Confesso che non è facile
scrivere queste note senza tener conto della commozione per l’ennesimo
attentato contro la sede del giornale satirico di Parigi che ha provocato 16 morti e 20 feriti, da parte di terroristi islamici che reagivano così ad una
pretesa offesa contro il loro profeta.
Ad una prima reazione direi: “e
ora chiedete scusa a Benedetto XVI e a Oriana fallaci” che avevano intravisto i
pericoli dell’avanzata dell’integralismo islamico in Occidente.
Attenzione, per favore, non
vorrei essere frainteso, perché so che questo è un terreno minato: non scrivo
islam tout court ma nemmeno ipocritamente terrorismo solamente; perché dire che
tutto l’islam ha come via obbligata la violenza non sarebbe giusto, ma non
sarebbe nemmeno veritiero ignorare che la radice di tanto terrorismo
contemporaneo affonda nelle tante correnti integraliste in cui è diviso oggi
l’islam.
Il problema sta nel fatto che
siamo davanti ad una questione che ha implicazioni che vanno dalla religione
alla politica, passando per tante implicazioni geo-economiche e sociologiche.
Per cui bisogna stare cauti nel cercare di dipanare prima le fila di un
gomitolo che a tanti farebbe comodo invece ingarbugliarle sempre di più. Mi
limiterò qui a qualche nota per cercare di far luce su qualche causa vera non
detta e su qualche causa falsa sbandierata invece in ogni dove.
Anzitutto sul fatto che si creda
che necessariamente il monoteismo debba sfociare nella intolleranza e nella
violenza e che ciò sia un fatto congenito e perciò irriformabile. Ora di fatto
i monoteismi nel mondo sono tre: ebraismo, cristianesimo, islamismo.
Generalmente la teoria espressa nei riguardi di questi è formulata così:
l’ebraismo, e poi soprattutto il cristianesimo, con la pretesa di avere la
verità in tasca l’hanno imposta agli altri con la violenza; l’islam non ha
fatto che reagire, da quando è nato fino ad oggi, alla violenza “crociata”. Di
fatti si vede come il dito è puntato contro il cristianesimo e finora si è
stati molto cauti a dire che c’è altrettanta violenza originaria e non di
reazione in tante letture del credo musulmano. Però non si può fare di tutta
l’erba un fascio.
La Commissione teologica
Internazionale ha reagito con forza a questa lettura con un documento (io credo
sottaciuto perché scomodo per la sua franchezza) pubblicato nel giugno 2014 dal
titolo: Dio Trinità, unità degli uomini.
Il monoteismo cristiano contro la violenza. Difatti è la ripresa della tesi
del discorso di Papa Benedetto a Ratisbona, allora tanto dileggiato. Ma cosa
aveva detto il papa? Che ogni religione deve potersi autoriformare a partire
dal confronto con la ragione: cosa che porta ad esempio ad una lettura non
integralista e fondamentalista dei testi sacri di ognuna. Se nei primi secoli
per i padri della Chiesa era un vanto poter scrivere nelle loro apologie del
cristianesimo che il Logos, la Ratio, la ragione trovava pieno titolo di
cittadinanza nella fede cristiana, dobbiamo riconoscere che poi in seguito non
sempre fu così. A partire dall’Umanesimo e Rinascimento, e poi con l’Illuminismo,
la nascita ad esempio del metodo storico critico in esegesi ha fatto sì che non
si credesse più in una coincidenza letterale tra le parole della Scrittura e la
Parola di Dio (Galileo insegna) per cui la Chiesa ha un criterio interno per
verificare le sue letture della Bibbia: cioè tra il testo e la sua applicazione
ci deve essere il non sempre facile lavoro di interpretazione. Il papa a
Ratisbona non faceva che prendere atto che nell’islam questo confronto con il
Logos, la Ratio, non è ancora avvenuto, per cui l’islam oggi si potrebbe dire
che si trova in una posizione pregalileana: c’è un ritardo di cinquecento anni
che ha provocato un irrigidimento ad esempio nella lettura integralista del
Corano. Se ogni sura (i capitoli del corano) è stata dettata direttamente da
Dio (cosa molto diversa dalla concezione della ispirazione della Bibbia) ogni
singola parola allora è eterna, immutabile e non necessita di interpretazione
ma solo di applicazione: difatti l’unica disciplina permessa a partire dal Corano
è la giurisprudenza e non altro. Inevitabilmente una lettura del genere sfocia
nel fondamentalismo e si trova in collisione (anche violenta) con la modernità
e con i principi su cui si basa la convivenza moderna: il rispetto, la
tolleranza, il dialogo fra le culture e le religioni. Mettete poi che una
lettura fondamentalista avvalora una lettura teocratica della società islamica
e vedrete quanto siamo distanti da una sana laicità della società e dello
stato.
