lunedì 3 giugno 2013

Omelia per la messa del Corpus Domini

Lauda Sion, Salvatórem, / lauda ducem et pastórem, / in hymnis et cánticis.  
Cari fratelli e sorelle,
se sempre la Chiesa è chiamata a lodare il suo Signore, ancor di più oggi risuona in tutte le nostre assemblee l’invito alla lode:
Loda Sion il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici!
Quantum potes, tantum aude: / quia maior omni laude, / nec laudáre súfficis. 
Anche se il nostro canto di lode si rivelerà sempre insufficiente perché il mistero che celebriamo sarà sempre più grande di ogni lode, di ogni parola umana che cerca di esprimerlo.
Eppure, per quanto sta in noi, oggi osiamo cantare il mistero ineffabile, indicibile, del santissimo Sacramento dell’Eucaristia.
Laudis thema speciális, / panis vivus et vitális, / hódie propónitur. 
Oggi è proposto a noi un tema speciale di lode al Signore: oggi si celebra quel pane vivo e vitale che è dato a noi ogni volta che si celebra il memoriale del sacrificio del Signore.
Oggi si celebra il sacrificio e il patto di riconciliazione sigillato sulla croce col dono del suo sangue, dal Cristo, sommo ed eterno Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, come lo abbiamo cantato nel salmo responsoriale.
Dalla sua istituzione, la sera dell’ultima cena di Cristo con i dodici apostoli, ad ogni Santa Messa che fino ad oggi e nei secoli è stata, è, e sarà celebrata.
E’ quanto ci ricorda oggi San Paolo nella seconda lettura che abbiamo appena ascoltata: infatti, tutte le volte che mangerete questo pane e berrete questo calice, annunzierete la morte del Signore fino a quando Egli verrà.
Oggi celebriamo il permanere del dono del Corpo e del Sangue del Signore nella sua Chiesa sotto i segni del pane e del vino resi vivificanti dal soffio dello Spirito.
Segni del sacrificio mistico che il popolo di Dio è chiamato ad offrire al suo Signore già prefigurati da quel pane e da quel vino presentati da Melchisedek al Dio Altissimo, come ci ha ricordato la prima lettura che abbiamo ascoltato in principio.
Anzitutto dunque la nostra celebrazione è e vuole essere un atto di fede, una confessione: Dogma datur Christiánis, / quod in carnem tránsit panis, / et vinum in sánguinem. 
Ai Cristiani è dato il dogma: che il pane si muta in carne, e il vino in sangue. 
- Ciò che non capisci, ciò che non vedi, lo afferma pronta la fede, oltre l’ordine naturale.   - Sotto specie diverse, che son solo segni e non sostanze, si celano realtà sublimi.   - La carne è cibo, il sangue bevanda, ma Cristo è intero sotto l’una e l’altra specie.
Si, noi confessiamo oggi di credere che nel pane e nel vino consacrati c’è la presenza vera del corpo e del sangue di Cristo.
Mistero della fede! Diremo tra poco.
Mistero della fede, ma anche mistero della Chiesa:
perché è a partire dall’Eucaristia che si genera la Chiesa, è dall’Eucaristia che nasce la Chiesa, è l’Eucaristia che fonda la Chiesa.
E dunque oggi siamo qui per confessare che mentre siamo qui a celebrare l’Eucaristia, è questa stessa eucaristia che ritorna a generarci e a sostenerci come Chiesa nel dono e con la forza di quel pane dei pellegrini, di quel pane eucaristico che diventa per noi il viatico, pane del cammino, segno del Cristo stesso, pastore e guida che si fa nostro compagno di viaggio.
Ecce Panis Angelórum, / factus cibus viatórum: / vere panis filiórum,
Cari confratelli sacerdoti,
Cari diaconi,
cari religiosi e religiose,
cari laici e laiche consacrati,
cari membri dei terzi ordini, delle confraternite, delle associazioni, dei movimenti e di tutte le aggregazioni laicali di ogni genere,
cari laici e laiche che vivete o avete vissuto nel sacramento del matrimonio,
cari genitori e figli,
cari fratelli e sorelle che siete in una situazione di prova, di fallimento, di solitudine,
cari ammalati e sofferenti nel corpo e nello spirito,
mi piace pensare e voglio pregare perché ciò si realizzi con sempre più autenticità,
che il nostro essere qui oggi sia davvero il riconoscimento che l’Eucaristia, come desidera il Concilio vaticano II, è, e deve sempre più, diventare la fonte e il culmine di tutta la vita della Chiesa: la fonte da cui promana ogni energia per la testimonianza di vita, il culmine a cui tende ogni nostra azione.
L’eucaristia al centro dunque della vita delle parrocchie, dei gruppi, ma anche di ogni famiglia e di ogni singolo credente.
