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sabato 16 gennaio 2016

LA MIA INTERVISTA SU FREETIME

                  

San Gaetano da Thiene diceva: "Sfidate la Provvidenza, lei vi schiaffeggerà con l’abbondanza". Padre Ignazio La China, parroco della Chiesa di San Giuseppe a Scicli ha sperimentato nei lunghi anni del suo sacerdozio, ventotto oramai, che è proprio vero. Anni del suo apostolato impiegati nel servizio di tre parrocchie povere (prima la Madonna della Scala a Noto, poi San Giuseppe Lavoratore in Zappulla a Modica, San Giuseppe a Scicli) in cui spesso non c’è neanche di che pagare la bolletta della luce. Specie in quest’ultima parrocchia, un tempo centro storico ma ora in parte abbandonata dai suoi abitanti e diventata il quartiere con il più alto numero di immigrati di Scicli, tra tunisini, albanesi e rumeni. Sempre sfidando la provvidenza dunque, confidando in essa che non lo ha mai deluso e che lo ha sempre ripagato proprio per via dei suoi grandi sacrifici, specie quando, di fronte alle crescenti situazioni di povertà ci si è dovuti attrezzare per far fronte alle nuove necessità, al servizio degli ultimi, degli umili, dei disagiati e degli sfortunati.
Ai bisogni materiali si è sopperiti con la convenzione col Banco Alimentare e creando un raccordo con le associazioni di volontariato cittadine (P. Ignazio è Assistente della Commissione Caritas cittadina e del Centro di Ascolto di ascolto cittadino) ma spesso il vero bisogno sono la solitudine e tante povertà spirituali: e da qui il suo duro impegno nel non mancare mai nell'arduo e spesso difficile compito di offrire una spalla su cui piangere, una mano di aiuto ed anche contributi concreti a chi ne ha di bisogno. Lo incontriamo accompagnati da una cara collega, Pinella Drago, che prima di introdurci a lui ci fa da cicerone lungo le viuzze e le strade che conducono nella sua parrocchia.
E’ reduce di una riunione preparatoria della “Cavalcata di San Giuseppe”. E’ stanco ma col sorriso di chi è soddisfatto per come sono andate le cose. E’ molto legato Padre Ignazio a questa  rappresentazione religiosa e soprattutto tiene molto al fatto che essa, nonostante l’inevitabile ed affascinante folklore di cui è intrisa, non perda la sua intima essenza. “E’ una festa ricca di suggestioni, lunga e dalla laboriosa preparazione delle straordinarie bardature dei cavalli, che coinvolge una intera città ma che non dobbiamo dimenticare – tiene ad evidenziare Padre Ignazio – possiede una imprescindibile dimensione sacra. La cavalcata di San Giuseppe è la Rievocazione della biblica Fuga in Egitto della Sacra Famiglia, narrata dagli Evangeli. ll coloratissimo corteo, con la Sacra Famiglia in testa, si snoda per le vie della città dove, in vari punti e quartieri sono accesi i pagghiara, falò attorno ai quali si raccoglie la gente del vicinato in attesa del passaggio della Sacra Famiglia. La tradizionale Cena, che come ogni anno, si svolge sul sagrato della Chiesa di San Giuseppe è una cena di beneficenza con l’offerta dei doni per i poveri. Tutto ciò rischia di diventare più coreografia che un modo per poi stare anche accanto al più povero e bisognoso.  Ogni anno, durante i preparativi della festa la questione nodale che mi trovo ad affrontare come una sorta di baluardo della sacralità  è sempre quella  di riuscire a far convivere, in un sano equilibrio, folklore e fede” . Per Padre Ignazio La China la Chiesa vicina ai più bisognosi ed agli ultimi non può abdicare al suo ruolo di madre caritatevole in nessuna occasione, sia essa festosa che di vita quotidiana. Sul solco di questo pensiero preponderante nasce, ci racconta con malcelato orgoglio ancora Padre La China, “Casa Valverde” ad opera della Fondazione San Corrado di cui lo stesso Padre Ignazio ne è presidente per volontà del Vescovo di Noto, Mons. Antonio Staglianò. Sulla scia di esperienze diocesane analoghe come ad esempio quella di Pachino denominata “Casa dopo di noi” dedita alla cura e all'ospitalità dei soggetti affetti da disabilità fisica che non hanno o avranno più il supporto dei genitori, o quella di Noto “Casa Tobia” sorta con l’intento di animare di integrare e recuperare ragazzi con handicap mentale o il cantiere educativo progettato insieme con la Scuola Media Maiore di Noto per l’integrazione della comunità dei “camminanti” fortemente presente nel territorio netino.
A Scicli padre Ignazio è stato il promotore, insieme con la Caritas Diocesana,  di “Casa Valverde” dove si sta sperimentando l’esperienza di “Housing first”: assicurare prima di ogni bisogno l’opportunità di una casa a quelle famiglie che versano in situazione economica per via della quale il mantenimento di una casa non permetterebbe loro di provvedere agli altri bisogni di prima necessità . Le stanze dell’ex convento cinquecentesco delle suore Mercedarie a Scicli, da sempre adibito ad orfanotrofio, sono state ristrutturate ed adibite ad appartamenti in grado di ospitare interi nuclei familiari. Debitamente attrezzati con camere  da letto, frigo, cucina, lavanderia, gli appartamenti, tre in tutto,  rappresentano una opportunità concreta di alloggi dignitosi. Una gemma pienamente incastonata nella struttura della Chiesa caritatevole di Papa Francesco e che ogni giorno è testimonianza viva di quanto piccoli gesti  possano farci sperimentare la Santità di  vivere  con Dio, insieme a Dio. “Dio – afferma Padre Ignazio - ci è accanto nella nostra vita a partire dal battesimo. Tendiamo a dimenticarlo. San Paolo chiamava Santi i suoi. Noi siamo già santi e dovremmo sperimentarlo pienamente nel nostro intimo e poi manifestarlo nelle nostre opere ma non sempre ne siamo capaci, -  continua ancora Padre Ignazio - e per farlo non occorrono gesta eclatanti ma solo tanta fede e concrete azioni quotidiane. Nino Baglieri, ad esempio, lo ha espresso”. Padre Ignazio cita non a caso Nino Baglieri. Egli infatti è stato nominato Giudice Delegato per la causa di beatificazione di Baglieri ed in questa qualità è impegnato a  raccogliere le testimonianze a supporto della causa di beatificazione.