Introduzione
- Per una metodologia del confronto
1. La necessità di un confronto serio con l’Islam.
Il discorso sull’Islam deve iniziare da una conoscenza oggettiva dell’identità islamica
(ed è quanto faremo nella prima parte
di questa relazione, con l’esposizione dell’Islam a partire dall’Islam stesso)
per poi andare ad un confronto con
l’oggettiva identità cristiana (ed è quanto faremo nella seconda parte di questa relazione a
partire dalla domanda del rapporto dell’Islam con l’economia salvifica
cristiana, giacché l’Occidente è stato “formato” dalla tradizione
giudaico-cristiana): nel discernimento sarà così facile evidenziare convergenze
o differenze tra cristianesimo ed islam e da qui l’indicazione di alcuni punti fermi per il confronto e il
dialogo (ed è quanto faremo nella terza
parte).
2. Attenzione
alle false letture “occidentali”: per evitare di parlarsi addosso tra
occidentali…
Premessa.
1. Il mondo di provenienza di Mohamed: il paganesimo politeista della penisola araba.
2. L’esperienza personale di Mohamed: non si capisce l’Islam senza nonoscere la vita di Mohamed
1. Maometto e la fondazione dell’Islam come superamento e correzione di ebraismo e cristianesimo
1.
La visione islamica dell’ebraismo
Mohammed non ha una conoscenza diretta dell’ebraismo
classico e canonico: conosce solo alcune tradizioni orali e alcune storie
bibliche mediate dai racconti del Talmud e dalle scuole rabbiniche tramite quei
gruppi di ebrei che per sfuggire alle persecuzioni avevano trovato rifugio in
Arabia e nello Yemen, a Medina prima ancora che giungessero gli arabi si
trovavano tre tribù ebraiche: Mohammed in principio sperò di essere accolto
dagli ebrei come un continuatore degli antichi profeti, ma nonostante gli
sforzi per ingraziarseli, quali ad esempio l’indicazione primitiva di pregare
verso Gerusalemme non riuscì nel suo proposito.
Sia per i contrasti avuti con gli ebrei a Medina, che lo
porterà ad esiliare due tribù da Medina e a comandare l’eccidio totale della
terza, sia per la considerazione di corruttori delle Scritture e trasgressori
dei patti con Dio, sia per il fatto che la loro serie dei “profeti” si ferma
alla storia antica di Israele, Mohammed non ha una buona considerazione per gli
ebrei.
Da notare come Mohammed ha una visione meccanica della
Rivelazione, data sempre da Dio tramite uno scritto: così è per Mosè a cui Dio
consegna la Torà, così è per Davide a cui Dio consegna il libro dei Salmi (di
passaggio sottolineiamo questa stranezza su Davide a cui però poi nel Corano
non consegue nessuna rilevanza né teologica né cultuale).
2.
La visione islamica del cristianesimo
Allo stesso modo i cristiani, chiamati a raddrizzare gli
errori degli ebrei, alla fine secondo Mohamed si sono corrotti anche loro. Mohammed
non conosce direttamente né i vangeli né le formulazioni dogmatiche ufficiali
della Chiesa: la sua conoscenza deriva dai racconti dei vangeli apocrifi e da
un contatto con cristiani (monaci?) monofisiti
e nestoriani di origine copta-abissina o siriaca dei superstiti staterelli
cristiani della penisola arabica, comunque sono fonti eterodosse che minano già
all’origine una corretta conoscenza del cristianesimo. Anzi anche qui sembra
che il Corano non conosca la quadruplice redazione dei vangeli ma, parlando del
Vangelo sempre al singolare, di fatto – come per il libro della Torà di Mosè e
il libro dei Salmi di Davide – anche qui si dà l’idea del Vangelo come un libro
unico per i cristiani.
Stando ad alcune affermazioni del Corano, i cristiani
dovrebbero essere più vicini ai musulmani, giacché l’accettazione del libro del
Vangelo, permette di comprendere tutta la linea degli inviati di Dio fino a Gesù,
venuto a preparare la strada a Mohammed. Ma se gli ebrei sbagliano a non
considerare Gesù come messia, altrettanto sbagliano, per il Corano, i cristiani
a considerare Gesù figlio di Dio. Comunque una sura afferma esplicitamente che “tra i nemici più perfidi si trovano i
giudei, mentre più cordialmente vicini
ci sono i cristiani per la loro mitezza”.
