LA CHIESA
La Chiesa di San Giuseppe fu costruita nel 1504 da
parte di un devoto nel suo podere sito nel quartiere medievale extra moenia
detto del Casale. La cura della Chiesa e lo sviluppo della devozione a San
Giuseppe furono affidate alla nata confraternita di cui facevano parte i
nobili, i cavalieri e tutti gli artigiani di Scicli. Nei primi del 1600 la
Confraternita di Santa Agrippina, dopo aver ceduto il proprio oratorio e il
proprio orto ai Frati minori cappuccini perché vi costruissero il loro convento
con annesso lazzaretto per la cura degli appestati, si fuse con la
Confraternita di San Giuseppe e trasferì il suo altare con il simulacro della
santa presso la chiesa di S. Giuseppe. A partire da questo periodo la chiesa fu
elevata a Gancia della Matrice come succursale per l’amministrazione del
battesimo, dell’unzione degli infermi e del viatico ai fedeli che non potevano
salire sul colle dirimpetto alla chiesa di San Matteo. Perciò ebbe il
privilegio di poter avere il fonte battesimale e la conservazione degli olei
sacri e del Santissimo Sacramento pur non essendo chiesa parrocchiale. Come
tutte le altre chiese del Val di Noto crollò in buona parte nel terremoto del
1693 e i lavori di ricostruzione furono ripresi già ai primi del 1700 con
l’impianto di una nuova chiesa in stile barocco in armonia con tutte le altre
chiese ed edifici della città. I lavori furono terminati nel 1772 così che al
presente abbiamo una chiesa a navata unica con cinque nicchie per lato dove
sono collocati gli altari laterali e un grande catino absidale con l’altare
maggiore e un presbiterio spazioso. La decorazione dello spazio interno è
pregevole per gli stucchi e la tenue colorazione delle volte secondo il nuovo
gusto dell’epoca. Purtroppo un primo restauro degli anni ’60 ha un po’ tradito
l’armonia primigenia e il primitivo progetto della chiesa settecentesca con la
distruzione dell’altare maggiore e di tutta la decorazione absidale e dei
quattro altari laterali. La chiesa è stata elevata a parrocchia il 1 dicembre
1950 ed è tuttora aperta a tutte le attività pastorali. Di interesse artistico nella chiesa si trovano la
statua marmorea di Santa Agrippina,
in marmo bianco colorato, su una base che porta in bassorilievo la storia del
martirio della santa, datata 1497 e
attribuita al famoso scultore Donatello Gagini, inserita in una parete
abbellita da un panneggio in stucco dorato con al centro la colomba dello
Spirito Santo; il fonte
battesimale con catino in unico pezzo in pietra dura locale sormontato da
copertura lignea a cupola ottogonale; due
angeli che reggono una conchiglia a mo’ di acquasantiera in pietra dura locale ai due lati dell’ingresso della
chiesa di pregevole fattura; un
crocifisso ligneo attualmente conservato in una nicchia laterale; La statua lignea di San Giuseppe, realizzata
tra il 1773 e il 1780, rivestita
parzialmente con lamine di argento decorate con motivi floreali a cura di Don
Giuseppe Iemmolo e del Barone Penna che donarono dieci once d’argento ad hoc.
L’incarico della statua fu dato al napoletano Pietro Padula, autore del presepe
ligneo conservato nella chiesa di San Bartolomeo di Scicli. L’opera, interrotta
a causa della morte del Padula avvenuta nel 1778 fu ultimata dallo scultore
sciclitani Pietro Cultraro (o Cultrera). Un quadro con la Madonna delle Grazie tra le sante martiri siciliane Agata e Lucia
e le anime del Purgatorio, ex voto di un certo D’Antonio di Lorenzo datato 1745
di buona fattura locale; Un quadro della stessa epoca raffigurante la cacciata dei venditori dal tempio in una ricca
cornice lignea dorata di stile barocco; La balconata lignea del coro dove era
situato l’organo a canne della stessa epoca, con pregevoli decorazioni
barocche. la sede lignea del celebrante e i due sgabelli decorati a foglie di
oro zecchino e le due consolle laterali dell’altare maggiore in legno.