“Ciò che emerge dall’ascolto di tutti i testimoni – ci racconta ancora Padre Ignazio -  sembra quasi un ritornello: un soggetto  straordinario in quella che è stata l’ordinarietà della sua  esperienza.   Egli ha vissuto il suo dramma in comunione con Dio e attraverso un percorso che invece altri hanno vissuto in senso opposto e completamente diverso. Nino Baglieri cade da una impalcatura, resta paralizzato.  Altri che hanno vissuto analoga esperienza hanno pensato ad un Dio distratto, forse anche inesistente ma per lui invece  è stata l’occasione per scoprirlo questo Dio.   Se ci riflettiamo col senno di poi in un modo strano Dio ha scelto di entrare nella sua vita. Una vita vissuta pienamente come se la sua disabilità rappresentasse per lui un momento di forza piuttosto che un limite. Nino Baglieri ha mantenuto rapporti e vecchi amicizie, ne ha create tante altre con una semplicità di cuore sbalorditiva che è possibile percepire concretamente anche dai suoi innumerevoli scritti.  Nino Baglieri sentiva che Dio era presente nella sua  vita  e  non perdeva occasione per  esprimere la sua  gioia nell’averlo incontrato”.  Padre Ignazio ci racconta come tra tutti i seminaristi ed i preti della diocesi che frequentavano abitualmente la sua abitazione sia stato  l’unico a non averlo mai visitato pur avendolo più volte incontrato a Noto. Un paradosso che oggi egli legge come un disegno divino affinché possa svolgere con più imparzialità ed obiettività il suo ruolo  nella causa di beatificazione. L’insegnamento che si può trarre secondo Padre Ignazio dalla vita di Nino Baglieri è quello di saper fare della vita un dono. “Nino Baglieri – dice Padre Ignazio - sceglie di seguire il Cristo sulla Croce e alla fine diventerà egli stesso il Cristo sulla croce  per la sua sofferenza finale”. La nostra conversazione con Padre Ignazio prosegue nonostante l’ora tarda, affascinati da quest’uomo di Chiesa che si reputa un intellettuale sui generis. Uno studioso appassionato dei classici greci e latini, legge la Bibbia in ebraico e recita il breviario in latino per non perdere la ricchezza di sfumature che nelle traduzioni non si colgono più, ma che da prete marginale come ama definirsi sente forte la responsabilità di essere dal momento della ordinazione sacerdotale un alter Christus, nonostante i propri limiti. Dove prendere la forza? L’Eucaristia e poi la preghiera. Non tanto dire parole, quanto stare a guardarlo in silenzio, Lui nel tabernacolo e io in fondo alla chiesa, e mettergli davanti le persone che si amano e magari chi proprio non va giù… Inevitabilmente si parla della recente nomina ad arcivescovo di Palermo di Don Corrado Lorefice. Padre Ignazio ci esprime tutta la sua gioia per questa nomina. Con Mons. Lorefice sono coetanei, hanno fatto il  seminario insieme  e studiato insieme sia a Catania e che a Roma. Mons. Lorefice ha studiato morale.  Padre Ignazio  Diritto canonico.  “E’ sicuramente l’uomo che ci vuole oggi a capo di una Diocesi così importante per storia ed estensione. Al di là degli studi e della sua formazione ciò che ho ammirato sempre in don Corrado  é la sua calda umanità, ci dice.  E’ indispensabileper creare un solido  rapporto con chi crede ma anche con chi non crede. Questa caratteristica gli sarà utile per il tipo di lavoro che andrà a fare”. Padre Ignazio è uno di quei preti che hai grande difficoltà ad immaginare su un pulpito ad impartire vuote benedizioni e pronunciare roboanti discorsi. E’ immediato, sanguigno, vero. Con lui è possibile creare subito un contatto che in un non niente si trasforma in empatia ed eccoci già ad affrontare tematiche più profonde ed intime. Parliamo di gioie e sconfitte che caratterizzano il percorso di vita di ognuno di noi e a maggior ragione quelle di chi ha scelto di essere un pastore di anime: le sue.
