FRANCESCO ARZILLO
(Magistrato amministrativo a Roma. Il suo ultimo libro: “Esperienza giuridica e senso comune. Sul fondamento ontologico del diritto”)
Lo
scritto di Giovanni Onofrio Zagloba si segnala per un approccio pacato
al tema dei divorziati risposati, che oggi è all’attenzione
dell’opinione pubblica ecclesiale: approccio accompagnato dalla sua
manifestazione di disponibilità – in spirito autenticamente cattolico,
oltre gli opposti integralismi dei tradizionalisti e dei progressisti – a
recepire le decisioni che saranno adottate in merito dalla suprema
autorità ecclesiale.
Non
intendo qui soffermarmi sulla particolare declinazione che la nota di
Zagloba offre in ordine alla prima delle ipotesi prospettate dal cardinale Kasper, la quale rimane ancorata al classico profilo della nullità del primo matrimonio.
Voglio
piuttosto segnalare una carenza del dibattito pubblico corrente in
merito alla seconda ipotesi avanzata da Kasper, la quale attiene alla
possibilità di un cammino penitenziale che conduca alla riammissione
all’Eucarestia di un divorziato risposato in casi particolari, anche in
assenza della dichiarazione di nullità del primo matrimonio.
Il
dibattito tende a concentrarsi sui profili pastorali, letti in
relazione a quelli storici, intendendo per tali soprattutto quelli
concernenti la prassi e la dottrina della Chiesa antica.
In
parallelo si accenna spesso ai profili morali. Su questo punto – che
attiene principalmente al foro interno – ci sarebbe molto da dire. I
riferimenti all’equiprobabilismo e all’epicheia andrebbero seriamente
approfonditi, dato che non si tratta di chiavi che possano aprire
tutte le porte. Per fare un esempio un po’ forte ma chiaro, è evidente
a tutti che nessun criterio tratto dai sistemi morali classici o
dall’epicheia potrà mai legittimare un aborto volontario, come tutti
sanno e come risulta chiaramente dai principi enunciati – tra l’altro –
dall’enciclica “Veritatis splendor”.
Non è però su questo che vorrei richiamare l’attenzione.
Mi preme piuttosto ricordare che alla base di tutto ci sono
problemi dogmatici gravissimi, che risultano dalla pura e semplice
lettura dei canoni tratti dal Concilio di Trento, e in particolare di
due di essi:
-
“Se qualcuno dirà che per motivo di eresia o a causa di una convivenza
molesta o per l’assenza esagerata dal coniuge si può sciogliere il
vincolo matrimoniale, sia anatema”.
-
“Se qualcuno dirà che la Chiesa sbaglia quando ha insegnato ed insegna
che secondo la dottrina evangelica ed apostolica (cfr. Mt 5, 32; 19,9;
Mc 10, 11 12; Lc 16, 18; 1 Cor 7,11) non si può sciogliere il vincolo
del matrimonio per l’adulterio di uno dei coniugi, e che l’uno e
l’altro (perfino l’innocente, che non ha dato motivo all’adulterio)
non possono, mentre vive l’altro coniuge, contrarre un altro
matrimonio, e che, quindi, commette adulterio colui che, lasciata
l’adultera, ne sposa un’altra, e colei che, scacciato l’adultero, si
sposa con un altro, sia anatema”.
Non
occorre essere teologi di professione per comprendere che l’attuale
posizione ufficiale della Chiesa ha un retroterra che attinge in ultima
analisi alla sfera del dogma.
E
non potrebbe essere altrimenti, dato che il matrimonio cristiano è un
sacramento. Come del resto lo è anche l’Eucarestia, per la quale vigono
parimenti dei precisi pronunciamenti – anchessi di natura dogmatica e
non meramente disciplinare – che ne riservano, sulla scia di San Paolo,
la ricezione ai soli fedeli che non si trovino in peccato mortale.
Ogni ipotesi di superamento della disciplina attuale deve confrontarsi con questi dati.
Certamente
i teologi potranno approfondire ulteriormente l’interpretazione di
questi come di altri testi rilevanti, fornendo materiale di riflessione
utile per gli ulteriori pronunciamenti vincolanti del magistero.
Si
tratta peraltro di un lavoro eccezionalmente complesso, che non può
essere banalizzato nella sede del dibattito pubblico e giornalistico,
dando l’erronea impressione che tutto sia disponibile e modificabile a
piacere. O che si tratti di comprendere oggi, come se fosse la prima
volta, questioni studiate e approfondite da secoli, in contesti e in
epoche molto difficili.
In
questo modo non si renderebbe un buon servizio né alla verità né alla
carità, sempre indissolubilmente congiunte nell’azione pastorale della
Chiesa.
A
quest’ultimo riguardo, infine, non bisogna fraintendere il ruolo
dell’opinione pubblica ecclesiale, in ordine al quale occorre ricordare
due punti fondamentali.
Anzitutto, è
noto che la dottrina classica sul matrimonio riscuote una diffusa
adesione in Africa e in Asia. E non è corretto preferire
metodologicamente le inquietudini europee e americane, come se solo
queste e non le prime costituissero espressione dei cosiddetti segni
dei tempi.
Inoltre, e da ultimo, va ricordato il documento “Donum veritatis“,
nel quale si censura quella argomentazione sociologica secondo la
quale l’opinione di un gran numero di cristiani sarebbe un’espressione
diretta ed adeguata del “senso soprannaturale della fede”:
“In
realtà le opinioni dei fedeli non possono essere puramente e
semplicemente identificate con il ’sensus fidei’. Quest’ultimo è una
proprietà della fede teologale la quale, essendo un dono di Dio che fa
aderire personalmente alla verità, non può ingannarsi. Questa fede
personale è anche fede della Chiesa, poiché Dio ha affidato alla Chiesa
la custodia della Parola di Dio e, di conseguenza, ciò che il fedele
crede è ciò che crede la Chiesa. Il ’sensus fidei’ implica pertanto, di
sua natura, l’accordo profondo dello spirito e del cuore con la Chiesa,
il ’sentire cum Ecclesia’. Se quindi la fede teologale in quanto tale
non può ingannarsi, il credente può invece avere delle opinioni erronee,
perché tutti i suoi pensieri non procedono dalla fede. Le idee che
circolano nel Popolo di Dio non sono tutte in coerenza con la fede,
tanto più che possono facilmente subire l’influenza di una opinione
pubblica veicolata dai moderni mezzi di comunicazione”.
CATHOLICA FORMA : Non basta dirsi cristiani. Il credere deve avere una forma. La forma cattolica è il modo in cui la sostanza della fede cristiana prende corpo nel cuore dei credenti. Questo spazio vuole essere un luogo per mostrare la bellezza della fede cattolica.
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