Lauda Sion, Salvatórem, / lauda ducem et pastórem, / in hymnis et
cánticis.
Cari fratelli e sorelle,
se sempre la Chiesa è chiamata
a lodare il suo Signore, ancor di più oggi risuona in tutte le nostre assemblee
l’invito alla lode:
Loda Sion il Salvatore, la tua
guida, il tuo pastore con inni e cantici!
Quantum potes, tantum aude: /
quia maior omni laude, / nec laudáre súfficis.
Anche se il nostro canto di
lode si rivelerà sempre insufficiente perché il mistero che celebriamo sarà
sempre più grande di ogni lode, di ogni parola umana che cerca di esprimerlo.
Eppure, per quanto sta in noi,
oggi osiamo cantare il mistero ineffabile, indicibile, del santissimo
Sacramento dell’Eucaristia.
Laudis thema speciális, / panis vivus et
vitális, / hódie propónitur.
Oggi è proposto a noi un tema
speciale di lode al Signore: oggi si celebra quel pane vivo e vitale che è dato
a noi ogni volta che si celebra il memoriale del sacrificio del Signore.
Oggi si celebra il sacrificio
e il patto di riconciliazione sigillato sulla croce col dono del suo sangue, dal
Cristo, sommo ed eterno Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, come lo
abbiamo cantato nel salmo responsoriale.
Dalla sua istituzione, la sera
dell’ultima cena di Cristo con i dodici apostoli, ad ogni Santa Messa che fino
ad oggi e nei secoli è stata, è, e sarà celebrata.
E’ quanto ci ricorda oggi San
Paolo nella seconda lettura che abbiamo appena ascoltata: infatti, tutte le
volte che mangerete questo pane e berrete questo calice, annunzierete la morte
del Signore fino a quando Egli verrà.
Oggi celebriamo il permanere
del dono del Corpo e del Sangue del Signore nella sua Chiesa sotto i segni del
pane e del vino resi vivificanti dal soffio dello Spirito.
Segni del sacrificio mistico
che il popolo di Dio è chiamato ad offrire al suo Signore già prefigurati da
quel pane e da quel vino presentati da Melchisedek al Dio Altissimo, come ci ha
ricordato la prima lettura che abbiamo ascoltato in principio.
Anzitutto dunque la nostra
celebrazione è e vuole essere un atto di fede, una confessione: Dogma datur
Christiánis, / quod in carnem tránsit panis, / et vinum in sánguinem.
Ai Cristiani è dato il dogma: che il pane si muta in carne, e il vino
in sangue.
- Ciò che non capisci, ciò che non vedi, lo afferma pronta la fede,
oltre l’ordine naturale. - Sotto
specie diverse, che son solo segni e non sostanze, si celano realtà
sublimi. - La carne è cibo, il
sangue bevanda, ma Cristo è intero sotto l’una e l’altra specie.
Si, noi confessiamo oggi di
credere che nel pane e nel vino consacrati c’è la presenza vera del corpo e del
sangue di Cristo.
Mistero della fede! Diremo tra
poco.
Mistero della fede, ma anche
mistero della Chiesa:
perché è a partire dall’Eucaristia
che si genera la Chiesa, è dall’Eucaristia che nasce la Chiesa, è l’Eucaristia
che fonda la Chiesa.
E dunque oggi siamo qui per
confessare che mentre siamo qui a celebrare l’Eucaristia, è questa stessa
eucaristia che ritorna a generarci e a sostenerci come Chiesa nel dono e con la
forza di quel pane dei pellegrini, di quel pane eucaristico che diventa per noi
il viatico, pane del cammino, segno del Cristo stesso, pastore e guida che si
fa nostro compagno di viaggio.
Ecce Panis Angelórum, / factus cibus viatórum: / vere
panis filiórum,
Cari confratelli sacerdoti,
Cari diaconi,
cari religiosi e religiose,
cari laici e laiche
consacrati,
cari membri dei terzi ordini,
delle confraternite, delle associazioni, dei movimenti e di tutte le
aggregazioni laicali di ogni genere,
cari laici e laiche che vivete
o avete vissuto nel sacramento del matrimonio,
cari genitori e figli,
cari fratelli e sorelle che
siete in una situazione di prova, di fallimento, di solitudine,
cari ammalati e sofferenti nel
corpo e nello spirito,
mi piace pensare e voglio
pregare perché ciò si realizzi con sempre più autenticità,
che il nostro essere qui oggi
sia davvero il riconoscimento che l’Eucaristia, come desidera il Concilio
vaticano II, è, e deve sempre più, diventare la fonte e il culmine di tutta la
vita della Chiesa: la fonte da cui promana ogni energia per la testimonianza di
vita, il culmine a cui tende ogni nostra azione.
L’eucaristia al centro dunque
della vita delle parrocchie, dei gruppi, ma anche di ogni famiglia e di ogni
singolo credente.