“Avverto forte il senso della sconfitta – inizia a confidarsi Padre Ignazio - quando  non  riesco  a far comprendere  bene agli altri come il sacro  si deve incarnare sempre nella storia così come l’esperienza di fede. Ma proprio dalle sconfitte, da quelle più cocenti, ho imparato molto. Il Signore ha voluto che imparassi proprio da esse ed oggi ringrazio il Signore per questo dono immenso al punto che “prete”, secondo il concetto di servizio e di donazione completa agli altri,  sento di esserlo pienamente  dal  25° anno di ordinazione sacerdotale sia per  la maturità, l’esperienza, ma anche  la grazia immensa  che il Signore mi ha dato di raccogliere i frutti di quanto seminato. Frutti migliori raccolti lì dove non mi aspettavo nulla. Per me la gioia più bella è data da tutti coloro i quali oggi vivono a pieno la  parrocchia e partecipano a tutte le attività della comunità. Sono i ragazzi di un tempo, piccoli chierichetti allora,oggi uomini e padri di famiglia. Ho avuto la gioia e l’onore di accompagnarli nel loro cammino di fede e di crescita. Li ho cresimati, sposati, ho battezzato i loro figli ed oggi siamo sempre più comunità. Credo che sia questo il dono più grande per un prete. Vivere in sintonia con la propria comunità, accompagnarla nella crescita e mai mortificandone le diversità culturali e religiose che in una società sempre più multietnica come la nostra è ovvio ci siano. Sono un docente, ho insegnato all’Istituto   Magistrale di Scicli, all’istituto di teologia di Noto e ora insegno all’Istituto Teologico San Metodio di Siracusa. Sono incaricato diocesano per l’ecumenismo e dialogo. Ho anche la grazia di poter vivere a contatto con Ebrei, musulmani ed Ortodossi. Vivere una esperienza di Chiesa con  rappresentanti di diverse  religioni la giudico una delle esperienze più arricchenti tra quelle che il sacerdozio mi ha regalato. Mi commuove ancor oggi ad esempio  - prosegue Padre Ignazio - che il rappresentante della chiesa ortodossa  a Ragusa, oramai da oltre cinque anni qui (è arrivato giovanissimo diacono a 28 anni),  nonostante gli anni di frequentazione che contraddistinguono il nostro rapporto di amicizia e di stima  ad oggi  si rivolge a me  dandomi del Lei.  Lo fa in segno di grande stima “Dopo mio padre, tu e il vescovo Paolo Urso”, mi dice, e vi assicuro che quando si riesce a mettere in disparte le ideologie e si vive pienamente  il rapporto umano, l’esperienza  è fortemente arricchente”. E che l’esperienza di interreligiosità ed interculturalità sia un modo  attraverso il quale Padre Ignazio riesce a dare un volto pragmatico al suo concetto di Chiesa, lo si percepisce immediatamente. È come se per certi versi la comunità di San Giuseppe fosse più avanti rispetto le istituzioni stesse. Non appena si presenta un caso che gli assistenti sociali reputano più delicato o complesso non esitano a confrontarsi con Padre Ignazio. Spesso più che aiuti economici i casi necessitano sostegno morale, dialogo ed ascolto. Lo stesso che Padre Ignazio agevola e coltiva coi suoi parrocchiani. Le piccole dimensioni della parrocchia lo permettono. Non riunioni di gruppi per categoria che tendono sempre ad escludere qualcuno ma riunioni che coinvolgono tutta la comunità parrocchiale, dai giovani alle famiglie, insieme con assoluta semplicità magari anche condividendo un dolce preparato in casa. I giovani – ci dice Padre Ignazio – se li convochi per una riunione di catechesi ti snobbano ma se crei un pretesto per stare insieme a loro, essi  non fuggono. Tutt’altro. Ed è in quei momenti che puoi stargli veramente vicino, seguirli ed indicare loro il giusto cammino. Senza assurgere a maestro o censore ma essendo uno di loro. Un loro amico. Padre Ignazio è sui generis anche nella capacità di parlare ai giovani e diciamo anche nell’utilizzo degli strumenti tipici dei giovani e della società moderna. Alcuni nell’ambiente ecclesiastico demonizzano i social però per lui sono uno strumento di  dialogo e  di opportunità di incontro con chi magari per orgoglio o per pudore ha difficoltà a chiedere aiuto, l’aiuto di un prete. L’intervista a Padre Ignazio si prolunga, diventa un piacevole dialogo e confronto. Si continua a trattare argomenti di scottante attualità. L’ultimo, ci ripromettiamo, prima di salutarci: il sinodo sulla famiglia e il gran parlare che si è fatto sulle unioni gay.  “Non mi scandalizza  il fatto che due persone dello stesso sesso possano amarsi. La chiesa con il suo insegnamento si mostra critica verso tali  sentimenti solo nella  misura in cui li  si vogliono catalogare con definizione tipiche di istituzione secolari  come il sacramento del matrimonio che è una istituzione che nasce in relazione ad un uomo ed una donna ai fini della procreazione. Tutto ciò che esula da ciò non può rientrare nella definizione di matrimonio. Il problema non è dato dal fatto di due persone dello stesso sesso che si amano e stanno insieme. Poi bisogna sempre distinguere tra chi crede e chi non crede. La Chiesa ricorda che non l’orientamento ma l’esercizio dell’omosessualità è peccato. Ma mentre condanna il peccato accoglie sempre l’uomo peccatore. In coscienza ognuno poi davanti  al Signore – ci ricorda Padre Ignazio – risponde delle proprie scelte.  Il primato delle coscienze viene innanzitutto. Un figlio ha il diritto di avere un padre ed una madre, per questo non è corretto parlare di matrimonio tra gay. Ho diversi amici gay ma  nessuno di essi  mi ha mai manifestato questa loro voglia di sposarsi. Mi viene da pensare che spesso dietro questi argomenti così scottanti ci sia una lobby minoritaria che possiede strumenti e risorse economiche tali da influenzare le grandi scelte della società. Stiamo andando verso una società sempre più pluralista, in cui non hanno senso forti pregiudizi. Per chi crede, chiunque sia, l’importante è sempre voler fare un cammino di conversione e di fede. Mutuo quindi le parole di Papa Francesco “se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?» Una citazione con la quale Padre Ignazio si conceda da noi e ci lascia col  profondo convincimento che è davvero un prete sui generis.