Tuttavia questo riconoscimento non porta assolutamente ad
una visione positiva del cristianesimo, giacché per salvarsi è detto
esplicitamente che né ebrei né cristiani si salveranno ma solo i musulmani:
unica eccezione che viene fatta è a livello politico, con la concessione della
protezione accordata a ebrei e cristiani, dietro il pagamento di un tributo, che ne fa però cittadini di
seconda categoria senza o quasi nessun diritto. Mentre infatti non c’è nessuna
pietà per i pagani che sono combattuti finché non saranno andati via da un
paese musulmano, il comando nei confronti di ebrei e cristiani è attenuato: “combatteteli finché non paghino il tributo
uno per uno, umiliàti” (Sura IX,29).
3. La missione che Mohamed si affida
Mohammed dunque pensa alla sua missione come
restaurazione della “religione”
universale e unica a cui Dio aveva chiamato ogni uomo a partire da Adamo.
E dopo il peccato di Adamo ed Eva e la
depravazione della prima generazione, Dio col diluvio purifica l’umanità e con Noè inizia una nuova storia.
Dio avrebbe affidato a Mohammed l’incarico
di essere suo messaggero con l’intenzione di riportare gli uomini nella
tradizione religiosa precedente, che si fa risalire a Noè.
Il messaggio che deve recare Mohammed serve come:
- correzione del messaggio divino travisato
da ebrei e cristiani (personaggi ed episodi sono riletti in chiave islamica)
- superamento del messaggio della torà
ebraica e del vangelo cristiano
- completamento (o meglio, restaurazione)
della rivelazione circa il vero culto da dare a Dio, restaurazione cominciata
con la Torà e il Vangelo ma poi tradita a causa della corruzione dei testi da
parte di ebrei e cristiani.
Mohammed
sarebbe così il vero interprete di tutti i testi sacri precedenti che
vengono considerati corrotti: Dio ha veramente parlato nei testi biblici
ebraici e cristiani ma questi li avrebbero corrotti per non fare la volontà di
Dio perciò cristiani ed ebrei devono accettare il messaggio del Corano che
viene a correggere le loro Scritture interpolate: così facendo ebrei e
cristiani ritornano al vero culto di Noè!
Come dire che – secondo il Corano - si può essere cristiani o ebrei autentici solo se
si diventa musulmani! Bisogna fare attenzione a questa affermazione che è
quella che anima ad esempio quella che potremmo chiamare la missione islamica ad gentes e che spesso
è sottesa nel rapporto tra cristianesimo ed islam:
4. La vera religione: la storia del mondo secondo l’islam
Vediamo in sintesi la lettura di questa
storia.
Secondo il Corano, Dio creando Adamo avrebbe voluto un culto
universale da tutti gli uomini, ma con la corruzione a causa dell’immoralità
crescente Dio passa a punire gli uomini con il diluvio universale.
Con Noè
Dio inizia una nuova storia dopo il diluvio e tramite le varie dinastie dei
discendenti di Noè avrebbe voluto essere conosciuto e adorato da tutti i
popoli, cosa che invece non avviene.
Noè è il capostipite del vero culto ma dopo
la sua morte gli uomini traviano dal vero culto: tutta la storia successiva è
la storia di questo traviamento, nonostante Dio ogni tanto abbia tentato di
mandare suoi inviati per restaurare il vero culto.
Abramo
è il primo, ma nonostante la sua fede personale non riesce nell’intento di
riportare gli uomini al vero culto;
Così non ci riuscirà neanche Mosè e gli altri che verranno dopo di
lui;
Alla fine Dio manda Gesù, uomo santo e pio, appellato con diversi attributi tra cui
Messia, Verbo di Dio, Spirito di Dio, per preparare la strada a Mohammed, il restauratore finale del
vero culto di Noè che ebrei e cristiani non hanno osservato tradendo le
consegne che Dio aveva fatto con loro tramite le loro Scritture sacre.
5. Il Corano come nuovo e ultimo libro sacro
Sappiamo come Mohammed presenti il Corano come il libro
sacro che è in cielo presso Dio e che viene fatto scendere su Maometto tramite
l’angelo Gabriele in lingua araba perché lo comunichi a tutti.
Da notare come le tribù arabe erano illetterate per cui il
Corano in arabo è anche il primo esempio di letteratura araba e perciò la
lingua araba è pensata così strettamente connessa al testo sacro che è
impensabile una traduzione in altre lingue del Corano.
