Mt 18,3 : Se non diventerete come bambini, non
coglierete mai la potenza di Dio nella vostra vita.
La
caratteristica del “piccolo” nel senso biblico del termine è l’atteggiamento di
fiducia e di fedeltà. Fiducia nella bontà paterna di Dio che dà senso e
fondamento al mondo e che lo libera dall’angoscia della pretesa autosuffcienza
dei “grandi” che è aperta solo al fallimento. I piccoli della Bibbia non si
lasciano abbagliare dal potere, dalla brama di notorietà, dalla carriera e dal
danaro delle persone “grandi”, perché sanno che tutto ciò che è umanamente vero
e serve alla pace non risiede in tutte queste cose ma può essere accessibile
solo ai piccoli che non lo rubano ma lo ricevono in dono dal Padre: Mt 11,25
Ti benedico o Padre Signore del cielo e
della terra perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno dei Cieli e le
hai tenute nascoste ai sapienti e agli intelligenti.
Per
i “grandi” sono importanti le distinzioni morali (quest’uomo è buono, quell’altro
è un peccatore...), le differenze sociali (che tipo di casa ha, che automobile,
quanti soldi ha in banca...) e formali (sapere quali sono le posate per il
pesce, lavarsi le mani prima dei pasti...): a Gesù invece, il “piccolo” di Dio
per eccellenza importa ciò che passa nel cuore di un uomo, quali pensieri e
sentimenti porta in sé : Mc 7, 1-13
I
“grandi” sono allora quelli che si sono adattati alla normalità della loro
freddezza, del loro cinismo, della loro perdita di speranza, che si sono
attaccati alle cose e al potere delle cose perché hanno perso ogni ideale,
perché non attendono più nulla, che sono morti nel mezzo della vita, che sono
letteralmente finiti e provocano la fine di quanto non è “adulto” come loro.
“Bambino,
piccolo” nell’esperienza di fede è colui che sperimenta Dio come un Padre, e
vincendo le paure degli uomini (Mt 6,27 ) ha aperto lo spazio del cuore
illimitatamente a Dio.
Così
mentre i “grandi” cercano di diventare adulti affrancandosi da Dio per legare
la propria esistenza alle realtà mondane di cui presto o tardi si diventa
schiavi, i “piccoli” della fede diventano adulti proprio perché restano
bambini, in atteggiamento filiale nei confronti del Padre. E proprio la via
dell’umanizzazione, fallita dai primi, è aperta ai secondi in tutta la sua
pienezza: affidarsi nella fedeltà e nell’obbedienza al Padre è un’esperienza
liberante, poiché è un collocarsi nella verità di Dio e della propria
esistenza ed è proprio la verità a fare liberi (cfr. Gv): servire Dio è
regnare, cioè possibilità di potersi realizzare compiutamente. Per questo un
vero fedele è sempre “un piccolo principe”, perché è diventata pienamente
padrone della propria vita e che si può incontrare come un fratello e amico per
quella bontà disinteressata che non asserve e non mortifica.
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