sabato 9 gennaio 2016

I piccoli del Regno

Si è presentata il giorno della mia nomina chiedendo dove fosse il signor parroco e appena mi presentai mi diede il benvenuto e mi regalò una scatola di cioccolatini. Da quel momento quasi tutti i giorni la vedevo presentarsi in sacrestia ora con una brioche, ora con un mazzo di asparagi, ora magari con qualcosa di impensabile ma significativo ripetendomi la sua contentezza di vedere la chiesa di San Giuseppe aperta tutti i giorni. E in fondo alla chiesa si sedeva aspettando che io finissi di ricevere le altre persone per farsi poi avanti. La stanchezza di una vita che non le aveva dato niente più che la vecchiaia e la malattia le hanno fatto compiere velocemente il trapasso. Ammalata quasi non chiedeva niente, nemmeno aiuto e dall’ospedale si rifiutava di mandarmi a chiamare perché temeva di disturbarmi : quando sono arrivato nella sua stanza ha semplicemente sorriso, ma con un sorriso quasi di complicità. Molti non si sono neanche accorti dei suoi funerali in un’estate che rallenta non solo le attività fisiche ma anche quelle dello spirito.
Perché racconto questo ? Perché confesso che sono queste le esperienze che mi commuovono e che mi danno la spinta a fare il prete più di tutte le altre disquisizioni accademiche degli intellettuali di turno e dello stesso rapporto con chi ha la puzza sotto il naso e passa il tempo in chiacchiere, dietrologie e futurologie varie. Mi commuove la Messa celebrata con le quattro vecchine della mia parrocchia che mi hanno circondato fin dall’inizio con il loro affetto senza chiedersi il perché o il percome della mia nomina - per loro sono il parroco e questo basta per aprirmi il loro cuore - e che giornalmente mi danno lezioni di fede nel loro pregare semplice e silenzioso in chiesa, nei loro gesti umili ma pieni di una grande saggezza.
Ma lo stesso potrei dire in modo speculare dei bambini e del loro modo di porsi in modo spontaneo, in rapporti che superano a volte sicuramente per schiettezza gli stessi adulti. Specie nella capacità di andare al cuore delle cose. Mi fece impressione una volta il dialogo captato fra due bambini dopo che mi ero fermato un po’ con loro : “hai visto come è simpatico il nuovo parroco e come gli piace scherzare ?” domanda l’uno e l’altro : “Si, ma dovessi vedere come è serio quando celebra la Messa !”. Mi sono detto che se avevano intuito già queste cose avevano intuito tutto di un prete : la capacità di essere uomo di fraternità e insieme uomo di Dio.
Debbo a queste esperienze la possibilità di “rimanere coi piedi a terra” rifuggendo da astrattismi e idealizzazioni pericolose. E le lezioni che sto avendo nel girare casa per casa, nel rapporto semplice e spontaneo con le famiglie, riequilibra e concretizza le lezioni di pastorale fatte a scuola.
Non scrivo queste cose per parlare di me, per mettere me o il mio stile pastorale al centro dell’attenzione, ma solo perché scopro sempre di più la verità - e come non potrebbe esserlo - di quella benedizione con cui il Cristo ringrazia il Padre per aver nascosto i misteri del suo Regno ai sapienti e agli intelligenti ed averle rivelate invece ai piccoli.
E mi convinco sempre di più che la storia, quella vera non è quella dei potenti e dei giochi di potere, quella che si legge sui libri. E’ la storia dei piccoli, le cui vicende quotidiane di generosità e pazienza potrebbero essere raccontate con altrettanta importanza sui libri. Purtroppo invece spesso dei piccoli si narra solo la cronaca nera (passata per “vera” da qualche giornale).
E forse dai piccoli deve ripartire il nostro cammino per superare l’impasse in cui pare ci siamo impantanati senza più poterne uscire.
Se ne è accorto ultimamente uno storico della Chiesa quando non ha più voluto scrivere una storia della Chiesa che coincidesse con una storia del papato e che ha scritto perciò una “storia del popolo di Dio” in cui le vicende dei piccoli hanno altrettanto valore della storia dei dogmi. E spero che se ne accorgano anche non solo gli altri storici, ma anche quanti, nelle stanze alte del potere devono ricordarsi che questo ha la sola giustificazione nel servizio dei piccoli. E in questo politica e religioni possono e debbono camminare insieme.


sabato 12 dicembre 2015

Essere parroco

Sono Parroco di San Giuseppe di Scicli.