In realtà il Corano si potrebbe intendere quasi come il
“verbale” delle supposte rivelazioni/messaggi che Mohamed avrebbe ricevuto
6. Mohammed e i personaggi biblici riletti nel Corano
Ma vediamo il ruolo di Mohammed più da vicino.
Secondo il Corano Dio chiama Mohammed come Messaggero
(rasul) e Profeta (nabì) a predicare la vera religione: a conferma della sua
missione Dio stesso gli presenta le storie degli inviati e profeti precedenti,
introdotte sempre dalla stessa formula “e ricordati di… (che già inviammo)…” e
che servono a rincuorare Mohammed
davanti al rifiuto che gli viene opposto.
Ricordiamo infatti che tutte le storie dei personaggi
biblici sono raccontate nelle sure del periodo meccano, quando cioè Maometto
sperimenta l’avversione ed il rifiuto dei suoi fino alla persecuzione che lo
costringerà a scappare via. I personaggi biblici sono così presentati come
esempio di veri credenti (musulmani ante litteram) ma insieme le loro storie
diventano esemplari anche per chi ascolta perché sono anche storie di punizione nei confronti di
coloro che hanno respinto i profeti e quindi sono di monito per chi ascolta.
Per comprendere queste storie bisogna che sia chiaro il
fatto che gli elementi riferiti ai personaggi biblici sono stati “interamente
rielaborati in funzione di Mohammed… storie e caratteristiche, vicende e
termini, devono essere letti in stretta relazione alla sua vicenda umana”
(Tottoli).
Tutti i personaggi biblici precedenti sono considerati
“profeti” (nabì) da Adamo a Gesù, alcuni anche inviati (rasul): da notare la differenza tra rasul/messaggero usato nel primo
periodo del suo rifiuto alla Mecca, e nabì/profeta
usato nel periodo in cui ormai è patriarca affermato a Medina: si noti ancora
come la dicitura di profeta qui può essere ambigua perché rimanda a
connotazioni bibliche della profezia che nel Corano invece non si trovano: il
senso islamico potrebbe essere meglio tradotto con guida/capo spirituale di un popolo.
Mohammed è l’ultimo di queste guide, “il sigillo dei
messaggeri”: con lui Dio chiuderebbe la serie dei messaggeri, dopo di lui si
afferma che Dio non manderà altri. E’ interessante notare come nella prima fase
islamica si sottolinea che Mohammed non è diverso dagli altri; solo nella fase
finale (e più che nel Corano nei Detti, si sottolineerà la diversità e la
superiorità di Mohammed rispetto a tutti gli inviati precedenti).
Ma la caratteristica più importante è che in filigrana in
ogni storia c’è l’esperienza dell’insuccesso di Mohammed tra i pagani della
Mecca e tra gli ebrei alla Medina, le storie non sono raccontate per intero
così come noi le conosciamo, ma solo quelle parti che servono a costituire un exemplum per Mohammed: così dietro il
racconto di Noè c’è l’insuccesso di
Mohammed deriso dai nobili e dai capi meccani mentre lui offriva loro la
salvezza dal paganesimo; Abramo fu
amico di Dio perché superò l’idolatria del padre e fu esempio di sottomissione
cieca a Dio nel sacrificio del figlio e presentandosi così come il primo
musulmano non viene considerato né ebreo né cristiano ma l’ideale
prefigurazione di Mohammed fondatore di una nuova discendenza di credenti (e
perciò anche Mohammed si definisce amico di Dio); Ismaele è ricordato solo perché secondo una tradizione avrebbe
edificato con Abramo la Ka’ba e sarebbe stato sincero e devoto (mentre per
un’altra tradizione è già Adamo ad edificare la Ka’ba e ad insegnare le
cerimonie del pellegrinaggio e ciò è più in linea con l’idea di Adamo depositario
iniziale della vera religione): ma qui si intuisce ancora la figura di
Mohammed, di una tribù ismaelita, che instaura il culto alla Ka’ba; così dietro
Lot c’è lo sprone a Mohammed
nell’apparente fallimento della missione, mentre nel racconto di Giuseppe c’è in velina la storia di
Mohammed costretto a scappare a Medina ma che alla fine conobbe il suo trionfo:
e come Giuseppe fu generoso con i suoi fratelli così Mohammed è generoso con i
meccani che l’avevano respinto ed insidiato; Mosè è poi il personaggio più citato di tutti e si capisce il
perché: come lui Mohammed è alla guida di un popolo e come a Mosè fu dato il
