OMELIA
Nel
1208 la beata Giuliana di Retìne, priora nel Monastero di Monte Cornelio
presso Liegi, ebbe una visione mistica in cui una candida luna si presentava in
ombra da un lato.
Un’immagine
che rappresentava la Chiesa del suo tempo, (cfr. MYSTERIUM LUNAE richiamato nel
prologo della Lumen Gentium) che ancora mancava di una solennità in onore del
Santissimo Sacramento.
Fu
così che il direttore spirituale della beata, il canonico Giovanni di Lausanne,
supportato dal giudizio positivo di numerosi teologi presentò al vescovo la
richiesta di introdurre una festa diocesi in onore del Corpus Domini.
Il
via libera arrivò nel 1246 con la data della festa fissata per il giovedì dopo
l’ottava della Trinità. L’estensione
della solennità a tutta la Chiesa però va fatta risalire a
papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto
1264.
È
dell’anno precedente invece il miracolo eucaristico di Bolsena, nel
Viterbese. Qui un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre
celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio
della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia
uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco
corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre
dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina.
Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì
successivo alla prima domenica dopo Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua).
La festa
del Corpus Domini è dunque comprensibile solo se riallacciata e ricollocata
nella cornice della Pasqua e della istituzione della eucaristia: la preghiera
di colletta della Messa oggi infatti ci ricorda che nell’Eucaristia il Cristo
ci ha lasciato il memoriale della Pasqua.
Le
stesse letture che la Chiesa oggi ci fa proclamare ci riportano a quanto è
avvenuto la sera di quella ultima cena di Gesù con i suoi.
E’ la
cena in cui gli ebrei, si può dire, ricordano ancora oggi la loro nascita come
popolo in seguito alla loro elezione, liberazione e alleanza da parte di Dio.
Ce lo
ricorda la prima lettura che abbiamo ascoltato: dopo il passaggio del mar
Rosso, il popolo ai piedi del Sinai è interpellato dal Signore, tramite il suo
prescelto, Mosè.
Al popolo
Dio propone un patto, una alleanza: egli si offre come loro Liberatore,
Riscattatore e Vindice, come espressione del suo amore e della sua vicinanza di
cui ha dato prova nel riscattarli dalla schiavitù del Faraone. Al popolo chiede
che l’osservanza dei suoi precetti.
Il
popolo risponde: <<Quanto il Signore ha detto noi lo faremo e lo
ascolteremo>>.
Si
stipula così patto col sacrificio di comunione in cui tutte le parti mangiano
l’agnello sacrificale, del cui stesso sangue è asperso l’altare e il popolo:
segno di quel vincolo nuovo che ormai lega Dio al suo popolo.
Gli
antichi, e in particolare gli Ebrei, sigillavano un
contratto di alleanza col sangue delle vittime offerte. Così avvenne
al Sinai per l'alleanza dell'antica legge. In questo rito, Mosè richiama le
parole e la legge di Dio, legge «scritta», intangibile;
il popolo riafferma la sua volontà di metterla in pratica e di
obbedire a Dio. Quindi Mosè asperge col sangue delle vittime l'altare e lo
stesso popolo. Il sangue, che è vita, indica che l'alleanza è vitale; sparso
sull'altare e sul popolo, significa che tra il popolo e Dio vi è
comunione: nella fedeltà all'alleanza, il popolo vive della vita di Dio.
Ma noi
sappiamo quanto fragile fu in realtà questa alleanza: nella storia del popolo si
annida la tentazione dell’infedeltà al patto.
Patto
innumerevolmente rotto e infranto.
Questo
farà sì che Dio prometta tramite i suoi profeti, basti pensare a Geremia ed
Ezechiele, Isaia e Zaccaria, la stipulazione di una nuova alleanza col suo
popolo.
Nella
istituzione dell’eucaristia, sarà il Cristo stesso che presenterà la sua morte
come il sacrificio della nuova alleanza.
Cristo
non solo presenta se stesso come il latore della proposta di una nuova alleanza
da parte di Dio, è più di un portavoce, come allora lo era stato Mosè: egli si
presenta come come la stessa vittima sacrificale grazie al quale si può
ritornare a celebrare la comunione con Dio: <<prendete e mangiate, questo
è il mio corpo>>.
Mosè
prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza
che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!»
Ma
Cristo non prende il sangue di un altro sacrificio: dice <<Questo è il
mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti.>>
E come
agnello sacrificale ormai è il suo sangue stesso che sarà asperso, sparso sulla
moltitudine come segno della nuova comunione di vita con Dio.
Ecco
perché l’autore della lettera agli Ebrei ci ha detto: <<Fratelli, Cristo
è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri… Egli entrò una volta per sempre
nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del
proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna>>.
Nella
sua morte Cristo si presenta così al tempo stesso come il Sacerdote e
l’agnello, immolatore e vittima sull’altare della croce.
Un
sacrificio che, proprio perché non parla più il linguaggio dei segni, ma quello
della realtà, è dunque presentato ormai eterno e irripetibile.
L’alleanza
che Dio stipula con noi tramite il suo Figlio e grazie al dono della vita del
Figlio, <<per noi uomini e per la nostra salvezza>> è ormai non
solo nuova ma anche eterna, unica, irripetibile.
Ci
ricorda ancora la lettera agli Ebrei: <<Per questo egli è mediatore di
un'alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle
trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati
ricevano l'eredità eterna che era stata promessa>>.
E il
frutto di questa nuova ed eterna alleanza è il perdono dei peccati e la vita
nuova che il Padre ci dà la grazia di vivere per il sacrificio del Figlio e col
dono dello Spirito Santo.
Cosa
è dunque la celebrazione dell’Eucaristia, della messa, se non la celebrazione
del memoriale del sacrificio della nuova alleanza?
Così
infatti abbiamo pregato:
COLLETTA
Signore,
Dio vivente, guarda il tuo popolo radunato attorno a questo altare, per
offrirti il sacrificio della nuova alleanza;
SEQUENZA
Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo,
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo,
Ecco
cosa noi vogliamo chiedere al Signore oggi: la grazia di vivere nella
consapevolezza ogni giorno di essere il popolo della nuova alleanza.
come ci
ricorda san Pietro <<Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale,
nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché
proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle
tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo,
ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla
misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia>>.
E come
popolo a cui è stata usata misericordia la grazia e l’impegno di annunziare ai
fratelli l’amore del Signore:
<<Che cosa renderò al
Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore>>.
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore>>.
E’
questo il nostro modo, l’unico, di partecipare al <<sacerdozio santo>>:
di vivere la nostra comunione con Dio: <<offrire sacrifici spirituali
graditi a Dio, mediante Gesù Cristo>>.
Se
davvero abbiamo compreso il sacrificio di Cristo non possiamo non fare come
lui: <<Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire
i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il
vostro culto spirituale.>>
In
concreto che fare? Ce lo ricorda ancora san Pietro:
<<Carissimi,
io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai cattivi desideri
della carne, che fanno guerra all’anima. Tenete una condotta esemplare fra
i pagani perché, mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre
buone opere diano gloria a Dio nel giorno della sua visita>>.
L’Eucaristia
permei la nostra vita, così che tutta la vita diventi eucaristia.
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