Ringraziando il Signore,
dobbiamo riconoscere, a Scicli, che una buona percentuale di fedeli partecipa
ancora all’Eucaristia domenicale, che nelle nostre chiese l’impegno a celebrare
l’Eucaristia con decoro è sentito con grande responsabilità, che tanti chiedono
ancora di celebrare l’eucaristia in occasione degli eventi particolari della
loro vita, così come in tutte le parrocchie si vivono giorni di adorazione
eucaristica a scadenza regolare, le quarantore e altre adorazioni scandite dal
calendario della tradizione, e come anche tanti gruppi ecclesiali hanno messo
l’eucaristia e l’adorazione eucaristica periodica come impegno peculiare tra le
loro attività; senza dimenticare l’adorazione eucaristica continuata nella
Chiesa di san Giovanni che è offerta alla cittadinanza tutta come oasi di silenzio
e di preghiera nel mezzo di una vita di molti, sempre più frastornata e
frenetica.
Se ciò ci riempie di
soddisfazione e di gioia, tuttavia non può non diventare per noi fonte di
stimolo ad un impegno sempre maggiore. E non solo per quanto riguarda
l’intensità e il decoro del culto liturgico.
Giacché l’esigenza dell’autenticità
della fede ci spinge, ci deve spingere ad un sempre più stretto raccordo tra la
fede professata e celebrata e la fede vissuta.
Se è vero come è vero che la lex
credendi e la lex orandi si inverano a vicenda, che cioè quello che si celebra
è ciò che si crede e ciò che si crede è ciò che si celebra, allora è ancor più
vero che ciò che si crede e ciò che si celebra deve essere poi vissuto e
incarnato in una vita coerente con la fede.
Credo che sia per questo che
la Chiesa oggi ci abbia fatto proclamare il vangelo della moltiplicazione dei
pani e dei pesci.
Non solo perché la Chiesa,
come ci è testimoniato già negli affreschi delle antiche catacombe romane, nel
segno della benedizione e della frazione del pane, delle folle sfamate e dei
dodici cesti di pane rimasto vi abbia colto sempre dei richiami al mistero
eucaristico, ma perché la stessa logica eucaristica del dono del pane vero e
vivo richiama l’appello alla Chiesa, indicata dai discepoli invitati a dar loro
da mangiare, a farsi coinvolgere nella logica del dono del suo Signore.
Oggi, mentre facciamo memoria
del Cristo che ci dona il suo corpo come pane da mangiare, il Cristo stesso
invita anche noi come Chiesa a perpetuare il miracolo del dono del pane. Non
solo continuando a celebrare l’eucaristia. Ma a diventare anche noi, come
Chiesa, luogo e strumento del dono che il Cristo fa di se stesso, e in questo
ad offrire anche il nostro poco, la nostra povertà, i cinque pani e due pesci,
perché il Cristo li moltiplichi e ce li restituisca come dono di grazia da
distribuire alle folle.
E’ in questo che sta la stessa
ragione di esistere della Chiesa, e non per se stessa: Papa Francesco, al quale
ancora una volta manifestiamo i nostri sentimenti di affetto e di comunione, ci
ricorda che una Chiesa autoreferenziale, che guarda a se stessa, dimenticando
di guardare con gli occhi di Cristo alle folle affamate, è una Chiesa che ha
tradito la sua missione.
Cogliamo questo mistero nei
verbi di raccordo tra lui e i discepoli con cui San Luca ci racconta il
miracolo: Accogliere – Condividere - Distribuire
Accogliere: il Cristo precede
e poi accoglie le folle, e nell’invito fatto ai discepoli che volevano mandarle
vie, c’è l’invito fatto anche a noi di essere accoglienti. Domandarsi se le
nostre comunità esprimano davvero accoglienza, se chi è malato e ferito nel
corpo e nello spirito trovi in noi chi se ne prende cura, potrebbe essere per
noi oggi un modo per non lasciar passare invano ciò che lo Spirito vuol dire
oggi alla nostra comunità ecclesiale di Scicli.
Condividere: i discepoli sono
chiamati a condividere quanto hanno e qui si scopre come nessuno è così povero
da non poter condividere niente con gli altri. Come scrive Enzo Bianchi l’appello
di Gesù non può essere compreso né come un vago appello alla generosità né
<<come un invito a un’efficiente e adeguata organizzazione assistenziale
della carità. Quel comando contesta l’indifferenza e il disimpegno verso
l’altro nel bisogno e suscita l’obiezione dei discepoli che vedono la loro
povertà come impedimento ad assolverlo. Il comando evangelico urta, ieri come
oggi, contro i parametri di buon senso, razionalità, efficienza che pervadono
anche la Chiesa. Paradossalmente, proprio la povertà che i discepoli vedono
come ostacolo, è per Gesù lo spazio necessario del dono e l’elemento
indispensabile affinché quel dar da magiare non sia solo dispiegamento di
efficienza umana, ma segno della potenza, della benedizione e della
misericordia di Dio e luogo di instaurazione di fraternità e di
comunione>>.