libro della Torà così a lui è dato il Corano; e come Davide per la sua devozione e il pentimento dopo le sue colpe per
le sue debolezze umane fu reso da Dio suo vicario e sovrano potente e forte
guerriero, così Mohammed è scelto vicario da Dio per guidare con forza e pietà
il suo popolo; Salomone – di cui si
racconta l’incontro con la regina di Saba ed è chiaro il perché - poi è presentato come il messaggero e sovrano
musulmano per antonomasia come deve essere lo stesso Mohammed; Giobbe diventa lo specchio della
pazienza di Mohammed per le prove sostenute alla Mecca; in Giona è prefigurato l’esito della predicazione di Mohammed ed Elia che vince i sacerdoti di Baal è
Mohammed che trionfa sugli idolatri della Mecca; infine lo stesso Gesù è presentato sempre come un uomo
(l’unico però di cui non si parla di peccato) mandato da Dio come precursore di
Mohammed e come colui che in veste di Messia ritornerà alla fine dei tempi ad
inaugurare il giudizio finale dopo una lotta con l’Anticristo e dopo aver
distrutto tutte le croci ed i maiali! Connesse alla figura di Gesù troviamo poi
le storie di Zaccaria e di Maria. Zaccaria,
è ricordato oltre che per essere padre di Giovanni (di cui si parla solo per la sua vita pura e rispettosa
dei genitori ma di cui si sconosce l’attività di battista), soprattutto per
essere colui a cui è affidata Maria: di
questa è ripresa la storia dagli apocrifi ed esaltata la sua verginità: a chi
l’accusa di essere una cattiva donna sarà lo stesso Gesù neonato a rivelare il
mistero del concepimento e del parto per la potenza di Dio. Ma ricordiamo che Gesù è considerato un uomo per nulla diverso da
tutti gli inviati precedenti: se si raccontano la sua nascita verginale da
Maria (osannata per la sua fede obbediente nell’onnipotenza di Dio) o i suoi
miracoli o anche la sua elevazione in cielo al posto della morte in croce (ma
il Corano è contraddittorio circa la sua morte) lo si fa solo per sottolineare
l’onnipotenza di Dio che può fare quello che vuole e non è legato da nessuna
legge né naturale né umana e che usa chi vuole per rivelare la sua potenza (in
fondo, si dice, anche Adamo fu creato senza genitori, ma non fa di lui un
figlio di Dio!)
Notiamo infine che nel Corano si parla anche di altre figure
bibliche e non bibliche minori (di alcune si riporta solo il nome e di altri
solo un accenno senza nome che ne rende difficile l’identificazione) ma il
contesto è sempre e solo quello evidenziato per i personaggi di maggior spicco:
per ribadire che Dio ha mandato sempre inviati per ricordare il vero culto che
lui vuole a tutti i popoli e che Mohammed è l’ultimo e colui che chiude la
serie.
2. Quale fede, quale uomo, quale vita secondo l’islam?
Arrivati a questo punto – premesso quanto abbiamo detto su
Mohammed mandato a restaurare il vero culto di sottomissione a Dio - allora la
domanda che si pone è la seguente: ma, di fatto, cosa è questa
sottomissione/islam, questa dedizione assoluta del musulmano ai decreti di Dio?
In cosa consiste? Se l’atteggiamento di ebrei e cristiani si è dimostrato
deviato e deviante, qual è la dimensione giusta per vivere la fede secondo
l’islam?:
1. fede come totale sottomissione:
per il Corano la storia non è il luogo della rivelazione di
Dio ma solo la comunicazione dei decreti di Dio all’uomo, primo fra tutti del
modo con cui Dio vuole essere adorato e servito: la sottomissione, cioè
l’islam, e la reiterazione di questi decreti nei secoli, specie nei momenti
di traviamento.
2. Manca il concetto di peccato originale / colpa - espiazione
=> Ahkam
1. azioni obbligatorie
2. azioni raccomandate
3. azioni libere
4. azioni biasimevoli
5. azioni proibite (punizione pubblica): furto,
bestemmia, apostasia, adulterio, uso alcool
3. Salvezza come prosperità – beatitudine in termini di delizie materiali
4.L’insondabile volontà di Dio. Predestinazione?
5. I pilastri della fede
1) la professione di fede, i mezzi per raggiungere la
salvezza sono:
2) la preghiera rituale,
3) l’elemosina legale,
4) il digiuno del ramadan
5) il pellegrinaggio alla casa di Dio della Mecca.
