«Non conoscere Dio, commenta S. Agostino, è morire;
conoscerlo, è vivere; disprezzarlo, è perire; servirlo, è regnare (De coelest.
Vita)».
CIVILTA’ CATTOLICA 1976 , VOL. II, PP. 313 – 322: <<
Il primato di Dio sull’uomo non è il primato del padrone sul servo. Questo è
fondato sulla potenza e sulla forza ed è risentito dal servo come
un’oppressione e una costrizione, a cui egli non può sfuggire; suscita perciò
in lui un senso di risentimento e di rivalsa: egli è sotto il padrone, ma tende
a liberarsi. Inteso in questo senso, il primato di Dio sull’uomo da origine a
ciò che Hegel ha chiamato la “dialettica del padrone e dello schiavo”: cioè, per
affermare il primato sull’uomo, Dio deve farsi riconoscere come Padrone e deve
quindi ridurre l’uomo nella condizione di servo, di schiavo (non c’è Padrone
senza Schiavo); a sua volta il servo, per uscire dalla sua condizione, deve
affermare se stesso come non-dipendente da Dio, come padrone di se stesso e del
mondo, e perciò deve negare dialetticamente il Dio-Padrone (se non c’è Padrone
non c’è neppure lo Schiavo). In tal modo, Dio e l’uomo sono rivali e l’uno può
“essere” solo nella “morte” dell'altro.
Questa concezione del primato di Dio non è
“cristiana”, anzi è in radicale antitesi col cristianesimo. Infatti il primato
di Dio sull’uomo che il cristianesimo ammette non è quello del Dio-padrone
sull’uomo-servo, ma quello di Dio Creatore sull’uomo persona. Dio, infatti, è
Creatore e tutti gli esseri esistono in virtù della partecipazione all’essere
divino. Ma l’uomo non partecipa all’essere di Dio al pari degli altri esseri:
la Bibbia, infatti, ci dice che egli è un’ “immagine” di Dio.
[…] Perciò Dio, in quanto Creatore dell’uomo – e
per tale motivo avente su di lui un necessario primato – non pone l’uomo sotto
di sé, ma di fronte a sé , come una persona libera, chiamata, certo a servirlo
e a amarlo, ma liberamente e non perché l’amore e il servizio siano utili a
Dio, ma perché sono necessari affinché l’uomo sia se stesso. L’uomo, infatti,
non può essere se stesso se non nella comunione e nel servizio di Dio. Sta qui
la profonda originalità della visione cristiana del rapporto tra Dio e l’uomo,
così come espresso da un teologo medievale: <<Tu, Signore, ci hai amati
per primo affinché noi amassimo te; non perché tu avessi bisogno che noi ti
amassimo, ma perché non potevamo essere ciò per cui ci hai fatti se non amando
te>> (Guglielmo di S. Thierry, de contemplando Deo).
Nelle antiche mitologie gli dei creavano gli uomini
perché fossero al loro servizio, in particolare perché procurassero loro il
cibo di cui avevano bisogno ed offrissero loro dei sacrifici. La rivelazione
biblica respinge questa concezione: Dio, infinitamente ricco, non ha bisogno di
nessuno; se perciò, crea l’uomo non lo fa per bisogno, ma per amore, per
un’effusione della sua infinità bontà.
[…] In altre parole, Dio non crea per ricevere ma
per dare. Crea, perciò l’uomo non per ricevere da lui qualcosa, ma perché
l’uomo possa essere se stesso: immagine di Dio, certo, ma avente in se stesso
una sua consistenza: Qui sta il senso profondo della libertà umana: essa pone
l’uomo in se stesso, di fronte a Dio, in dialogo con lui, come un “io” che il “Tu”
di Dio interpella ed al quale egli risponde liberamente, accettandolo o
rifiutandolo. Per tale motivo “la gloria di Dio è l’uomo vivente” (S. Ireneo)
<<Il primato di Dio sull’uomo è un primato
d’amore: esso non fa dell’uomo un servo, ma una sua immagine, non schiaccia
l’uomo ma lo rende libero, non gli
impone un servizio umiliante, ma lo chiama ad una partecipazione sempre
più ampia e profonda alla vita stessa di Dio e ad una collaborazione sempre più
intensa con lui nella costruzione d’un mondo nuovo, germe e prefigurazione del
regno escatologico di Dio.
