San Gaetano da Thiene diceva:
"Sfidate la Provvidenza, lei vi schiaffeggerà con l’abbondanza".
Padre Ignazio La China, parroco della Chiesa di San Giuseppe a Scicli ha
sperimentato nei lunghi anni del suo sacerdozio, ventotto oramai, che è proprio
vero. Anni del suo apostolato impiegati nel servizio di tre parrocchie povere
(prima la Madonna della Scala a Noto, poi San Giuseppe Lavoratore in Zappulla a
Modica, San Giuseppe a Scicli) in cui spesso non c’è neanche di che pagare la
bolletta della luce. Specie in quest’ultima parrocchia, un tempo centro storico
ma ora in parte abbandonata dai suoi abitanti e diventata il quartiere con il
più alto numero di immigrati di Scicli, tra tunisini, albanesi e rumeni. Sempre
sfidando la provvidenza dunque, confidando in essa che non lo ha mai deluso e
che lo ha sempre ripagato proprio per via dei suoi grandi sacrifici, specie
quando, di fronte alle crescenti situazioni di povertà ci si è dovuti
attrezzare per far fronte alle nuove necessità, al servizio degli ultimi, degli
umili, dei disagiati e degli sfortunati.
Ai bisogni materiali si è
sopperiti con la convenzione col Banco Alimentare e creando un raccordo con le
associazioni di volontariato cittadine (P. Ignazio è Assistente della
Commissione Caritas cittadina e del Centro di Ascolto di ascolto cittadino) ma
spesso il vero bisogno sono la solitudine e tante povertà spirituali: e da qui
il suo duro impegno nel non mancare mai nell'arduo e spesso difficile compito
di offrire una spalla su cui piangere, una mano di aiuto ed anche contributi
concreti a chi ne ha di bisogno. Lo incontriamo accompagnati da una cara
collega, Pinella Drago, che prima di introdurci a lui ci fa da cicerone lungo
le viuzze e le strade che conducono nella sua parrocchia.
E’ reduce di una riunione preparatoria
della “Cavalcata di San Giuseppe”. E’ stanco ma col sorriso di chi è
soddisfatto per come sono andate le cose. E’ molto legato Padre Ignazio a
questa rappresentazione religiosa e
soprattutto tiene molto al fatto che essa, nonostante l’inevitabile ed
affascinante folklore di cui è intrisa, non perda la sua intima essenza. “E’
una festa ricca di suggestioni, lunga e dalla laboriosa preparazione delle
straordinarie bardature dei cavalli, che coinvolge una intera città ma che non
dobbiamo dimenticare – tiene ad evidenziare Padre Ignazio – possiede una
imprescindibile dimensione sacra. La cavalcata di San Giuseppe è la
Rievocazione della biblica Fuga in Egitto della Sacra Famiglia, narrata dagli
Evangeli. ll coloratissimo corteo, con la Sacra Famiglia in testa, si snoda per
le vie della città dove, in vari punti e quartieri sono accesi i pagghiara,
falò attorno ai quali si raccoglie la gente del vicinato in attesa del
passaggio della Sacra Famiglia. La tradizionale Cena, che come ogni anno, si
svolge sul sagrato della Chiesa di San Giuseppe è una cena di beneficenza con
l’offerta dei doni per i poveri. Tutto ciò rischia di diventare più coreografia
che un modo per poi stare anche accanto al più povero e bisognoso. Ogni anno, durante i preparativi della festa
la questione nodale che mi trovo ad affrontare come una sorta di baluardo della
sacralità è sempre quella di riuscire a far convivere, in un sano
equilibrio, folklore e fede” . Per Padre Ignazio La China la Chiesa vicina ai
più bisognosi ed agli ultimi non può abdicare al suo ruolo di madre
caritatevole in nessuna occasione, sia essa festosa che di vita quotidiana. Sul
solco di questo pensiero preponderante nasce, ci racconta con malcelato
orgoglio ancora Padre La China, “Casa Valverde” ad opera della Fondazione San
Corrado di cui lo stesso Padre Ignazio ne è presidente per volontà del Vescovo
di Noto, Mons. Antonio Staglianò. Sulla scia di esperienze diocesane analoghe
come ad esempio quella di Pachino denominata “Casa dopo di noi” dedita alla cura
e all'ospitalità dei soggetti affetti da disabilità fisica che non hanno o
avranno più il supporto dei genitori, o quella di Noto “Casa Tobia” sorta con
l’intento di animare di integrare e recuperare ragazzi con handicap mentale o
il cantiere educativo progettato insieme con la Scuola Media Maiore di Noto per
l’integrazione della comunità dei “camminanti” fortemente presente nel
territorio netino.