6. Il mondo diviso tra già-Umma (comunità dei fedeli musulmani) e non-ancora-Umma
7. la jihad: lo “sforzo” per affermare l’islam
3. Alcune note:
1. Islam non è salam!
Oggi comunemente si afferma che l’islam è una religione di
pace giacché verrebbe dalla stessa radice di salam. Per capire come veramente
stiano le cose ci rifacciamo ad una nota di Massimo Rizzi:
<<Il termine oggi utilizzato per indicare la religione
che professa l’unicità di Dio e la profezia di Muħammad è una parola araba.
Come tutte le lingue semitiche, l’arabo costruisce le parole a partire da un
radicale formato da tre lettere, a cui vengono poi aggiunti suffissi e prefissi
per variare il significato del verbo e dei rispettivi derivati.
Nel suddetto caso, il termine è un nome verbale (ciò che
corrisponde in qualche modo all’infinito della lingua italiana) dal verbo
aslama, che è la IV forma (in arabo alla forma “af‘ala”), dalla radice SLM.
Come tutti possono notare sono le tre stesse radicali che formano la parola
araba pace (salām). Pur non potendo negare contatti a livello semantico (ogni
radice infatti costituisce un campo semantico, all’interno della quale però
spesso si raccolgono almeno due significati tra loro non connessi) il
significato di islām non ha diretta relazione con quest’ultima.
Il verbo aslama ha come significato: affidare, consegnare, rimettere qualcuno al giudizio di (si veda il vocabolario Arabo-Italiano del Traini). Ha assunto poi anche il senso di abbracciare l’islām. Il nome verbale per questo assume il significato di abbandono, rassegnazione, e di conseguenza sottomissione alla volontà di Dio.
Il verbo aslama ha come significato: affidare, consegnare, rimettere qualcuno al giudizio di (si veda il vocabolario Arabo-Italiano del Traini). Ha assunto poi anche il senso di abbracciare l’islām. Il nome verbale per questo assume il significato di abbandono, rassegnazione, e di conseguenza sottomissione alla volontà di Dio.
Per cogliere più facilmente l’utilizzo del verbo in arabo
rimando al suo utilizzo nella liturgia cristiana, ovvero nella preghiera
eucaristica II in cui si dice che “Egli offrendosi liberamente alla sua
passione”; come anche nella III preghiera “nella notte in cui fu tradito”
(qui nella forma passiva): i due verbi sono espressi nel testo arabo con il
verbo aslama>>.[1]
Senza voler entrare nel merito della discussione sul
rapporto tra islam – pace – guerra santa che ci porterebbe lontani, è bene però
che si sia coscienti del vero significato delle parole per evitare di farsi
strumenti di una propaganda che niente ha a che fare con il vero dialogo.
2.
Religione monoteista o gnosticismo?
Per non dire poi che solo nel 1880 il Sayous arriva ad
affermare che l’islam è monoteismo, religione a parte, non eresia all’interno
del cristianesimo o una filiazione dell’ebraismo: questo fatto è indicativo di
quanto difficile sia dare una definizione adeguata dell’islam e trovare dei
punti di convergenza con ebraismo e cristianesimo, al di là delle apparenze
dovute a letture superficiali delle tre esperienze religiose.
<<D’altra parte, l’islam, nonostante tutta la sua
carica spirituale di «rivelazione profetica monoteista» per i non credenti
pagani e politeisti, in realtà si presenta come soprannaturale solo per la
modalità della comunicazione, ma non per il suo contenuto, che invece
sottolinea la pratica delle vie di salvezza, e vuole raggiungere appunto la
salvezza attraverso l’obbedienza radicale a una legge, ritenuta sempre efficace
e sempre a disposizione del credente. Nell’indagine sull’islam emerge la sua
caratteristica di essere per l’uomo una via alla conoscenza, verso la
consapevolezza di ciò che già è, un sistema dunque con venature gnostiche in
senso morale>>[2].