Una nomina che per primo ha sorpreso proprio me ! E  che mi ha riempito di gioia non tanto perché diventai parroco nella mia stessa città natale, ma perché mi diede l’occasione di ‘sdebitarmi’ in un certo senso con il carissimo P. Angelo Cargnin, di venerata memoria, per quanto lui ha fatto per me e per la mia vocazione. Il ritornare a lavorare in quella stessa parrocchia di cui P. Angelo è stato primo parroco e per cui ha speso tutte le sue energie fino alla morte e dove io ho svolto il mio ministero di catechista fino all’accolitato, ha per me il valore di un segno forte: come prete ho donato le forze in qualsiasi luogo il Signore, tramite l’obbedienza al vescovo, mi ha chiamato e il mio impegno sarebbe rimasto invariato anche se il vescovo mi avesse mandato in qualsiasi altro luogo della diocesi, ma il fatto di essere stato chiamato proprio a Scicli, e proprio a San Giuseppe, lo colsi come un rinnovato appello a dare la vita certo per Cristo e la sua Chiesa, ma per quella Chiesa, per quel popolo di Dio che vive, soffre e spera a Scicli. Una città di cui mi sento figlio e che porto sempre con me nel cuore e per cui il giorno della mia prima Messa ho offerto il mio sacerdozio. Quell’undici settembre 1988 infatti alla consacrazione ho fatto un “patto” con il Signore: “io ti offro la mia vita e il mio sacerdozio per la conversione di Scicli: non mi importa se io sarò parroco a Scicli o meno, purché Scicli  si rinnovi nella fede dei padri”. E’ la prima volta che parlo di questo (anche se tante volte in passato avrei voluto dirlo a quelli che mi attribuivano mire di ‘conquista’ ora su questa ora su quell’altra parrocchia di Scicli !!!)  e lo faccio per rimettermi ancora una volta nelle mani del Signore: come già dissi nella Messa di ingresso in parrocchia la mia gioia grande è stata anzitutto la possibilità di poter rinnovare in questa occasione le promesse della mia ordinazione. Per me è stato infatti quasi un rivivere il giorno della mia ordinazione e come già per la mia prima messa salendo i gradini dell’altare ho ripetuto quel versetto che ormai non si recita più: “salirò all’altare di Dio, del Dio che rallegra la mia giovinezza !” (ma che io sottovoce continuo a recitare all'inizio di ogni messa). Da quel giorno sono passati anni : voglio approfittare di questo spazio per ringraziare quanti (e più di quanto io stesso potessi immaginare) mi sono stati accanto in questo momento importante della mia vita e che continuamente fino ad oggi mi fanno regalo della loro stima. Ma scrivo anche per rispondere ad una domanda che molti mi fanno su come intendo il mio stile e il mio programma di parroco. Io qui confesso di non pensare ad altri stili e ad altri programmi se non a quelli che il Cristo stesso ci suggerisce con il suo esempio. Non penso a tante organizzazioni, a tante attività, quanto ad offrire ai miei parrocchiani quella “compagnia della fede” che sola la Chiesa può dare: la vicinanza del Cristo compagno’ di strada che ci offre il viatico del suo Corpo e della sua Parola e che si fa carico della pena di vivere dei fratelli. E poi, soprattutto, l’impegno-dono della pace. 
E' il tema che ho scelto fin dalla messa di ordinazione, con le parole di Paolo: noi fungiamo da ambasciatori di Cristo... vi scongiuriamo, lasciatevi riconciliare!
A fondamento di un ministero importante quale quello di parroco, in questo anno giubilare che stiamo per cominciare,  credo che i sentimenti con cui un sacerdote si appresti a vivere il suo ufficio non possano che essere quelli stessi del Papa: cioè di sentirsi strumento di pace e di riconciliazione, della misericordia di Dio e per questo chiedere e offrire perdono, a tutti, indistintamente.  Solo cristiani pacificati  con se stessi e con gli altri saranno portatori di pace nel mondo. Questo me lo auguro per la mia parrocchia, per tutte le parrocchie di Scicli, per il bene della Chiesa, per il bene di Scicli. 

martedì 1 aprile 2014

La mia chiesa, la mia parrocchia


LA CHIESA

La Chiesa di San Giuseppe fu costruita nel 1504 da parte di un devoto nel suo podere sito nel quartiere medievale extra moenia detto del Casale. La cura della Chiesa e lo sviluppo della devozione a San Giuseppe furono affidate alla nata confraternita di cui facevano parte i nobili, i cavalieri e tutti gli artigiani di Scicli. Nei primi del 1600 la Confraternita di Santa Agrippina, dopo aver ceduto il proprio oratorio e il proprio orto ai Frati minori cappuccini perché vi costruissero il loro convento con annesso lazzaretto per la cura degli appestati, si fuse con la Confraternita di San Giuseppe e trasferì il suo altare con il simulacro della santa presso la chiesa di S. Giuseppe. A partire da questo periodo la chiesa fu elevata a Gancia della Matrice come succursale per l’amministrazione del battesimo, dell’unzione degli infermi e del viatico ai fedeli che non potevano salire sul colle dirimpetto alla chiesa di San Matteo. Perciò ebbe il privilegio di poter avere il fonte battesimale e la conservazione degli olei sacri e del Santissimo Sacramento pur non essendo chiesa parrocchiale. Come tutte le altre chiese del Val di Noto crollò in buona parte nel terremoto del 1693 e i lavori di ricostruzione furono ripresi già ai primi del 1700 con l’impianto di una nuova chiesa in stile barocco in armonia con tutte le altre chiese ed edifici della città. I lavori furono terminati nel 1772 così che al presente abbiamo una chiesa a navata unica con cinque nicchie per lato dove sono collocati gli altari laterali e un grande catino absidale con l’altare maggiore e un presbiterio spazioso. La decorazione dello spazio interno è pregevole per gli stucchi e la tenue colorazione delle volte secondo il nuovo gusto dell’epoca. Purtroppo un primo restauro degli anni ’60 ha un po’ tradito l’armonia primigenia e il primitivo progetto della chiesa settecentesca con la distruzione dell’altare maggiore e di tutta la decorazione absidale e dei quattro altari laterali. La chiesa è stata elevata a parrocchia il 1 dicembre 1950 ed è tuttora aperta a tutte le attività pastorali. Di  interesse artistico nella chiesa si trovano la statua marmorea di Santa Agrippina, in marmo bianco colorato, su una base che porta in bassorilievo la storia del martirio della santa, datata 1497 e attribuita al famoso scultore Donatello Gagini, inserita in una parete abbellita da un panneggio in stucco dorato con al centro la colomba dello Spirito  Santo;        il fonte battesimale con catino in unico pezzo in pietra dura locale sormontato da copertura lignea a cupola ottogonale; due angeli che reggono una conchiglia a mo’ di acquasantiera in pietra dura locale ai due lati dell’ingresso della chiesa di pregevole fattura; un crocifisso ligneo attualmente conservato in una nicchia laterale; La statua lignea di San Giuseppe, realizzata tra il 1773 e il 1780, rivestita parzialmente con lamine di argento decorate con motivi floreali a cura di Don Giuseppe Iemmolo e del Barone Penna che donarono dieci once d’argento ad hoc. L’incarico della statua fu dato al napoletano Pietro Padula, autore del presepe ligneo conservato nella chiesa di San Bartolomeo di Scicli. L’opera, interrotta a causa della morte del Padula avvenuta nel 1778 fu ultimata dallo scultore sciclitani Pietro Cultraro (o Cultrera). Un quadro con la Madonna delle  Grazie  tra le sante martiri siciliane Agata e Lucia e le anime del Purgatorio, ex voto di un certo D’Antonio di Lorenzo datato 1745 di buona fattura locale; Un quadro della stessa epoca raffigurante la cacciata dei   venditori dal tempio in una ricca cornice lignea dorata di stile barocco; La balconata lignea del coro dove era situato l’organo a canne della stessa epoca, con pregevoli decorazioni barocche. la sede lignea del celebrante e i due sgabelli decorati a foglie di oro zecchino e le due consolle laterali dell’altare maggiore in legno.