Ringraziando il Signore, dobbiamo riconoscere, a Scicli, che una buona percentuale di fedeli partecipa ancora all’Eucaristia domenicale, che nelle nostre chiese l’impegno a celebrare l’Eucaristia con decoro è sentito con grande responsabilità, che tanti chiedono ancora di celebrare l’eucaristia in occasione degli eventi particolari della loro vita, così come in tutte le parrocchie si vivono giorni di adorazione eucaristica a scadenza regolare, le quarantore e altre adorazioni scandite dal calendario della tradizione, e come anche tanti gruppi ecclesiali hanno messo l’eucaristia e l’adorazione eucaristica periodica come impegno peculiare tra le loro attività; senza dimenticare l’adorazione eucaristica continuata nella Chiesa di san Giovanni che è offerta alla cittadinanza tutta come oasi di silenzio e di preghiera nel mezzo di una vita di molti, sempre più frastornata e frenetica.  
Se ciò ci riempie di soddisfazione e di gioia, tuttavia non può non diventare per noi fonte di stimolo ad un impegno sempre maggiore. E non solo per quanto riguarda l’intensità e il decoro del culto liturgico.
Giacché l’esigenza dell’autenticità della fede ci spinge, ci deve spingere ad un sempre più stretto raccordo tra la fede professata e celebrata e la fede vissuta.
Se è vero come è vero che la lex credendi e la lex orandi si inverano a vicenda, che cioè quello che si celebra è ciò che si crede e ciò che si crede è ciò che si celebra, allora è ancor più vero che ciò che si crede e ciò che si celebra deve essere poi vissuto e incarnato in una vita coerente con la fede.
Credo che sia per questo che la Chiesa oggi ci abbia fatto proclamare il vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Non solo perché la Chiesa, come ci è testimoniato già negli affreschi delle antiche catacombe romane, nel segno della benedizione e della frazione del pane, delle folle sfamate e dei dodici cesti di pane rimasto vi abbia colto sempre dei richiami al mistero eucaristico, ma perché la stessa logica eucaristica del dono del pane vero e vivo richiama l’appello alla Chiesa, indicata dai discepoli invitati a dar loro da mangiare, a farsi coinvolgere nella logica del dono del suo Signore.
Oggi, mentre facciamo memoria del Cristo che ci dona il suo corpo come pane da mangiare, il Cristo stesso invita anche noi come Chiesa a perpetuare il miracolo del dono del pane. Non solo continuando a celebrare l’eucaristia. Ma a diventare anche noi, come Chiesa, luogo e strumento del dono che il Cristo fa di se stesso, e in questo ad offrire anche il nostro poco, la nostra povertà, i cinque pani e due pesci, perché il Cristo li moltiplichi e ce li restituisca come dono di grazia da distribuire alle folle.
E’ in questo che sta la stessa ragione di esistere della Chiesa, e non per se stessa: Papa Francesco, al quale ancora una volta manifestiamo i nostri sentimenti di affetto e di comunione, ci ricorda che una Chiesa autoreferenziale, che guarda a se stessa, dimenticando di guardare con gli occhi di Cristo alle folle affamate, è una Chiesa che ha tradito la sua missione.
Cogliamo questo mistero nei verbi di raccordo tra lui e i discepoli con cui San Luca ci racconta il miracolo: Accogliere – Condividere - Distribuire
Accogliere: il Cristo precede e poi accoglie le folle, e nell’invito fatto ai discepoli che volevano mandarle vie, c’è l’invito fatto anche a noi di essere accoglienti. Domandarsi se le nostre comunità esprimano davvero accoglienza, se chi è malato e ferito nel corpo e nello spirito trovi in noi chi se ne prende cura, potrebbe essere per noi oggi un modo per non lasciar passare invano ciò che lo Spirito vuol dire oggi alla nostra comunità ecclesiale di Scicli.
Condividere: i discepoli sono chiamati a condividere quanto hanno e qui si scopre come nessuno è così povero da non poter condividere niente con gli altri. Come scrive Enzo Bianchi l’appello di Gesù non può essere compreso né come un vago appello alla generosità né <<come un invito a un’efficiente e adeguata organizzazione assistenziale della carità. Quel comando contesta l’indifferenza e il disimpegno verso l’altro nel bisogno e suscita l’obiezione dei discepoli che vedono la loro povertà come impedimento ad assolverlo. Il comando evangelico urta, ieri come oggi, contro i parametri di buon senso, razionalità, efficienza che pervadono anche la Chiesa. Paradossalmente, proprio la povertà che i discepoli vedono come ostacolo, è per Gesù lo spazio necessario del dono e l’elemento indispensabile affinché quel dar da magiare non sia solo dispiegamento di efficienza umana, ma segno della potenza, della benedizione e della misericordia di Dio e luogo di instaurazione di fraternità e di comunione>>.
