Tengo una rubrica su un mensile
locale dal titolo “Confessioni ad alta voce”.
Decidere di “confessarsi in
pubblico” è sicuramente per certi versi un’operazione - mi si passi il termine
- “spudorata” : è un presentarsi “nudi” all’occhio del lettore che può
essere a volte benevolo, a volte spietato.
“Confessione”: è proprio il meccanismo che, credo,
oggi ci possa far uscire non solo da una sorta di buio anonimato in cui come si
dice “tutte le mucche sono nere”, ma anche da un certo solipsismo spirituale
che ci fa rinchiudere ognuno nella coltivazione del proprio “hortus conclusus”.
Non per fare buonismo: ma se
ognuno di noi “confessasse” (nel senso etimologico del termine proprio di
rendere testimonianza) il bene che c’è in noi e nel mondo (per chi crede: che
Dio ha messo in noi e nel mondo) coinvolgendo gli altri in questa
testimonianza, credo che nei giornali troveremmo meno cronaca nera (e di tanti
altri colori) e più sentimenti autentici. Meno bruttura e più bellezza :
non sarà proprio quest’ultima che Dostoievskj dice dovrà salvare il mondo? Confessarsi
a partire dai richiami al vissuto e al duro mestiere di vivere illuminato
tuttavia dalla Grazia, credo si possa inscrivere proprio su questa linea.
E solo così credo si possa
avviare un vero dialogo con gli altri compagni di viaggio, viatores con meta o
in cerca di meta.
Anche se questo comporta l’impegno
di continuare a parlare il “patois” di Canaan, cioè il dialetto di Palestina
che - fuor dai veli - è lo stile semplice e immediato che privilegia i rapporti
umani prima che le dotte elucubrazioni: è lo stile del Cristo pellegrino fra le
strade di Galilea che prego giorno dopo giorno di far mio. Confesso che non è
facile parlarlo, per chi come me, è più impastato di latino e greco, di
“lettere e filosofia” ! Ma ho scelto di servire un Dio che spesso si
rivela ai semplici e irride le intellighentie:
per questo mi è gradito l’esercizio di un ministero in una parrocchia in cui
sono costretto ogni volta a rimettere i piedi a terra e la testa fuori dalle
nuvole ! Se sia umiltà la mia non
spetta a me dirlo (potrebbe pure essere bencelato orgoglio): certo per me è
un’occasione di maturazione e...senza timore di ripetermi, di Grazia!
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