LA RETTORIA DEL CALVARIO
Poco più in alto della chiesa parrocchiale si trova la
chiesa rupestre di Santa Maria al Monte calvario. Scavata nella roccia ha un
abside arricchito da un altare barocco con un paliotto con un altorilievo della
Deposizione. Sull’altare è collocato un sepolcro in pietra con una scultura
anche essa lapidea del Cristo morto. Ai lati del presbiterio in due nicchie
laterali si trovano i busti in pietra della vergine Addolorata e di San Giovanni.
Nelle pareti rimangono tracce di una ricca decorazione a pannelli colorati.
Ancora oggi nella chiesa si tengono le Ufficiature della settimana santa. Dopo
il crollo di San Matteo e delle altre chiese, questa chiesa ebbe il privilegio
di fungere da matrice per tutto il periodo della ricostruzione dopo il
terremoto.
LA FESTA
La chiesa di San Giuseppe a Scicli è il centro della
devozione cittadina al Santo Patriarca. La festa di San Giuseppe a Scicli
infatti è una delle più tradizionali e antiche non solo della città ma
dell’intera provincia. E’ all’estendersi della devozione a San Giuseppe in
epoca post-tridentina dovuta ai vari ordini religiosi presenti nella nostra
Isola che anche a Scicli prese forma la festa nella sua configurazione attuale
che ha i due punti peculiari nella Cavalcata e nella Cena, oltre alle consuete
espressioni religiose legate alla processione e agli altri riti liturgici. In
tante feste patronali non solo isolane ma anche nel meridione d’Italia noi
troviamo una Cavalcata di Nobili che vanno a rendere omaggio al Santo Patrono
sontuosamente vestiti e con cavalli riccamente bardati. La peculiarità della
cavalcata di Scicli in onore di San Giuseppe è data anzitutto dalle gualdrappe
delle cavalcature che sono realizzate non in stoffa ma decorate interamente con
il fiore della violacciocca, in dialetto locale “BALUCU”. La scelta di questo
fiore è determinata dal fatto di essere conosciuto, per la sua forma, come
“bastone di San Giuseppe” (a ricordo del miracolo della sua elezione a sposo
della Vergine Maria) come ricorda il nome stesso: Balucu da “BACULUM (=
bastone)”. Secondo la tradizione quindi ancora al presente la vigilia della
festa un gruppo di cavalieri vestiti con gli antichi costumi contadini
(pantaloni e gilet di velluto nero, camicia bianca ricamata, fascia multicolore
intessuta ai fianchi, fazzoletto rosso, burritta, stivali e pipa di canna) e a
cavallo di queste cavalcature riccamente addobbate si danno appuntamento nella
piazza centrale della città da dove, all’ora stabilita, il corteo si muove
dirigendosi verso la chiesa di San Giuseppe. Sul sagrato ci si ferma insieme
per ricevere la benedizione e prendere “in consegna” tre figuranti che
interpretano la Santa Famiglia. Infatti nel corso degli anni la seconda parte
della Cavalcata si è rivestita di un particolare significato religioso,
passando da un semplice atto di omaggio alla rievocazione della FUGA IN EGITTO.
