui espressa come l'attività di Dio che salva i poveri e umilia i peccatori. Dio che impetuosamente compie le sue opere, che è salvezza e punizione. Nella nostra situazione, dovremmo tradurla come il partecipare allo zelo di Cristo per la giustizia del Padre. Questa corazza che ci cinge completamente, che ci difende, è il rivestirci di quei sentimenti che fanno gridare a Cristo per le strade di Palestina: «A Dio ciò che è di Dio »; cioè, che gli fanno proclamare la giustizia del Padre, e, come giustizia, l'opera di salvezza per chi si pente e il castigo per chi non si pente. Per noi, il partecipare all'intimo zelo di Cristo per la giustizia del Padre, è questa corazza che ci cinge, ci avvolge, che ci difende dai nemici. 
La terza metafora: calzati i piedi di alacre zelo per il Vangelo della pace.
Si descrive qui piuttosto una situazione. Pronti a partire per l'annuncio del Vangelo della pace. La realtà della metafora è la prontezza a portare il Vangelo. Fuori di metafora viene indicato l'ardore, il desiderio di predicare il Vangelo, sapendo che è beneficio per gli uomini e che porta loro la pace.
Quarta metafora: in tutte le occasioni, impugnate lo scudo della fede.
I dardi infuocati lanciati dal maligno  sono le mentalità del mondo di peccato che, dal mattino alla sera e dalla sera al mattino, ci circonda e ci invita ad interpretare cose e situazioni della nostra vita con metri esclusivamente psicologi, sociologi, economici, assalendoci da ogni parte per toglierci il tesoro della fede. Lo scudo per opporsi a questa mentalità è lo scudo della fede, cioè la considerazione evangelica di tutta la realtà umana, continuamente richiamata. 
Quinta metafora: l'elmo della salvezza, anzi l'elmo dell'opera salvifica, come dice il testo greco.
Il greco ha un verbo (dexasthe) che vuole dire accettare l'elmo della salvezza; quindi accettate l'azione salvifica di Dio in voi come unica vostra protezione, unica vostra speranza; vi protegge il capo perché essa è la cosa più essenziale.
Sesta metafora: la spada dello Spirito che è la parola di Dio.
Quando siamo assediati dalla mentalità del mondo che ci vorrebbe fare interpretare tutte le cose in maniera puramente umana, dobbiamo ricorrere ai grandi oracoli di Dio nella Bibbia per avere una parola di chiarezza su queste cose e respingere le interpretazioni sbagliate della storia del mondo e della nostra esistenza>>. 


3.  ricorda: non fare i mestieranti


Un pastore protestante: <<L’esempio principale di come non intraprendere il combattimento spirituale è quello dei sette figli di Sceva: “Or alcuni esorcisti itineranti giudei tentarono anch’essi d’invocare il nome del Signore Gesù su quelli che avevano degli spiriti maligni, dicendo: ‘Io vi scongiuro, per quel Gesù che Paolo annunzia’. Quelli che facevano questo erano sette figli di un certo Sceva, ebreo, capo sacerdote. Ma lo spirito maligno rispose loro: ‘Conosco Gesù, e so chi è Paolo; ma voi chi siete?’. E l’uomo che aveva lo spirito maligno si scagliò su due di loro; e li trattò in modo tale che fuggirono da quella casa, nudi e feriti” (Atti 19:13-16). Quale fu il problema? I sette figli di Sceva stavano usando il nome di Gesù. Ma questo non basta. Costoro non avevano una relazione con Lui, pertanto le loro parole erano prive di qualunque potere e autorità. I sette figli di Sceva stavano facendo affidamento su una metodologia. Non stavano confidando in Gesù, e non stavano utilizzando la Parola di Dio nel loro combattimento spirituale. Il risultato fu che essi ricevettero un umiliante pestaggio>>.

11. Dulcis in fundo: la preghiera

Dobbiamo seguire l’esempio di Gesù riconoscendo che alcune vittorie spirituali sono possibili solo mediante la preghiera.

Martini: <<Tutte queste armi vanno, quindi, continuamente affinate nell'esercizio della preghiera che non le supplisce - la preghiera non supplisce lo zelo, lo spirito di fede, l'impegno, la capacità di donarsi - ma è quella nella quale tutte quante sono avvolte e nella quale vengono continuamente ritemprate nella lotta>>.
Callisto e Ignazio Xanthopouli: <<non chiederti quali siano le cause delle tentazioni, da dove provengano, ma solo prega Dio di poterle sopportare>>. (Filocalia, 4)

12. Preghiamo

Benedetto il Signore, mia roccia,
che addestra le mie mani alla guerra,
le mie dita alla battaglia,
mio alleato e mia fortezza,
mio rifugio e mio liberatore,
mio scudo in cui confido,
colui che sottomette i popoli al mio giogo.

Signore, che cos’è l’uomo perché tu l’abbia a cuore?
Il figlio dell’uomo, perché te ne dia pensiero?
L’uomo è come un soffio,
i suoi giorni come ombra che passa.
Signore, abbassa il tuo cielo e discendi,
tocca i monti ed essi fumeranno.
Stendi dall’alto la tua mano,
scampami e liberami dalle grandi acque,
dalla mano degli stranieri.
Lancia folgori e disperdili,
scaglia le tue saette e sconfiggili.
La loro bocca dice cose false
e la loro è una destra di menzogna.

O Dio, ti canterò un canto nuovo,
inneggerò a te con l’arpa a dieci corde,
a te, che dai vittoria ai re,

che scampi Davide, tuo servo, dalla spada iniqua.

IO ACCUSO…

Tra epidemia e calura estiva è passato sotto silenzio un importante responso della Congregazione della Dottrina della fede e approvato in pr...