CATHOLICA FORMA : Non basta dirsi cristiani. Il credere deve avere una forma. La forma cattolica è il modo in cui la sostanza della fede cristiana prende corpo nel cuore dei credenti. Questo spazio vuole essere un luogo per mostrare la bellezza della fede cattolica.
venerdì 20 febbraio 2015
mercoledì 18 febbraio 2015
La paura è cattiva consigliera
Sono tempi di paura.
E si sa la paura è cattiva consigliera.
Perché ti può far reagire in modo sbagliato e magari contro obiettivi falsati.
Ecco perché credo che ora più che mai sia il caso di tenere i nervi saldi e mantenere la calma.
Certo i video dell'Isis ci riempiono di orrore, con le cruente immagini di ostaggi bruciati e decapitati: ma farsi prendere da uno sgomento paralizzante significherebbe solo fare il loro gioco.
Perché loro (e chi sta dietro di loro) non vogliono farci pensare e scoprire le loro contraddizioni. Perché qui non siamo alle " guerre tradizionali" in cui ad esempio da un lato la Francia e dall'altro la Germania si fronteggiano dalle rispettive trincee e ogni tanto si danno battaglia.
Qui, se si pensa al terrorismo di matrice islamica ( e dobbiamo avere il coraggio di riconoscerlo), non è più un problema di confini perché i terroristi sono già dentro di noi, nel senso che che non solo non vengono da altri paesi ma che sono finanche " figli" dei nostri paesi!
Così come la propagandata " invasione " islamica non è e non sarà più una invasione armata perché non ci sarà bisogno di fare la guerra a paesi in piena decadenza che non fanno più figli: democraticamente e demograficamente le nostre città e la nostra Europa si scopriranno abitate in maggioranza da musulmani senza colpo ferire.
Che il pericolo sia ora a sud di Roma o dall'altra sponda del Mediterraneo in modo visibile può solo essere un modo per spingerci ad aprire finalmente gli occhi sul nostro vuoto culturale che genera solo chiacchiere incapaci di saper leggere la complessità del fenomeno islamico che ci interpella ( e da qui i tanti errori di strategia militare e politica che ne conseguono).
Più che dei proclami dei terroristi io mi preoccuperei delle allucinanti affermazioni di un Obama che davanti al rogo del pilota giordano non ha avuto meglio da dire che i roghi li ha fatti anche la Chiesa (affermazione subito colta dalla nostra intellighenzia che ha subito colto l'occasione per manifestare tutto il suo viscerale anticristianesimo): così l'Occidente sta crollando mentre ci si becca l'un l'altro come i capponi manzoniani.
Ma meno male che anche il fronte islamico è diviso e frammentato come sempre per cui questo sarà ciò che alla fine porterà al fallimento del loro progetto.
Cosa mi dà speranza? La testimonianza dei copti e degli altri che pregavano prima di essere decapitati.
Ci salverà il loro sangue.
Perché tutto quello che sta accadendo prima che minacciare i nostri confini interpella la nostra fede.
Inviato da iPad
E si sa la paura è cattiva consigliera.
Perché ti può far reagire in modo sbagliato e magari contro obiettivi falsati.
Ecco perché credo che ora più che mai sia il caso di tenere i nervi saldi e mantenere la calma.
Certo i video dell'Isis ci riempiono di orrore, con le cruente immagini di ostaggi bruciati e decapitati: ma farsi prendere da uno sgomento paralizzante significherebbe solo fare il loro gioco.
Perché loro (e chi sta dietro di loro) non vogliono farci pensare e scoprire le loro contraddizioni. Perché qui non siamo alle " guerre tradizionali" in cui ad esempio da un lato la Francia e dall'altro la Germania si fronteggiano dalle rispettive trincee e ogni tanto si danno battaglia.
Qui, se si pensa al terrorismo di matrice islamica ( e dobbiamo avere il coraggio di riconoscerlo), non è più un problema di confini perché i terroristi sono già dentro di noi, nel senso che che non solo non vengono da altri paesi ma che sono finanche " figli" dei nostri paesi!
Così come la propagandata " invasione " islamica non è e non sarà più una invasione armata perché non ci sarà bisogno di fare la guerra a paesi in piena decadenza che non fanno più figli: democraticamente e demograficamente le nostre città e la nostra Europa si scopriranno abitate in maggioranza da musulmani senza colpo ferire.
Che il pericolo sia ora a sud di Roma o dall'altra sponda del Mediterraneo in modo visibile può solo essere un modo per spingerci ad aprire finalmente gli occhi sul nostro vuoto culturale che genera solo chiacchiere incapaci di saper leggere la complessità del fenomeno islamico che ci interpella ( e da qui i tanti errori di strategia militare e politica che ne conseguono).
Più che dei proclami dei terroristi io mi preoccuperei delle allucinanti affermazioni di un Obama che davanti al rogo del pilota giordano non ha avuto meglio da dire che i roghi li ha fatti anche la Chiesa (affermazione subito colta dalla nostra intellighenzia che ha subito colto l'occasione per manifestare tutto il suo viscerale anticristianesimo): così l'Occidente sta crollando mentre ci si becca l'un l'altro come i capponi manzoniani.
Ma meno male che anche il fronte islamico è diviso e frammentato come sempre per cui questo sarà ciò che alla fine porterà al fallimento del loro progetto.
Cosa mi dà speranza? La testimonianza dei copti e degli altri che pregavano prima di essere decapitati.
