CHI HA SPINTO PAPA BENEDETTO A MOLLARE (E PERCHE’)
 
 Chi, come e 
perché ha determinato quel “ritiro” di Benedetto XVI – esattamente un 
anno fa – che rappresenta un evento unico nella storia della Chiesa, 
traumatico e  tuttora non chiaro nelle sue implicazioni e nelle sue 
conseguenze?
 Spesso si è buttata la croce addosso al povero Paolo 
Gabriele, il cameriere di Vatileaks, ma è vero l’esatto contrario: se 
c’era una persona che avrebbe voluto che papa Benedetto potesse 
esercitare pienamente il suo mandato era proprio lui.
 Del resto il 
mio scoop, uscito su queste colonne il 25 settembre 2011, dimostra che 
Ratzinger aveva già deciso quel “ritiro” ben prima dell’inizio di 
Vatileaks e l’aveva previsto – come scrissi – allo scoccare degli 85 
anni. Esattamente quello che poi è avvenuto.
 Ma allora chi, come e 
perché – prima di Vatileaks - ha creato una situazione che ha indotto il
 papa a valutare di non poter più sostenere la lotta?
 
 UN GIGANTE
 
 Ratzinger è uno dei giganti della Chiesa del Novecento ed è molto vasta
 la mappa di coloro che, nel corso dei decenni, anche su fronti 
contrapposti, hanno individuato il loro Nemico in quest’uomo mite e 
sapiente.
 Anzitutto egli entra in scena come uomo del Concilio: è 
colui che, scrivendo il discorso del cardinale Frings, abbatterà il 
vecchio S. Uffizio di Ottaviani, l’inquisizione. 
 Nel postconcilio 
diventerà il nemico di tutti coloro che pretendevano di usare il 
Vaticano II per spazzar via la Chiesa di sempre e costruirne una prona 
al mondo e alle ideologie: da Rahner ad Hans Kung, fino a Martini che – 
come cardinale – si è opposto frontalmente a Ratzinger e a papa Wojtyla.
 Non erano destinati a procurargli amici, poi, i suoi due primi 
interventi, quando fu chiamato da Giovanni Paolo II alla guida della 
retta dottrina: quello in cui ribadì la condanna cattolica della 
massoneria e i testi che confutarono e condannarono la Teologia della 
liberazione.  
 Infine sarà sempre Ratzinger a denunciare in 
mondovisione, durante l’ultima solenne via crucis di Giovanni Paolo II, 
“la sporcizia nella Chiesa”, con parole durissime e drammatiche. 
 
Sarà lui che realizzerà una purificazione radicale della Chiesa dalla 
piaga dei preti pedofili, con provvedimenti drastici e un ribaltamento 
totale di certa mentalità clericale.
 Ancora lui infine scandalizzerà
 gli ecclesiastici progressisti (tanto da suscitare la ribellione aperta
 di diversi vescovi) quando – in linea vera con il Concilio – cercherà 
di riportare all’unità la Fraternità S. Pio X e restituirà libertà alla 
liturgia tradizionale della Chiesa.
 Era stato lui con Giovanni Paolo
 II che aveva valorizzato i tanti nuovi movimenti fioriti nella Chiesa, 
specie fra i giovani, e che ha colto e denunciato la “questione 
antropologica” che oggi nel mondo sta bombardando i valori della vita, 
della famiglia e della dignità umana.
 Ha fondato il dialogo della 
Chiesa con la modernità e la vera laicità, così da affascinare 
intellettuali come Habermas, Tronti, Ferrara e Barcellona.
 Eppure 
fin dall’inizio, dalla sua elezione, c’è stata l’occulta e pesante 
opposizione di un establishment cardinalizio oscuro  e pronto – per 
delegittimarlo – perfino allo spergiuro.
 
 L’ATTACCO OCCULTO
 
 Lo dimostra un fatto dimenticato che segnò l’inizio della guerra 
interna contro papa Ratzinger. Benedetto XVI era appena stato eletto, 
nel 2005, e dall’anonimo mondo cardinalizio (più o meno di Curia), 
attraverso il vaticanista Lucio Brunelli, fu fatto pubblicare un 
presunto diario delle votazioni del Conclave da cui emergevano dettagli 
delegittimanti del nuovo pontificato. 
 Un vaticanista autorevole 
come Sandro Magister scrisse: la lettura di quel testo “suggerisce che 
l’‘intenzione’ di pubblicarlo sia stata molto più militante” che 
storico-giornalistica. E lo si sia fatto “per mostrare che la vittoria 
di Ratzinger non è stata per niente ‘plebiscitaria’, che è stata in 
forse fino all’ultimo, che è stata indebitamente favorita dal suo essere
 decano dei cardinali, che i tempi sono maturi per un papa ‘nuovo’, 
magari latinoamericano e che a questi suoi limiti Benedetto XVI dovrebbe
 rassegnarsi”.
 Così scriveva Magister il 7 ottobre 2005. Forse si 
sottovalutò la gravità di quel segnale anonimo, basato peraltro su dati 
delle votazioni che non risultano ad altri. 
 Ripensandoci oggi fa 
impressione che per un tale gesto pubblico di sfida, una fazione di 
cardinali sia stata pronta a sfidare pure Dio con un pubblico spergiuro 
(perché ogni cardinale aveva giurato solennemente sul Vangelo di 
mantenere il segreto su Conclave e votazioni). 
 Negli anni 
successivi il tema della spaccatura e il fantasma dello scisma più volte
 è stato ventilato oscuramente e certo Ratzinger ha sempre voluto 
evitarlo in ogni modo (anche a costo di dimettersi).
 