I cavalieri dunque faranno quasi da scorta alla Santa Famiglia che con un
asinello farà il giro della città rievocando le tappe della fuga e della
ricerca di ospitalità, mentre al passaggio del corteo tutti gridano: Patriarca,
Patriarca!!! Dietro di loro segue ogni tipo di cavalcatura: cavalli, muli e
asini e, dopo quelli bardati, anche quelli con solo campanacci o niente
semplicemente, tutti con in mano le tradizionali ciaccare, le fiaccole per
illuminare la strada fatte con gli steli del locale ampelodesmo. Lungo il
percorso la Cavalcata si fermerà in vari punti della città dove sono accesi i
“PAGGHIARA” caratteristici FALO’ per illuminare e riscaldare la Famiglia in
fuga. Gli abitanti del quartieri che curano il falò offriranno così ospitalità
e qualcosa da mangiare ai membri della cavalcata che poi riprenderà il suo giro
della città per concludersi nuovamente sul sagrato della Chiesa di San
Giuseppe. I falò accesi, dal loro significato apotropaico antico, passeranno
poi a costituire i punti di ritrovo e di incontro delle famiglie del quartiere
e degli amici e dei passanti che saranno ospitati cortesemente in una serata in
cui la condivisione del cibo diventa elemento aggregante e fonte di comunione e
gratuità. Della festa in passato si sono occupati storici locali come il nostro
Carioti e poi il Pitrè e Serafino Amabile Guastella. Vedere infatti i cavalli
coperti dai manti infiorati in mezzo ai bagliori delle fiaccole e dei falò e
fra lo scampanio assordante delle sonagliere e il vociare dei cavalieri
rappresenta certamente uno spettacolo eccezionale e di grande attrazione
turistica. La festa liturgica che ha i
suoi prodromi nei sette mercoledi precedenti si concentra poi nella
celebrazione della festa esterna con le Messe e nella processione pomeridiana del
Simulacro del Patriarca cui intervengono di nuovo i cavalieri, stavolta senza
le bardature (esposte come atto di omaggio sul sagrato della chiesa) ma ai
cavalli sono messi solamente i FILARI al collo con tante campane appese e dal
suono caratteristico. La serata è conclusa dalla CENA (vendita all’incanto cioè
dei doni offerti per i poveri e per i bisogni della chiesa: ceste di primizie e
di frutta, formaggi, animali dolci tipici locali, vini, centrini ricamati e
prodotti dell’artigianato locale) e dallo spettacolo pirotecnico. A queste
manifestazioni principali ogni anno sono connesse altre attività di vario genere
che ne costituiscono quasi la cornice.
LA PARROCCHIA
Il territorio della parrocchia comprende l’antico quartiere del Casale (la
cui caratteristica delle viuzze che si arrampicano sul lato della collina della
Croce e rimasta soprattutto nel quartiere dell’Altobello) a cui man mano si
sono aggiunti gli altri quartieri storici della Villa Penna, di San Marco,del
Gesso e, in basso le vie parallele all’ex via larga di San Giuseppe. La
parrocchia si estende però ampiamente verso tutte le contrade di campagna che
fanno capo alle due strade per Sampieri e per Cava d’Aliga. Proprio per le sue
vicende storiche nel quartiere di San Giuseppe sono convissuti sempre insieme
la parte nobiliare ed alto borghese (di cui rimangono gli eleganti palazzotti)
con la parte popolare formata da artigiani di vario genere ed agricoltori. Dopo
gli anni della fuga verso le nuove zone adesso si registra un ritorno verso le
vecchie case che vengono riadattate per le moderne esigenze. Inoltre in questi
ultimi anni si registra anche un notevole incremento della presenza di
immigrati polacchi, marocchini, tunisini e senegalesi. Nel guarire la comunità
islamica ha aperto pure una moschea per la preghiera e gli incontri comunitari.
Il tasso di natalità non è basso come
altrove per cui ancora si possono vedere bambini giocare insieme nelle stradine
della parrocchia. Come alto è il numero delle persone anziane e sole. Certo,
una attenzione maggiore da parte della pubblica amministrazione verso questo
quartiere non dispiacerebbe (pulizia strade, recupero villa penna, migliore
illuminazione, aiuti per chi vuole recuperare le abitazioni antiche…). La parrocchia sta cercando, pur nella povertà
di mezzi (fondi disponibili, mancanza di locali adatti, atteggiamento passivo
di tante persone), di diventare non solo centro di evangelizzazione ma anche di
promozione umana, specie in casi di disagio familiare. Inoltre si sta facendo
un lavoro per stimolare, specie i
giovani, ad un senso di appartenenza che
si sta perdendo: crediamo che le nuove generazioni devono essere aiutate e
invogliate a recepire e a continuare i tesori di tradizione, di pietà popolare
e di folklore patrimonio della nostra terra: e il quartiere di San Giuseppe e
la sua festa sono proprio ricchi di quanto di meglio la nostra storia locale ci
possa dare. Da un sano orgoglio in questo senso penso potrà nascere anche la
voglia per gli abitanti di un riscatto sociale del quartiere.
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