A Scicli padre Ignazio è stato il
promotore, insieme con la Caritas Diocesana,
di “Casa Valverde” dove si sta sperimentando l’esperienza di “Housing
first”: assicurare prima di ogni bisogno l’opportunità di una casa a quelle
famiglie che versano in situazione economica per via della quale il
mantenimento di una casa non permetterebbe loro di provvedere agli altri
bisogni di prima necessità . Le stanze dell’ex convento cinquecentesco delle
suore Mercedarie a Scicli, da sempre adibito ad orfanotrofio, sono state
ristrutturate ed adibite ad appartamenti in grado di ospitare interi nuclei
familiari. Debitamente attrezzati con camere
da letto, frigo, cucina, lavanderia, gli appartamenti, tre in
tutto, rappresentano una opportunità
concreta di alloggi dignitosi. Una gemma pienamente incastonata nella struttura
della Chiesa caritatevole di Papa Francesco e che ogni giorno è testimonianza
viva di quanto piccoli gesti possano
farci sperimentare la Santità di
vivere con Dio, insieme a Dio.
“Dio – afferma Padre Ignazio - ci è accanto nella nostra vita a partire dal
battesimo. Tendiamo a dimenticarlo. San Paolo chiamava Santi i suoi. Noi siamo
già santi e dovremmo sperimentarlo pienamente nel nostro intimo e poi
manifestarlo nelle nostre opere ma non sempre ne siamo capaci, - continua ancora Padre Ignazio - e per farlo
non occorrono gesta eclatanti ma solo tanta fede e concrete azioni quotidiane.
Nino Baglieri, ad esempio, lo ha espresso”. Padre Ignazio cita non a caso Nino
Baglieri. Egli infatti è stato nominato Giudice Delegato per la causa di
beatificazione di Baglieri ed in questa qualità è impegnato a raccogliere le testimonianze a supporto della
causa di beatificazione.“Ciò che emerge dall’ascolto di tutti i testimoni – ci
racconta ancora Padre Ignazio - sembra
quasi un ritornello: un soggetto
straordinario in quella che è stata l’ordinarietà della sua esperienza.
Egli ha vissuto il suo dramma in comunione con Dio e attraverso un
percorso che invece altri hanno vissuto in senso opposto e completamente
diverso. Nino Baglieri cade da una impalcatura, resta paralizzato. Altri che hanno vissuto analoga esperienza hanno
pensato ad un Dio distratto, forse anche inesistente ma per lui invece è stata l’occasione per scoprirlo questo
Dio. Se ci riflettiamo col senno di poi
in un modo strano Dio ha scelto di entrare nella sua vita. Una vita vissuta
pienamente come se la sua disabilità rappresentasse per lui un momento di forza
piuttosto che un limite. Nino Baglieri ha mantenuto rapporti e vecchi amicizie,
ne ha create tante altre con una semplicità di cuore sbalorditiva che è
possibile percepire concretamente anche dai suoi innumerevoli scritti. Nino Baglieri sentiva che Dio era presente
nella sua vita e non
perdeva occasione per esprimere la
sua gioia nell’averlo incontrato”. Padre Ignazio ci racconta come tra tutti i
seminaristi ed i preti della diocesi che frequentavano abitualmente la sua
abitazione sia stato l’unico a non
averlo mai visitato pur avendolo più volte incontrato a Noto. Un paradosso che
oggi egli legge come un disegno divino affinché possa svolgere con più imparzialità
ed obiettività il suo ruolo nella causa
di beatificazione. L’insegnamento che si può trarre secondo Padre Ignazio dalla
vita di Nino Baglieri è quello di saper fare della vita un dono. “Nino Baglieri
– dice Padre Ignazio - sceglie di seguire il Cristo sulla Croce e alla fine
diventerà egli stesso il Cristo sulla croce
per la sua sofferenza finale”. La nostra conversazione con Padre Ignazio
prosegue nonostante l’ora tarda, affascinati da quest’uomo di Chiesa che si
reputa un intellettuale sui generis. Uno studioso appassionato dei classici
greci e latini, legge la Bibbia in ebraico e recita il breviario in latino per
non perdere la ricchezza di sfumature che nelle traduzioni non si colgono più,
ma che da prete marginale come ama definirsi sente forte la responsabilità di
essere dal momento della ordinazione sacerdotale un alter Christus, nonostante
i propri limiti. Dove prendere la forza? L’Eucaristia e poi la preghiera. Non
tanto dire parole, quanto stare a guardarlo in silenzio, Lui nel tabernacolo e
io in fondo alla chiesa, e mettergli davanti le persone che si amano e magari
chi proprio non va giù… Inevitabilmente si parla della recente nomina ad
arcivescovo di Palermo di Don Corrado Lorefice. Padre Ignazio ci esprime tutta
la sua gioia per questa nomina. Con Mons. Lorefice sono coetanei, hanno fatto
il seminario insieme e studiato insieme sia a Catania e che a
Roma. Mons. Lorefice ha studiato morale.