In tal modo, il cristianesimo capovolge la
dialettica del Padrone e dello Schiavo. Dio afferma il suo primato non
mantenendo l’uomo nella condizione di servo, ma elevandolo alla condizione di
immagine di se stesso, cosicché egli è glorificato nella misura in cui l’uomo è
grande; l’uomo, per affermare se stesso, non ha bisogno di ribellarsi a Dio che
non è per lui un rivale, ma piuttosto ha bisogno di amarlo e di servirlo,
poiché per lui “servire Dio è regnare”: egli non è mai tanto grande come
quando serve Dio, o meglio, non è grande se non nella misura in cui serve Dio.
Nel servire Dio, infatti, l’uomo partecipa all’Essere-da-sé ed alla libertà di
Dio; perciò diviene più se stesso, più libero>>.
v Servizio di Dio = ubbidienza ad una legge di libertà
ð L’ubbidienza come modo per vivere la libertà
·
Cfr. Adamo
ð La “legge” come lo strumento per vivere la libertà
·
Cfr. il Decalogo
·
Nota: tutta la torah è
“legge”
Ø Cfr. le vicende dei patriarchi
v “I teneri legami di bontà”
ð L’osservanza della legge per amore
ð Servire Dio = amare Dio = osservare i suoi comandamenti =
timore di Dio
<< I legami di
bontà sono i comandamenti e i vincoli di amore sono tutte le leggi, l
prescrizioni che il Signore aveva dato al suo popolo. Prescrizioni, vincoli,
legami, impegni ma d’amore, che nascevano non dal capriccio di Dio che vuole
mettere l’uomo alla prova, ma che nascono dalla volontà di Dio che l’uomo viva.
Perché l’uomo viva, perché la società umana possa veramente vivere in una dimensione
di pienezza, il Signore dona i comandamenti, ma sono comandamenti d’amore.
Quando l’uomo riconosce nei comandamenti dei vincoli d’amore, li accoglie
liberamente e gioiosamente; serve, impara a servire. Ma quando l’uomo
interpreta i comandamenti di Dio, quindi la legge dell’alleanza, come un peso
che limita la sua libertà, la sua realizzazione – diremmo noi – la
trasgressione è del tutto inevitabile. Allora si capisce che la dimensione
fondamentale del servizio dipende dal modo di concepire Dio. Se Dio è concepito
come un tiranno, il servizio diventa impossibile, ma se Dio è riconosciuto come
padre, e le sue parole come vincoli di amore, il servizio diventa liberante e
fondamento di dignità>> (Luciano Monari).
Il dramma
dell’umanesimo ateo: <<Non è vero che l’uomo possa organizzare la
terra senza Dio. E’ vero piuttosto che, senza Dio, egli non può che
organizzarla alla fin fine contro l’uomo>> (De Lubac)
«Il servizio di Dio vale
infinitamente più che la libertà del secolo», scrive S. Ambrogio (De fuga
Saeculi);
v Il peccato come il tentativo fallimentare dell’uomo di
emanciparsi da Dio
ð
La fatica dell’uomo nel
cogliere pienamente la dignità e la ricchezza di questo servizio e nel viverlo
con fedeltà.
ð
Cfr. Israele: un servizio
venato dalle infedeltà o dalla incapacità di fidarsi totalmente di Dio e di
cogliere, quindi, i comandamenti di Dio come legge di libertà.
ð
Il tentativo di spezzare i
legami e di scrollarsi di dosso il servizio non fa che ricadere in altre
schiavitù: cfr. idolatria/prostituzione di Israele
v Il Dio “geloso”
Dio richiede un rapporto esclusivo, il Dio di Israele
è un Dio geloso: <<geloso vuol dire che non sopporta concorrenti, che non
sopporta di dividere la sua gloria con un altro, che non sopporta quindi un
servizio a metà: un servizio a metà può apparire all’uomo già qualcosa, ma
davanti a Dio è qualche cosa di radicalmente insufficiente perché non
corrisponde al riconoscimento della
sovranità di Dio. Dio è tutto. Prendere un Dio a metà vuol dire in realtà non
considerarlo come Dio>> (Luciano Monari) .
PER LA REVISIONE DI VITA
ü Come intendo e come vivo la mia libertà di figlio di Dio?
ü
Come intendo e come vivo il
mio servizio a Dio nell’ubbidienza alla sua parola?
ü
Come intendo e come vivo
l’osservanza della Legge di Dio?
ü
L’esperienza del peccato
come autosufficienza
ü La tentazione del servizio a metà.
Colletta
Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell'universo, fa' che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Per il nostro Signore...
Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell'universo, fa' che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Per il nostro Signore...
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