Distribuire: nel mettere quanto siamo e abbiamo nelle mani di Cristo, è lui che compie il miracolo della moltiplicazione dei doni. I discepoli, oggi la Chiesa, è così chiamata a farsi serva, a distribuire i doni non più suoi ma del Cristo nella gioia del banchetto messianico.
Signor Sindaco, gentili autorità civili e militari, che saluto con deferenza e rispetto,
se oggi voi siete qui e noi vi abbiamo invitato, non è per volontà di una maggiore maestosità e appariscenza mondana dei nostri riti: non sarebbe stato né giusto né necessario.
Voi siete qui, in quanto rappresentanti di quelle istituzioni cittadine e perciò di tutta la nostra città, che rappresenta per la nostra comunità ecclesiale di Scicli l’orizzonte e il senso della nostra missione.
Noi siamo qui, parrocchie e ogni altra aggregazione ecclesiale, per dire davanti a tutti che siamo qui a Scicli per accogliere, condividere, servire.
L’anno scorso, proprio nell’occasione del Corpus Domini, abbiamo voluto dare l’annuncio dell’apertura del centro di ascolto della Caritas cittadina. Con soddisfazione possiamo dire che il centro si è affermato pian piano come il punto di riferimento per tanti fratelli e sorelle, non solo di Scicli, ma anche per immigrati di varie culture straniere; così anche i tanti centri di ascolto delle parrocchie che si pongono sempre più come le sentinelle di guardie per avvistare i casi di necessità più urgenti; o anche i punti di distribuzione di aiuti alimentari che sono venuti incontro ad un numero sempre crescente di famiglie, dovuto al perdurare della crisi economica in cui versa tutta l’Europa.
Tanti i casi seguiti, ma tanti i casi che non siamo riusciti a seguire o a risolvere.
Tanti i casi in cui, con grande dignità, tante persone più che a chiedere pane, sono venute a chiedere un lavoro onesto e decoroso.
Tanti i casi di bontà e di generosità che abbiamo registrato, ancor più ammirevoli quelli provenienti da persone povere eppure solidali con altrettanti poveri; mentre purtroppo dobbiamo anche registrare l’indurimento di cuore di alcuni, ancor più da stigmatizzare se con certa disponibilità economica, che invece che aprirsi alla solidarietà dalla crisi economica hanno tratto motivo per diminuire il salario o aumentare lo sfruttamento degli operai.
La comunità ecclesiale di Scicli, i parroci per primi, caro Signor Sindaco e gentili amministratori e autorità, non può e non vuole restare indifferente davanti alle tante serre, fonte prima della nostra economia, che non sono più coltivate, ai terreni incolti, alla crescente disoccupazione, al futuro sempre più incerto dei nostri giovani costretti ad emigrare sia per lo studio e per la ricerca di un lavoro dopo la laurea.
Il Vangelo di oggi spinge tutti a non rimanere indifferenti davanti alla gente affamata e perciò oggi siamo qui a gridare tutto il nostro dolore per le sorti future incerte della nostra città.
Ma l’attenzione ai bisogni del popolo, al bene comune, è e deve essere anche al centro dell’azione politica di ogni buon amministratore.
Proprio per ciò, noi siamo convinti che nel servizio dell’uomo e del cittadino, nella promozione del bene comune, stia l’ambito di collaborazione tra comunità ecclesiale e comunità civile e perciò rinnoviamo la nostra disponibilità ad una collaborazione sempre maggiore tra di noi, certo nel rispetto ognuno delle proprie competenze.
Stiamo cercando di farlo tra la Caritas e l’Assessorato ai servizi sociali del Comune di Scicli, e ciò sarà bene.
Ma dobbiamo certo uscire dalla logica dei piccoli e pronti interventi per passare a dei progetti comuni e condivisi: certo sarà quello l’ambito di quel patto sociale di solidarietà che è in progetto di sottoscrivere tra il Comune di Scicli, il Vicariato di Scicli e la curia di Noto.
Ma credo che forse bisognerà pensare anche ad una riflessione comune sul futuro di Scicli che coinvolga tutte le energie vive sociali, politiche, religiose e culturali della nostra città.
Il Signore benedica i nostri piccoli sforzi.
La processione col Santissimo Sacramento per le vie della nostra città sia dunque pegno di ogni fame saziata e della sovrabbondanza dei doni celesti per la rinascita religiosa e civile della nostra città:
Scicli affamata oggi è invitata al banchetto delle nozze dell’Agnello.
Si sazi ognuno di quel Corpo e di quel Sangue che estingue ogni fame e ogni sete.
Tu, Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici, portaci ai beni eterni

nella terra dei viventi. Amen

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