LA RETTORIA DEL CALVARIO

Poco più in alto della chiesa parrocchiale si trova la chiesa rupestre di Santa Maria al Monte calvario. Scavata nella roccia ha un abside arricchito da un altare barocco con un paliotto con un altorilievo della Deposizione. Sull’altare è collocato un sepolcro in pietra con una scultura anche essa lapidea del Cristo morto. Ai lati del presbiterio in due nicchie laterali si trovano i busti in pietra della vergine Addolorata e di San Giovanni. Nelle pareti rimangono tracce di una ricca decorazione a pannelli colorati. Ancora oggi nella chiesa si tengono le Ufficiature della settimana santa. Dopo il crollo di San Matteo e delle altre chiese, questa chiesa ebbe il privilegio di fungere da matrice per tutto il periodo della ricostruzione dopo il terremoto.

LA FESTA

La chiesa di San Giuseppe a Scicli è il centro della devozione cittadina al Santo Patriarca. La festa di San Giuseppe a Scicli infatti è una delle più tradizionali e antiche non solo della città ma dell’intera provincia. E’ all’estendersi della devozione a San Giuseppe in epoca post-tridentina dovuta ai vari ordini religiosi presenti nella nostra Isola che anche a Scicli prese forma la festa nella sua configurazione attuale che ha i due punti peculiari nella Cavalcata e nella Cena, oltre alle consuete espressioni religiose legate alla processione e agli altri riti liturgici. In tante feste patronali non solo isolane ma anche nel meridione d’Italia noi troviamo una Cavalcata di Nobili che vanno a rendere omaggio al Santo Patrono sontuosamente vestiti e con cavalli riccamente bardati. La peculiarità della cavalcata di Scicli in onore di San Giuseppe è data anzitutto dalle gualdrappe delle cavalcature che sono realizzate non in stoffa ma decorate interamente con il fiore della violacciocca, in dialetto locale “BALUCU”. La scelta di questo fiore è determinata dal fatto di essere conosciuto, per la sua forma, come “bastone di San Giuseppe” (a ricordo del miracolo della sua elezione a sposo della Vergine Maria) come ricorda il nome stesso: Balucu da “BACULUM (= bastone)”. Secondo la tradizione quindi ancora al presente la vigilia della festa un gruppo di cavalieri vestiti con gli antichi costumi contadini (pantaloni e gilet di velluto nero, camicia bianca ricamata, fascia multicolore intessuta ai fianchi, fazzoletto rosso, burritta, stivali e pipa di canna) e a cavallo di queste cavalcature riccamente addobbate si danno appuntamento nella piazza centrale della città da dove, all’ora stabilita, il corteo si muove dirigendosi verso la chiesa di San Giuseppe. Sul sagrato ci si ferma insieme per ricevere la benedizione e prendere “in consegna” tre figuranti che interpretano la Santa Famiglia. Infatti nel corso degli anni la seconda parte della Cavalcata si è rivestita di un particolare significato religioso, passando da un semplice atto di omaggio alla rievocazione della FUGA IN EGITTO. I cavalieri dunque faranno quasi da scorta alla Santa Famiglia che con un asinello farà il giro della città rievocando le tappe della fuga e della ricerca di ospitalità, mentre al passaggio del corteo tutti gridano: Patriarca, Patriarca!!! Dietro di loro segue ogni tipo di cavalcatura: cavalli, muli e asini e, dopo quelli bardati, anche quelli con solo campanacci o niente semplicemente, tutti con in mano le tradizionali ciaccare, le fiaccole per illuminare la strada fatte con gli steli del locale ampelodesmo. Lungo il percorso la Cavalcata si fermerà in vari punti della città dove sono accesi i “PAGGHIARA” caratteristici FALO’ per illuminare e riscaldare la Famiglia in fuga. Gli abitanti del quartieri che curano il falò offriranno così ospitalità e qualcosa da mangiare ai membri della cavalcata che poi riprenderà il suo giro della città per concludersi nuovamente sul sagrato della Chiesa di San Giuseppe. I falò accesi, dal loro significato apotropaico antico, passeranno poi a costituire i punti di ritrovo e di incontro delle famiglie del quartiere e degli amici e dei passanti che saranno ospitati cortesemente in una serata in cui la condivisione del cibo diventa elemento aggregante e fonte di comunione e gratuità. Della festa in passato si sono occupati storici locali come il nostro Carioti e poi il Pitrè e Serafino Amabile Guastella. Vedere infatti i cavalli coperti dai manti infiorati in mezzo ai bagliori delle fiaccole e dei falò e fra lo scampanio assordante delle sonagliere e il vociare dei cavalieri rappresenta certamente uno spettacolo eccezionale e di grande attrazione turistica. La festa liturgica che ha  i suoi prodromi nei sette mercoledi precedenti si concentra poi nella celebrazione  della festa esterna con le  Messe e nella processione pomeridiana del Simulacro del Patriarca cui intervengono di nuovo i cavalieri, stavolta senza le bardature (esposte come atto di omaggio sul sagrato della chiesa) ma ai cavalli sono messi solamente i FILARI al collo con tante campane appese e dal suono caratteristico. La serata è conclusa dalla CENA (vendita all’incanto cioè dei doni offerti per i poveri e per i bisogni della chiesa: ceste di primizie e di frutta, formaggi, animali dolci tipici locali, vini, centrini ricamati e prodotti dell’artigianato locale) e dallo spettacolo pirotecnico. A queste manifestazioni principali ogni anno sono connesse altre attività di vario genere che ne costituiscono quasi la cornice.