Padre Ignazio Diritto
canonico. “E’ sicuramente l’uomo che ci
vuole oggi a capo di una Diocesi così importante per storia ed estensione. Al
di là degli studi e della sua formazione ciò che ho ammirato sempre in don
Corrado é la sua calda umanità, ci
dice. E’ indispensabileper creare un
solido rapporto con chi crede ma anche
con chi non crede. Questa caratteristica gli sarà utile per il tipo di lavoro
che andrà a fare”. Padre Ignazio è uno di quei preti che hai grande difficoltà
ad immaginare su un pulpito ad impartire vuote benedizioni e pronunciare
roboanti discorsi. E’ immediato, sanguigno, vero. Con lui è possibile creare subito
un contatto che in un non niente si trasforma in empatia ed eccoci già ad
affrontare tematiche più profonde ed intime. Parliamo di gioie e sconfitte che
caratterizzano il percorso di vita di ognuno di noi e a maggior ragione quelle
di chi ha scelto di essere un pastore di anime: le sue.
“Avverto forte il senso della
sconfitta – inizia a confidarsi Padre Ignazio - quando non
riesco a far comprendere bene agli altri come il sacro si deve incarnare sempre nella storia così
come l’esperienza di fede. Ma proprio dalle sconfitte, da quelle più cocenti,
ho imparato molto. Il Signore ha voluto che imparassi proprio da esse ed oggi
ringrazio il Signore per questo dono immenso al punto che “prete”, secondo il
concetto di servizio e di donazione completa agli altri, sento di esserlo pienamente dal
25° anno di ordinazione sacerdotale sia per la maturità, l’esperienza, ma anche la grazia immensa che il Signore mi ha dato di raccogliere i
frutti di quanto seminato. Frutti migliori raccolti lì dove non mi aspettavo
nulla. Per me la gioia più bella è data da tutti coloro i quali oggi vivono a
pieno la parrocchia e partecipano a
tutte le attività della comunità. Sono i ragazzi di un tempo, piccoli
chierichetti allora,oggi uomini e padri di famiglia. Ho avuto la gioia e
l’onore di accompagnarli nel loro cammino di fede e di crescita. Li ho
cresimati, sposati, ho battezzato i loro figli ed oggi siamo sempre più
comunità. Credo che sia questo il dono più grande per un prete. Vivere in
sintonia con la propria comunità, accompagnarla nella crescita e mai
mortificandone le diversità culturali e religiose che in una società sempre più
multietnica come la nostra è ovvio ci siano. Sono un docente, ho insegnato
all’Istituto Magistrale di Scicli,
all’istituto di teologia di Noto e ora insegno all’Istituto Teologico San
Metodio di Siracusa. Sono incaricato diocesano per l’ecumenismo e dialogo. Ho
anche la grazia di poter vivere a contatto con Ebrei, musulmani ed Ortodossi.