Distribuire: nel mettere
quanto siamo e abbiamo nelle mani di Cristo, è lui che compie il miracolo della
moltiplicazione dei doni. I discepoli, oggi la Chiesa, è così chiamata a farsi
serva, a distribuire i doni non più suoi ma del Cristo nella gioia del
banchetto messianico.
Signor Sindaco, gentili
autorità civili e militari, che saluto con deferenza e rispetto,
se oggi voi siete qui e noi vi
abbiamo invitato, non è per volontà di una maggiore maestosità e appariscenza
mondana dei nostri riti: non sarebbe stato né giusto né necessario.
Voi siete qui, in quanto
rappresentanti di quelle istituzioni cittadine e perciò di tutta la nostra
città, che rappresenta per la nostra comunità ecclesiale di Scicli l’orizzonte
e il senso della nostra missione.
Noi siamo qui, parrocchie e
ogni altra aggregazione ecclesiale, per dire davanti a tutti che siamo qui a
Scicli per accogliere, condividere, servire.
L’anno scorso, proprio
nell’occasione del Corpus Domini, abbiamo voluto dare l’annuncio dell’apertura
del centro di ascolto della Caritas cittadina. Con soddisfazione possiamo dire
che il centro si è affermato pian piano come il punto di riferimento per tanti
fratelli e sorelle, non solo di Scicli, ma anche per immigrati di varie culture
straniere; così anche i tanti centri di ascolto delle parrocchie che si pongono
sempre più come le sentinelle di guardie per avvistare i casi di necessità più
urgenti; o anche i punti di distribuzione di aiuti alimentari che sono venuti
incontro ad un numero sempre crescente di famiglie, dovuto al perdurare della
crisi economica in cui versa tutta l’Europa.
Tanti i casi seguiti, ma tanti
i casi che non siamo riusciti a seguire o a risolvere.
Tanti i casi in cui, con
grande dignità, tante persone più che a chiedere pane, sono venute a chiedere
un lavoro onesto e decoroso.
Tanti i casi di bontà e di
generosità che abbiamo registrato, ancor più ammirevoli quelli provenienti da
persone povere eppure solidali con altrettanti poveri; mentre purtroppo
dobbiamo anche registrare l’indurimento di cuore di alcuni, ancor più da
stigmatizzare se con certa disponibilità economica, che invece che aprirsi alla
solidarietà dalla crisi economica hanno tratto motivo per diminuire il salario
o aumentare lo sfruttamento degli operai.
La comunità ecclesiale di
Scicli, i parroci per primi, caro Signor Sindaco e gentili amministratori e
autorità, non può e non vuole restare indifferente davanti alle tante serre,
fonte prima della nostra economia, che non sono più coltivate, ai terreni
incolti, alla crescente disoccupazione, al futuro sempre più incerto dei nostri
giovani costretti ad emigrare sia per lo studio e per la ricerca di un lavoro
dopo la laurea.
Il Vangelo di oggi spinge
tutti a non rimanere indifferenti davanti alla gente affamata e perciò oggi
siamo qui a gridare tutto il nostro dolore per le sorti future incerte della
nostra città.
Ma l’attenzione ai bisogni del
popolo, al bene comune, è e deve essere anche al centro dell’azione politica di
ogni buon amministratore.
Proprio per ciò, noi siamo
convinti che nel servizio dell’uomo e del cittadino, nella promozione del bene
comune, stia l’ambito di collaborazione tra comunità ecclesiale e comunità
civile e perciò rinnoviamo la nostra disponibilità ad una collaborazione sempre
maggiore tra di noi, certo nel rispetto ognuno delle proprie competenze.
Stiamo cercando di farlo tra
la Caritas e l’Assessorato ai servizi sociali del Comune di Scicli, e ciò sarà
bene.
Ma dobbiamo certo uscire dalla
logica dei piccoli e pronti interventi per passare a dei progetti comuni e
condivisi: certo sarà quello l’ambito di quel patto sociale di solidarietà che
è in progetto di sottoscrivere tra il Comune di Scicli, il Vicariato di Scicli
e la curia di Noto.
Ma credo che forse bisognerà
pensare anche ad una riflessione comune sul futuro di Scicli che coinvolga
tutte le energie vive sociali, politiche, religiose e culturali della nostra
città.
Il Signore benedica i nostri
piccoli sforzi.
La processione col Santissimo
Sacramento per le vie della nostra città sia dunque pegno di ogni fame saziata
e della sovrabbondanza dei doni celesti per la rinascita religiosa e civile
della nostra città:
Scicli affamata oggi è
invitata al banchetto delle nozze dell’Agnello.
Si sazi ognuno di quel Corpo e
di quel Sangue che estingue ogni fame e ogni sete.
Tu, Buon pastore, vero pane, o
Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici, portaci
ai beni eterni
nella terra dei viventi. Amen
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