LA PARROCCHIA

Il territorio della parrocchia  comprende l’antico quartiere del Casale (la cui caratteristica delle viuzze che si arrampicano sul lato della collina della Croce e rimasta soprattutto nel quartiere dell’Altobello) a cui man mano si sono aggiunti gli altri quartieri storici della Villa Penna, di San Marco,del Gesso e, in basso le vie parallele all’ex via larga di San Giuseppe. La parrocchia si estende però ampiamente verso tutte le contrade di campagna che fanno capo alle due strade per Sampieri e per Cava d’Aliga. Proprio per le sue vicende storiche nel quartiere di San Giuseppe sono convissuti sempre insieme la parte nobiliare ed alto borghese (di cui rimangono gli eleganti palazzotti) con la parte popolare formata da artigiani di vario genere ed agricoltori. Dopo gli anni della fuga verso le nuove zone adesso si registra un ritorno verso le vecchie case che vengono riadattate per le moderne esigenze. Inoltre in questi ultimi anni si registra anche un notevole incremento della presenza di immigrati polacchi, marocchini, tunisini e senegalesi. Nel guarire la comunità islamica ha aperto pure una moschea per la preghiera e gli incontri comunitari. Il tasso di natalità  non è basso come altrove per cui ancora si possono vedere bambini giocare insieme nelle stradine della parrocchia. Come alto è il numero delle persone anziane e sole. Certo, una attenzione maggiore da parte della pubblica amministrazione verso questo quartiere non dispiacerebbe (pulizia strade, recupero villa penna, migliore illuminazione, aiuti per chi vuole recuperare le abitazioni antiche…).  La parrocchia sta cercando, pur nella povertà di mezzi (fondi disponibili, mancanza di locali adatti, atteggiamento passivo di tante persone), di diventare non solo centro di evangelizzazione ma anche di promozione umana, specie in casi di disagio familiare. Inoltre si sta facendo un lavoro  per stimolare, specie i giovani, ad un senso di appartenenza  che si sta perdendo: crediamo che le nuove generazioni devono essere aiutate e invogliate a recepire e a continuare i tesori di tradizione, di pietà popolare e di folklore patrimonio della nostra terra: e il quartiere di San Giuseppe e la sua festa sono proprio ricchi di quanto di meglio la nostra storia locale ci possa dare. Da un sano orgoglio in questo senso penso potrà nascere anche la voglia per gli abitanti di un riscatto sociale del quartiere.

 

mercoledì 6 febbraio 2013

Là dove tutto ha avuto inizio: pellegrini della fede nell'anno della fede


PARROCCHIA SAN GIUSEPPE – SCICLI – Pellegrinaggio speciale in TERRA SANTA nell’anno della fede 

PROGRAMMA

22 agosto 2013- 1° giorno: Sicilia – Tel Aviv – Galilea

Ritrovo dei Sigg. Partecipanti all’aeroporto di Catania. Disbrigo delle formalità d’imbarco e partenza con volo ITC per Tel Aviv. Arrivo all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, incontro con la guida e inizio del pellegrinaggio verso Nazaret. Tel Aviv ingloba la antica Jaffa, luogo dove Pietrò aprì la fede ai Gentili. Lungo il percorso attraverso la “via maris” si ammireranno dall’alto le rovine di Cesarea Marittima, e proseguendo si scorgerà il Monte Carmelo Carmelo che sovrasta la moderna città di Haifa. Pranzo durante il trasferimento. Arrivo ad Akko, l’antica san Giovanni d’Acri e visita della cittadella crociata. Partenza per la Galilea, arrivo nell’hotel a Nazaret e sistemazione nelle camere riservate. Cena e pernottamento.

23 agosto - 2° giorno: Galilea – Monte Tabor

Prima colazione in hotel. Partenza per il Monte Tabor con visita al Santuario della Trasfigurazione e con sosta a Cana di Galilea per il rinnovo delle promesse matrimoniali. Proseguimento per Sefforis, la città ellenistica dove secondo la tradizione apocrifa lavorava San Giuseppe. Pranzo. Pomeriggio dedicato alla visita di Nazareth: Fontana della Vergine, Chiesa di S. Giuseppe, Basilica dell'Annunciazione. Cena e pernottamento in hotel.

24  agosto - 3° giorno: Lago di Galilea – Giordano

Prima colazione in hotel. Al mattino partenza per Cesarea di Filippo, dove san Pietro confessò il Cristo come Figlio di Dio e dove rinnoveremo la nostra professione di fede. Ci troviamo alle pendici del monte Hermon e alle sorgenti del Giordano. Visita di Banias e del santuario del dio Pan. Proseguimento per il Monte delle Beatitudini. Pranzo. Di seguito visita di Tabga: chiese del Primato sulla sponda del lago di Galilea,  e della Moltiplicazione dei pani e dei pesci. Proseguimento per Cafarnao, visita ai resti della sinagoga e della casa di Pietro. Breve sosta a Cafarnao alla tomba di Maimonide, il “compilatore” della professione di fede ebraica. Rientro in hotel, cena e pernottamento.

