giovedì 4 aprile 2013

Come non essere d'accordo?

Tragicomica francescanite
di Fabio Colagrande | 04 aprile 2013 
L'effetto «papolatria» è sotto gli occhi di tutti. Ma l'antidoto l'hanno indicato proprio Ratzinger e Bergoglio spostando i riflettori là dove c'è Cristo e non il Papa


"Ma, secondo te, mi metto il blazer blu o è meglio un maglioncino?". Tra i dipendenti vaticani serpeggia il nervosismo in occasione di una possibile, estemporanea, visita di Papa Francesco nel loro ufficio. Preso atto che il nuovo Papa ama improvvisare, rompendo i cerimoniali, preferisce incontrare le persone in modo informale e inaspettato, molti vagheggiano un incontro personale e vogliono subito fare buona impressione. "Forse è meglio il pullover, magari marroncino, fa più francescano". "Sì, magari con le toppe ai gomiti". "E, per carità, niente cravatta!".
Da quando poi si è sparsa la notizia che il Papa celebra Messa ogni mattina nella cappella della 'Casa Santa Marta', dove per il momento ha scelto di abitare, e invita varie categorie di lavoratori della Santa Sede, il desiderio di esserci furoreggia. E il fatto che Francesco abbia invitato subito netturbini e giardinieri ha spiazzato, ma non scoraggiato, dipendenti più illustri e stipendiati. Tutti vogliono essere in prima fila, scambiare uno sguardo di assenso e intesa con un Papa così amichevole e disponibile. Come a dire: "Santità io sto dalla sua parte. Al Conclave facevo il tifo per lei mica per quello di Milano...". Forse, all'udienza con i giornalisti in Aula Paolo VI alcuni autorevoli direttori di testate italiane e straniere ambivano ad essere ammessi al baciamano e sono arrossiti di stizza, o vergogna, quando, a sorpresa, i cerimonieri hanno invitato a salutare il Papa un semplice collega giornalista non vedente con il suo cane.
Insomma, soffia un vento impetuoso di 'papolatria' che ha, in parte, aspetti positivi, ma anche, e soprattutto, effetti rischiosi, se non tragicomici. Alle udienze ci si spintona per arrivare alle transenne, in posizione strategica, per poi, un attimo prima del passaggio della jeep papale, gettare con perfetta sincronia il proprio perplesso neonato tra le braccia dei gendarmi, affinché poi lo porgano al Santo Padre per l'agognato bacio o carezza. Ci sono genitori che fanno le prove del lancio del pupo a casa, provando la presa, calcolando distanze, angolo di espulsione e possibile velocità del mezzo papale. Pur di inserire su Facebook una propria foto con Papa Francesco i più audaci si danno da fare con 'Photoshop', addirittura sovrapponendo la propria faccina a quella del Papa emerito.
È d'obbligo aver letto almeno uno dei 34 istant-book, biografie-raccolte di discorsi del Papa argentino, appena pubblicati e citare le frasi di Bergoglio sui social network. Tanto l'impresa non è complessa perché l'80% sono testi realizzati con il copia-incolla, tanto per essere subitaneamente in libreria battendo i concorrenti. Tutti - tranne qualche coerente testardo - sono grandi appassionati delle periferie e dei poveri, dicevano da anni che le chiese devono essere sempre aperte, volevano da secoli una Chiesa povera, una liturgia essenziale, e sono, naturalmente, felici che le Messe non siano cantate e le omelie siano brevi. Impazzano anche gli esperti di tango e i tifosi della, finora sconosciuta, squadra argentina del S. Lorenzo. C'è persino chi, non senza qualche malcelato rossore, 'fa' l'album delle figurine di Papa Francesco. Mentre si moltiplicano minacciose le prime inquietanti canzoncine a lui dedicate.
Intendiamoci, questa smania porta con sé un rinnovato interesse per il ministero petrino che può condurre anche i più svagati sulle strade della conoscenza e, forse, del Vangelo. Ma sorprende la paradossalità di certi innamoramenti. Ratzingeriani duri e puri, sono improvvisamente esaltati Bergogliani; acerrimi anti-clericali, usi, fino a quindici giorni fa, ad agitare gli spauracchi di vatileaks o della pedofilia nel clero, sono ora francescanamente e inopinatamente rasserenati. Persino i più convinti progressisti, fanatici del Concilio, spesso dimenticano che, finora, il gesto più riformatore l'ha compiuto il predecessore di Francesco, con la sua rinuncia.
Insomma, pare smarrita ogni sobrietà e ogni giudizio sfumato, riflettuto. Anche se non è così. Si sa, infatti, che i contrasti e le discontinuità attirano la mente umana e fanno vendere i giornali. Ci sono però molti - credenti e non - che hanno opinioni più ragionate e fondate su Francesco e Benedetto XVI. Ma sono idee che fanno meno rumore, più sottili e interessanti. Chi, per passione o lavoro, ha avuto la possibilità di conoscere davvero questi due uomini di Chiesa non può che apprezzarne la preziosa complementarietà per la nuova evangelizzazione, al di là di ogni speculazione mediatica. Ma, soprattutto, scorge nella condanna decisa e primaria di ogni 'papolatria' il fondamento del loro magistero. Perché, ripetono entrambi, i riflettori devono essere puntati al centro. Dove c'è Cristo, e non il Papa. Non dimentichiamolo, mentre compriamo le figurine.

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