Quello di Papa Benedetto era in
fondo un augurio: quello che l’islam avesse subito il coraggio di trovare nella
ragione l’istanza critica e purificatrice di una religione capace di inserirsi poi
a pieno titolo nel consesso mondiale delle fede e delle culture in un dialogo
fecondo a favore della pace.
Un certo pacifismo ipocrita, così
come tante politiche interessate hanno fatto finta di non vedere questa
deficienza nell’islam (difatti l’Occidente e gli Stati Uniti non hanno
azzeccato una, dico una, mossa in Medio Oriente), così come tanti sognano un islam
“moderato” che non potrà mai svilupparsi se non se ne creano le premesse: e le
premesse non sono né la guerra all’islam né il respingimento dei migranti.
Abbiamo detto che l’islam è rimasto mezzo millennio indietro: provate a
immaginare cosa significhino cinque secoli di assoluta mancanza di libri di
ogni genere, e poi giornali, di riflessione filosofica e teologica, di storia,
geografia … e vedrete che il risultato sarà solo ignoranza, una profonda
ignoranza su cui speculano i venditori di morte. E’ come avere davanti un
bambino che deve essere mandato a scuola. L’Occidente deve “esportare” non la
falsa democrazia delle false primavere arabe, ma cultura, cultura, cultura: il
guaio è che essendo tutta la cultura occidentale radicata sulla tradizione greco-romana
e giudaico-cristiana, dal momento che queste radici non sono state
riconosciute, anzi ripudiate (si veda la vicenda vergognosa della Costituzione
Europea) adesso, ad esempio, all’Europa sono mancati gli strumenti per leggere
la vicenda del mondo islamico e la stessa crisi dell’occidente che sta
implodendo in se stesso in un lento ma inesorabile suicidio.
Perché l’anticristianesimo di cui
si è ammalato alla fine si è rivelato antiumanesimo. E’ così che va la storia:
quando qualche musulmano ha gettato via il crocifisso dalle stanze
dell’ospedale o dalle aule scolastiche nessuno si è indignato a sufficienza,
anzi magari qualcuno si è rallegrato perché vedeva in quel gesto l’affermarsi
della laicità! Pur di buttare via il crocifisso non ci si è accorti a chi in
realtà si stavano spalancando le porte: e ora che gli integralisti sparano ai
campioni della laicità, che dire?
Ricordare anzitutto che laicità
vera è rispetto! Non concordo con chi si dimostra offeso per una vignetta, però
è anche vero che forse il recupero per il rispetto reciproco ci aiuterà nel
recupero di un dialogo. Certo i musulmani dovrebbero imparare dall’autoironia
ebraica su Mosè ad esempio, o dalle tante barzellette cattoliche raccontate su
San Pietro in Paradiso: ecco, dovremmo aiutare i musulmani a sorridere, ma è
anche vero che non tutte le vignette o tanti altri gesti sono fatti per
suscitare un sorriso bonario o una seria riflessione magari autocritica; tante
opere spesso sono fatte per puro dileggio o provocazione: c’è bisogno di
ricordare tutte le oscenità perpetrate nei riguardi tante immagini di Cristo e
della Madonna? Perché nessuno si è
scandalizzato quando le femen in piazza san Pietro si sono masturbate nude con
dei crocifissi? Ecco forse anche una reazione scomposta e drammatica ci ricorda
però che il futuro si costruisce nel reciproco rispetto. Soprattutto rispetto di
quanto per tanti rappresenta l’esperienza del sacro, per ebrei, cristiani,
musulmani e qualunque altro.
Ecco allora di cosa ha bisogno il
nostro dialogo col mondo islamico. Cultura per far comprendere che l’Occidente
ha pure qualcosa di buono da offrire; sana laicità per far comprendere che la
modernità non è solo negazione di valori e irreligiosità; rispetto da dare e da
richiedere per far comprendere che la diversità non è opposizione ma
complementarietà.
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