25 agosto - 4° giorno : Qumran – Gerusalemme

Prima colazione in hotel. Partenza per Gerusalemme attraverso la Samaria. Si passa per Nablus e si sosta alla vicina Sichem al pozzo di Giacobbe luogo dell’incontro di Gesù con la samaritana. Si scende verso la valle del Giordano attraverso il deserto di Giuda. Sosta al sito di Qasr Yahud sulla sponda del Giordano, luogo storico del battesimo di Gesù, sito riaperto da soli due anni, di fronte alla Betania al di là del Giordano dove predicava Giovanni il Battista. Proseguimento per Gerico ed al Monte della Quarantena. Pranzo in corso di escursione. Continuazione per  la visita del monastero Greco-Ortodosso della Quarantena, sul luogo del digiuno e delle tentazioni di Gesù. Proseguimento per il Mar morto. Lungo il percorso si scorge Qumran, con le antiche grotte dei ritrovamenti dei papiri più antichi della Bibbia. Sosta al Mar Morto e proseguimento lungo il Deserto di Giuda. Partenza per Gerusalemme passando per Betania e Betfage. Arrivo a Gerusalemme, sistemazione nelle camere riservate dell’ hotel. Cena e pernottamento.

26 agosto - 5° giorno: Gerusalemme - Betlemme – Ein Karem

Prima colazione in hotel. Mattinata dedicata a Betlemme passando per l’Herodion e il campo dei pastori: visita della Basilica della Natività e della Grotta del latte. Pranzo. Nel pomeriggio visita di Abu Gosh dove sorge la Chiesa dell’Arca della Alleanza e visita di Latrun, la Emmaus dei crociati. In serata rientro in hotel per la cena ed il pernottamento.

27 agosto - 6° giorno: Gerusalemme

Pensione completa. Intera giornata dedicata alla visita della città vecchia: Muro del Pianto, Spianata del Tempio, esterno della Moschea di Omar e El Aqsa. Porta di S. Stefano. Visita di S. Anna e Piscina Probatica. Itinerario della Via Crucis: visita alla Flagellazione coi resti del Litostrotos, visita della Basilica dell'Ecce Homo, Via Dolorosa e arrivo al S. Sepolcro: visita del Calvario, dell’edicola della resurrezione e degli altri luoghi santi. Pranzo a metà percorso. Rientro per la cena ed il pernottamento.

28 agosto - 7° giorno: Gerusalemme - Monte degli Ulivi – Monte Sion

Pensione completa. In mattinata scendendo per il Monte degli Ulivi, visita dell’ Edicola dell'Ascensione, al Santuario del Pater Noster, al Dominus Flevit, all’Orto degli Ulivi, alla Basilica del Getsemani detta delle Nazioni, dove pregheremo per l’unità dei cristiani, alla  Grotta della Cattura, alla Tomba della Madonna. Pranzo.  Salita al Monte Sion cristiano, Visita del Cenacolo, Visita della Tomba del Re David, del Santuario della Dormizione della Madonna. Visita del Museo dei Rotoli di Qumran. Rientro per la cena ed il pernottamento.

29 agosto - 8° giorno: Gerusalemme – Tel Aviv – Sicilia

Prime colazione in hotel e trasferimento all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Disbrigo delle formalità
d’imbarco e partenza per l’aeroporto designato. Arrivo e fine dei ns. servizi.

Avviso: L’ordine delle visite potrebbe essere variato in base alla disponibilità dei santuari e delle messe da celebrare

Quota di partecipazione € 1.315,00 in camera doppia
Supplemento singola € 350,00

Anticipo all’atto di iscrizione € 100,00; 50% della quota entro il 1° aprile; saldo entro il 1° luglio.


La quota comprende:
         Trasferimento da Scicli in autobus per l’aeroporto e viceversa*
         Trasporto aereo con voli ITC Sicilia - Tel Aviv e viceversa;
         Sistemazione in hotel 4 stelle in camera doppia con servizi privati;
         Pensione completa come da programma;
         Tour in pullman con guida di lingua italiana;
         Mance;
         Assicurazione Europ Assistance medica con franchigia € 35,00 e bagaglio;

La quota non comprende:
Visite ed ingressi ove previsti come da programma per un totale di € 35,00 da versare all’atto dell’iscrizione;*
*Nota: il presente pellegrinaggio non è il tour standard della Terrasanta ma è stato studiato appositamente su nostra richiesa per vedere i luoghi più significativi della professione della fede nel contesto dell’anno della fede che stiamo celebrando. Questo comporta l’ingresso in musei e siti archeologici non previsti negli altri tour di base.

• Le bevande ai pasti, i facchinaggi, le escursioni facoltative e gli extra di carattere personale;
• Costi di trasporto da e per centri medici e strutture di ricovero;
• Tutto quanto non espressamente menzionato alla voce “la quota comprende”.


Importante:
Per recarsi in Israele è necessario essere in possesso del passaporto individuale, tale documento non deve essere in via di scadenza ma avere almeno sei mesi di validità rispetto alla data di partenza. Al momento dell’iscrizione, all’atto della firma del contrattino di impegnativa del viaggio, si prega di consegnare una fotocopia di tutte le pagine del passaporto.

PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI RIVOLGERSI A PADRE IGNAZIO LA CHINA TEL. 3493539515

Organizzazione tecnica: ECUMENIA PELLEGRINAGGI di OBY WHAN TOUR OPERATOR - Catania

    La seconda assemblea sinodale: un evento di Chiesa.   Doveva essere l’ultima assemblea del cammino sinodale delle Chiese in Italia...