Vivere una esperienza di Chiesa con
rappresentanti di diverse
religioni la giudico una delle esperienze più arricchenti tra quelle che
il sacerdozio mi ha regalato. Mi commuove ancor oggi ad esempio - prosegue Padre Ignazio - che il
rappresentante della chiesa ortodossa a
Ragusa, oramai da oltre cinque anni qui (è arrivato giovanissimo diacono a 28
anni), nonostante gli anni di
frequentazione che contraddistinguono il nostro rapporto di amicizia e di
stima ad oggi si rivolge a me dandomi del Lei. Lo fa in segno di grande stima “Dopo mio
padre, tu e il vescovo Paolo Urso”, mi dice, e vi assicuro che quando si riesce
a mettere in disparte le ideologie e si vive pienamente il rapporto umano, l’esperienza è fortemente arricchente”. E che l’esperienza
di interreligiosità ed interculturalità sia un modo attraverso il quale Padre Ignazio riesce a
dare un volto pragmatico al suo concetto di Chiesa, lo si percepisce
immediatamente. È come se per certi versi la comunità di San Giuseppe fosse più
avanti rispetto le istituzioni stesse. Non appena si presenta un caso che gli
assistenti sociali reputano più delicato o complesso non esitano a confrontarsi
con Padre Ignazio. Spesso più che aiuti economici i casi necessitano sostegno
morale, dialogo ed ascolto. Lo stesso che Padre Ignazio agevola e coltiva coi
suoi parrocchiani. Le piccole dimensioni della parrocchia lo permettono. Non
riunioni di gruppi per categoria che tendono sempre ad escludere qualcuno ma
riunioni che coinvolgono tutta la comunità parrocchiale, dai giovani alle
famiglie, insieme con assoluta semplicità magari anche condividendo un dolce
preparato in casa. I giovani – ci dice Padre Ignazio – se li convochi per una
riunione di catechesi ti snobbano ma se crei un pretesto per stare insieme a
loro, essi non fuggono. Tutt’altro. Ed è
in quei momenti che puoi stargli veramente vicino, seguirli ed indicare loro il
giusto cammino. Senza assurgere a maestro o censore ma essendo uno di loro. Un
loro amico. Padre Ignazio è sui generis anche nella capacità di parlare ai
giovani e diciamo anche nell’utilizzo degli strumenti tipici dei giovani e
della società moderna. Alcuni nell’ambiente ecclesiastico demonizzano i social
però per lui sono uno strumento di
dialogo e di opportunità di
incontro con chi magari per orgoglio o per pudore ha difficoltà a chiedere
aiuto, l’aiuto di un prete. L’intervista a Padre Ignazio si prolunga, diventa
un piacevole dialogo e confronto. Si continua a trattare argomenti di scottante
attualità. L’ultimo, ci ripromettiamo, prima di salutarci: il sinodo sulla
famiglia e il gran parlare che si è fatto sulle unioni gay. “Non mi scandalizza il fatto che due persone dello stesso sesso
possano amarsi. La chiesa con il suo insegnamento si mostra critica verso
tali sentimenti solo nella misura in cui li si vogliono catalogare con definizione
tipiche di istituzione secolari come il
sacramento del matrimonio che è una istituzione che nasce in relazione ad un
uomo ed una donna ai fini della procreazione. Tutto ciò che esula da ciò non
può rientrare nella definizione di matrimonio. Il problema non è dato dal fatto
di due persone dello stesso sesso che si amano e stanno insieme. Poi bisogna
sempre distinguere tra chi crede e chi non crede. La Chiesa ricorda che non
l’orientamento ma l’esercizio dell’omosessualità è peccato. Ma mentre condanna
il peccato accoglie sempre l’uomo peccatore. In coscienza ognuno poi
davanti al Signore – ci ricorda Padre
Ignazio – risponde delle proprie scelte.
Il primato delle coscienze viene innanzitutto. Un figlio ha il diritto
di avere un padre ed una madre, per questo non è corretto parlare di matrimonio
tra gay. Ho diversi amici gay ma nessuno
di essi mi ha mai manifestato questa
loro voglia di sposarsi. Mi viene da pensare che spesso dietro questi argomenti
così scottanti ci sia una lobby minoritaria che possiede strumenti e risorse
economiche tali da influenzare le grandi scelte della società. Stiamo andando
verso una società sempre più pluralista, in cui non hanno senso forti
pregiudizi. Per chi crede, chiunque sia, l’importante è sempre voler fare un cammino
di conversione e di fede. Mutuo quindi le parole di Papa Francesco “se una
persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per
giudicarla?» Una citazione con la quale Padre Ignazio si conceda da noi e ci
lascia col profondo convincimento che è
davvero un prete sui generis.