3. teologia?
filosofia? o solo giurisprudenza
4. Vivere da musulmani:
1. Sharì’a: le regole del comportamento individuale e familiare
2. Fiqh: la dottrina giuridica islamica e la “chiusura della porta” dell’interpretazione (x sec.)
3. Fatwa: il parere giuridico del muftì
4. la Umma e il diritto consuetudinario
5. Hisba: l’obbligo di vigilanza
5. Problemi aperti
1. Non c’è un solo islam
Inutilmente gli
islamologi hanno provato a trovare una definizione soddisfacente dell’islam, in
grado di comprenderne le diverse anime religiose, le molteplici tradizioni
giuridiche e le differenti fenomenologie applicative. Di regola ci si affida
all’etimologia onnicomprensiva del termine «islam», interpretato come
«sottomissione al volere e alla legge di Dio», o si fa riferimento alle
tradizionali distinzioni interne dei gruppi confessionali, come sunniti e sciiti,
ma senza un reale aumento di conoscenza.
2. I sunniti
1.
scuola hanafita (VII – VIII sec.) moderata
2.
scuola malikita (VIII) Marocco, ostile al
sufismo
3.
scuola shafi’ita: sistematizzazione
giurisprudenza
4.
scuola hanbalita: da Taymiyya al wahabismo
e l’idea di ritornare all’islam puro delle origini, intollerante verso le altre
religioni e i dissidenti
=> salafiti => fratelli musulmani
=> In Italia: UCOII (Hamza Piccardo)
=> ARABIA SAUDITA (1765): nasce
l’integralismo
3. Gli sciti
1.
scuola ja’farita
2.
scuola zaydita
3.
scuola ismailita
4.
scuola druza
5.
scuola ibadita
4. Le correnti islamiche sopravvalutate in Occidente ma minimali in casa propria: sufismo
<<un’informazione approssimativa scambia movimenti e
correnti presenti nell’islam, aperti a forme di pensiero occidentalizzato ma
minoritari e assolutamente ininfluenti all’interno del mondo islamico, come
veramente rappresentativi della galassia islamica. Così non sono stati pochi
gli occidentali che, affascinati da raffinate forme culturali per lo più
d’ispirazione sufica, hanno accolto troppo semplicisticamente alcune
espressioni confessionali permeate da un’ispirazione etico-sapienziale, come
veramente espressive di quel mondo. In verità nessuna di queste decantate
«versioni dell’islam» adattate, in qualche modo, alla cultura occidentale, può
essere ritenuta effettivamente compatibile con la tradizione cristiana>>.[3]
5. Il problema della
rappresentanza
<<nonostante il diffuso sentire teologico delle
personalità musulmane, che continuano a predicare un islam unico e unitario,
non s’incontra nell’universo islamico una sola istituzione capace di ricondurre
a unità l’universo dottrinale e giuridico del mondo musulmano. Nel concreto,
nonostante i ripetuti appelli alla «comune tradizione», la religione islamica
ogni volta finisce per adeguarsi e coincidere con ciò che in una data società
ogni generazione riconosce come vincolante nei suoi testi di fondazione. In
questa difforme prassi interpretativa e applicativa della sharia affonda le
radici la tendenza, oggi prevalente nei paesi occidentali, che sta portando
ogni singola comunità musulmana ad assumere una sua propria e più marcata
identità religiosa>>.[4]
6. La
necessità di una esegesi storico-critica del Corano
si veda ad esempio come nel documento “una parola in comune tra noi e
voi”[5]
degli intellettuali musulmani inviato ai capi cristiani dopo il
discorso del Papa a Ratisbona, in realtà la parola comune non c’è perché c’è
solo una lunga serie di citazioni di sure anche quando si parla di Gesù e del
Vangelo e non potrebbe essere altrimenti perché se le scritture cristiane sono
corrotte un musulmano non le può citare! La parola comune – che dovrebbe essere
l’amore per Dio e per il prossimo – tra cristiani e musulmani è declinata solo
secondo categorie islamiche: questo ci fa capire la difficoltà e l’impegno di
trovare davvero una piattaforma di dialogo tra cristianesimo e islam.
6. Il diritto islamico: Quali diritti umani?
1. solo
persone fisiche
2. donna
inferiore all’uomo
3. i non
musulmani divisi tra gente del libro e idolatri
4. matrimonio
e famiglia: diritto privato
5. i
beni e il sistema bancario
6. diritto
penale: liceità della vendetta privata
7. diritto
penale: i reati contro la religione
7. Il
passato prossimo
1. un
“terminus” degli studi di islamistica: Napoleone e la mitizzazione dell’orientalismo
2. Islam:
dalla stasi del pensiero alla infatuazione modernista: l’occidentalismo
3. il
reciproco uso strumentale (cfr. massoneria; antisemitismo…)
4. dall’impero
ottomano agli stati nazionali: l’occidentalizzazione del diritto e la modernizzazione
del diritto
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