 ODIO CONTRO IL PAPA
 
 Benedetto ha avuto poi altri nemici interni, nella Curia e 
nell’establishment ecclesiastico, che hanno contestato o boicottato o 
rifiutato il suo magistero, quello tradizionale della Chiesa, avendo i 
media dalla loro.
 Poi Ratzinger ha avuto molti nemici esterni ed è 
stato sottoposto a un bombardamento mediatico senza fine culminato con 
il cosiddetto “scandalo pedofilia” con cui si è preteso di trasformare 
la Chiesa in “imputato globale” (la Chiesa che è perseguitata in mezzo 
mondo nell’indifferenza generale).
 Ma paradossalmente i maggiori 
danni per il pontificato di Benedetto sono forse arrivati dalla Curia e 
dai più stretti collaboratori. 
 
 L’ERRORE
 
 Bisogna 
riconoscere l’errore, forse il maggiore di Benedetto XVI, che – per 
evitare certe potenti realtà curiali (ad esempio facenti capo al 
cardinal Sodano) – chiamò nel ruolo strategico di Segretario di Stato un
 ecclesiastico che conosceva da anni e che credeva potesse essergli di 
aiuto: il cardinale Bertone.
 La plateale inadeguatezza dell’uomo per
 quel ruolo delicato e decisivo – a parere dei più, anche dei 
ratzingeriani più convinti – è ciò che ha fatto precipitare la 
situazione. Che a un certo punto si è fatta drammatica.
 Il 
“cameriere del Papa”, pur sbagliando gravemente nel metodo, ha fatto 
emergere una realtà inaudita dove il Pontefice sembrava pressoché 
esautorato. Lo ha dichiarato di recente il cardinale Maradiaga: dalla 
vicenda Vatileaks “pareva che alcuni documenti non arrivassero nelle 
mani del Papa”.
 Addirittura monsignor Georg Gaenswein, segretario di
 Benedetto XVI, in una intervista al “Messaggero” del 22 ottobre, una 
settimana dopo le dimissioni di Bertone, ha candidamente riferito che 
“Benedetto XVI aveva chiamato Gotti Tedeschi allo Ior per portare avanti
 la politica della trasparenza”, ma nonostante fosse stato lui stesso a 
volerlo lì, quando costui fu defenestrato, il Papa non ne sapeva niente e
 “restò sorpreso, molto sorpreso per l’atto di sfiducia al professore. 
Il Papa lo stimava e gli voleva bene”.
 Un fatto emblematico della 
situazione oltretevere, anche se ci sarebbe da chiedersi cosa faceva, 
nel frattempo, don Georg vedendo questa realtà….
 
 IL MISTERO DI OGGI
 
 Col più grande gesto di umiltà Benedetto, alla fine, ha ritenuto di 
aiutare la Chiesa azzerando tutto, a cominciare da se stesso. E si 
concepisce ora nel ruolo di Mosè che prega sulla montagna mentre Giosuè 
combatte. 
 Tuttavia anche per Giosuè-Francesco sono cominciati in 
questi giorni gli attacchi e le prove più dure: da quelli esterni (vedi 
l’incredibile denuncia dell’Onu) a quelli interni che puntano a usare il
 prossimo Sinodo per ribaltare la Chiesa.
 Se, per la prima volta 
nella storia, oggi la Chiesa si trova con due papi è davvero il segno 
che è un tempo di prova senza eguali. 
 Un dettaglio. Ratzinger non 
solo ha voluto restare “nel recinto di Pietro”, ha voluto conservare il 
titolo di “papa emerito” e l’abito bianco, ma – si è saputo di recente –
 ha gentilmente declinato la proposta dell’arcivescovo Montezemolo di 
cambiare il suo stemma araldico. 
 Il Vaticano ha così fatto sapere 
che Benedetto “preferisce non adottare un emblema araldico espressivo 
della nuova situazione creatasi con la sua rinuncia al Ministero 
Petrino”. Se è un segnale significa che papa Benedetto c’è. Che il Cielo
 protegga la sua vita. 
  
 
 Antonio Socci
 
 Da “Libero”, 9 febbraio 2014
CATHOLICA FORMA : Non basta dirsi cristiani. Il credere deve avere una forma. La forma cattolica è il modo in cui la sostanza della fede cristiana prende corpo nel cuore dei credenti. Questo spazio vuole essere un luogo per mostrare la bellezza della fede cattolica.
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