Continuando il nostro sguardo sinottico sull'Ordo missae, anche stavolta possiamo notare come sostanzialmente la Liturgia della Parola sia rimasta invariata nei secoli nella sua successione Letture/ Epistola - Salmo graduale - Vangelo. Anzi, le celebrazioni vigilari e quelle delle Tempora, così come altre celebrazioni di propri e comuni confermano che si usavano pure Letture dell'Antico Testamento.
In questo dobbiamo essere grati alla riforma liturgica che ha arricchito il ciclo domenicale e festivo della lettura veterotestamentaria: è un modo per evitare un certo marcionismo liturgico e per sottolineare la continuità dei due Testamenti e della storia della salvezza.
Bene dunque il nuovo lezionario con i suoi cicli feriali e festivi (tranne la scelta della seconda lettura del tempo per annum che prevede la proclamazione continuata di un'epistola, mentre prima lettura e vangelo sono legati dal tema: forse in futuro si dovrà scegliere anche l'epistola concordandola al vangelo, come si fa nei tempi forti).
Discorso a parte merita il canto tra la prima e seconda lettura: il salmo graduale, ridotto a salmo responsoriale e spesso equivocamente introdotto come "risposta" a Dio che ci ha parlato nella prima lettura (se così fosse ci vorrebbe un salmo per rispondere all'epistola e a maggior ragione uno per rispondere al Vangelo!), equivoco avvalorato dal fatto che spesso il tema del salmo riprende solo il tema della prima lettura, mentre il graduale è un canto che celebra tutto il tema del giorno.
Cosa impedirebbe di ritornare al canto del graduale così come indicato nei libri appropriati? Si veda il Graduale romano, il graduale simplex e il Messale gregoriano che fanno proprio questa proposta.
E se non si canta il graduale può sempre essere recitato.
Stesso discorso per il tractus e per il salmo alleluiatico al vangelo.
Il salmo responsoriale e l'alleluia potrebbe essere solo l'extrema ratio per i giorni feriali e per le piccole comunità.
Per quanto riguarda la proclamazione, l'aver riproposto l'ambone come luogo da cui proclamare la parola di Dio ci sembra importante e significativo e da valorizzare maggiormente.
Dando sempre la precedenza ai ministri istituiti, le letture dovrebbero sempre essere proclamate da un lettore. In mancanza di questi meglio passare ad incaricati ad actum (tramite benedizione?) che far leggere tutto al sacerdote. D'altronde anche in passato era possibile sostituire il suddiacono e questi riceveva la benedizione dopo la lettura.
La successione per la proclamazione del vangelo (con o senza il diacono) è rimasta fondamentalmente uguale nei secoli per non ci sembra ci sia fondamentalmente qualcosa da rimarcare (al limite qualche aspetto rubricistico, quale ad esempio il bacio del vangelo alla fine sempre da parte del celebrante, vescovo o sacerdote che sia e mai da parte del diacono).
Ugualmente antica ed invariata è la successione Omelia -Credo - Orazione universale o dei fedeli.
A questo proposito, la possibilità di farla dalla sede, ci dà l'occasione di ribadire la scelta più opportuna della sede del celebrante, a destra, all'inizio del presbiterio o a lato dell'altare, ma mai in fondo all'abside, e ancor meglio se rivolta verso l'ambone (sacerdote e fedeli sono tutti protesi all'ascolto!).
La polemica sulla preghiera dei fedeli credo debba vertere più su alcune modalità sbagliate e su alcuni abusi che non sul suo significato intrinseco. Basterebbe prevedere formule fisse, quasi litaniche, in modo che l'assemblea si unisca con l'acclamazione alla intenzione proposta sempre dal diacono o da un altro ministro. Qualora l'intenzione sia proposta da un altro fedele, sia sempre il diacono ad invitare alla preghiera. Questo eviterebbe equivoci ed abusi. (2. Continua)
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