Ci salverà il loro sangue.
Perché tutto quello che sta accadendo prima che minacciare i nostri confini interpella la nostra fede.
Inviato da iPad
giovedì 5 febbraio 2015
Sii tu uomo
C’è un libricino nella tradizione ebraica, letto nella liturgia sinagogale del sabato nel periodo che va dalla Pasqua alla Pentecoste, che raccoglie massime e sentenze di vario genere che vogliono ispirare perlopiù la condotta dell’ebreo ‘giusto’. Sono i Pirkè Avot : i Detti dei Padri, formanti quasi un anello di congiunzione tra la Torah scritta (il Pentateuco) e la susseguente Tradizione (definita anch’essa Torah) orale. È un testo affascinante nella sua lapidarietà, a volte quasi enigmatica, al quale confesso di ritornare spesso, comprendendo sempre più il perché ha avuto la fortuna in due millenni di essere commentato e proclamato come un libro della Sacra Scrittura : certamente perché è il frutto, direi il distillato, di una secolare sapienza di un popolo che ha dovuto trovare in se stesso la forza e la ragione del proprio essere e della propria ‘diversità’ in mezzo agli altri popoli. Ma questo è un frutto che viene offerto ad ogni popolo, anzi, ad ogni uomo, perché sia sempre all’altezza del proprio compito nel mondo. Recita così infatti una massima di questi Detti : “Dove non ci sono uomini, sii tu uomo”. Anche nel linguaggio comune spesso si è invitati a fare gli uomini : ma a volte i risultati non sono affatto esaltanti o il modello di umanità proposto non è certo quello ideale. Si comprende subito nel Detto che non si tratta di una mera presenza fisica da assicurare né di una esaltazione della mascolinità, quanto dell’assicurare la presenza di qualcuno che abbia il coraggio della assunzione delle proprie responsabilità, spesso lì dove si registra la fuga invece di quanti - proprio per questa mancata assunzione di responsabilità - si rivelano appunto per non uomini. “Sii tu uomo” . Ma quale uomo dunque ? I Pirkè Avot non hanno dubbi : sii l’uomo che ha il coraggio di scoprirsi creato a immagine e somiglianza di Dio. Perché solo da qui puoi sentire la grandezza della tua dignità e della tua vocazione, perché “un uomo vale quanto tutta la creazione” e “chi salva un uomo ha salvato tutto il mondo, come chi uccide un uomo fa perire tutto il mondo”. E il salvare e il far perire non sono intesi solo in senso materiale : “è colpevole di omicidio anche chi calunnia il prossimo o dice stupido al fratello” dirà poi l’esegesi rabbinica (come non ricordare qui il Gesù del Discorso della Montagna del vangeloi secondo Matteo ?). Nel “Sii tu uomo” c’è allora l’appello a non rinnegare la propria umanità, a non vendersi o svendersi, a non scendere a compromessi con la propria coscienza, ad avere il coraggio di scendere in campo... Non che io mi senta un grande uomo, ma confesso che questo Detto mi infonde coraggio nello sforzo almeno di essere uomo, specie quando ci si ritrova circondati da ominicchi e mezzi uomini di sciasciana memoria. E credo che l’impegno a vivere la propria umanità nell’onestà, nella giustizia, nella fedeltà alla parola data, tanto per fare pochi esempi, siano poi un modo concreto di vivere nella misura giusta la nostra umanità. Senza tentennamenti. Un altro Detto dei padri infatti aggiunge : “Se non ora, quando ?” E’ l’invito a vivere in pienezza nell’oggi della storia, hic et nunc, qui ed ora, ad avere il coraggio del presente, pur con tutte le sue contraddizioni. Se non vado errato fu proprio Primo Levi, erede di questa grande lezione ebraica, che nei suoi scritti rilevò la grande carica di umanità presente in questi detti : un suo libro riporta nel titolo esplicitamente l’ultima massima, mentre il primo detto è adombrato in “Se questi è un uomo”. E Levi scriveva proprio dopo la grande tragedia della Shoà e della Seconda Guerra mondiale invitando a non dimenticare come si può correre il rischio di perdere il ‘metro’ che fa di un uomo un Uomo. E in ciò siamo sempre in situazione di emergenza : non ci sono periodi in cui ci si può cullare e dare per scontato queste cose. “ Se non ora, quando ?” indica anche l’impegno a far si che ogni generazione viva con responsabilità la propria vita. Ed è penoso vedere non solo le piccinerie invece dei ‘grandi’ uomini (politici ad esempio ma anche tanti altri che scambiano il potere di qualsiasi genere come misura della statura della loro umanità) ma anche genitori che insegnano i sotterfugi ai figli o che comunque li coprono, facendo intuire che sia la furbizia di chi cerca sempre di farla franca giocando a scaricabarile, quella che connota l’umanità di un uomo (mi si permetta il gioco di parole). Mi domando perché parlando di ‘gentiluomini’ si debba aggiungere ‘d’altri tempi’ come se oggi non fosse più il tempo per vivere invece da uomini veri il nostro tempo. E’ questo l’augurio che mi faccio e che faccio ai miei lettori : di osare la misura dell’umanità, di osarla ogni giorno, anzitutto per noi stessi (“se non io per me, chi ?” recita un altro Detto) e non certo per egoismo ma per un’autentica realizzazione di quello che noi siamo, e poi per il mondo perché per dirla con Antoine de Saint Exeupery o questa terra sarà una Terra di Uomini o non sarà affatto.
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