“Ma noi a Scicli, finita
l’emergenza e il momento delle lacrime per i morti, cosa possiamo fare?” E’
questa la domanda che i ragazzi delle quinte classi delle scuole superiori ci
hanno rivolta in un incontro tenutosi venerdì scorso nei locali del Liceo di
Scicli, organizzato dal preside Enzo Giannone con il Sindaco di Scicli, il
sottoscritto in qualità di vicario foraneo, don Manlio Savarino giovane prete
ex alunno dello stesso liceo e un sacerdote eritreo in missione subito accorso
a Scicli appena saputo dello sbarco e della morte di tredici suoi compatrioti e
che si è messo subito a disposizione come interprete per l’accoglienza degli
eritrei al centro di Pozzallo e per il riconoscimento delle povere vittime,
tutti giovani tra i 20 e i 24 anni.
L’intento del preside, - già
espresso a conclusione della veglia organizzata il martedì precedente davanti
al Municipio di Scicli, con la fiaccolata della comunità civile e la preghiera
della comunità cristiana espressa dal sottoscritto e dal pastore della chiesa
evangelica di Scicli David Zomer e con la lettura dei messaggi del Presidente
della Repubblica, del Presidente della Camera dei deputati e del nostro Vescovo
– era quello di far diventare questo tragico evento l’occasione per
un’esperienza educativa per i ragazzi delle scuole in quanto cittadini e futuri
responsabili della cosa pubblica.
In questo l’intento è stato
raggiunto perché i ragazzi, dopo aver ascoltato la testimonianza del
missionario eritreo che ha illustrato le ragioni della fuga dalla loro patria
di tanti giovani alla ricerca di un luogo dove poter professare liberamente la
fede e vivere una vita libera e dignitosa, hanno riflettuto sulla esigenza di
educarsi a promuovere un nuovo stile di vita che faccia dell’accoglienza, nello
stile del dialogo e dell’arricchimento reciproco, di qualsiasi altra persona,
al di là di razza o confessione religiosa. E questo lo si può fare da subito e
con chiunque.
Così i ragazzi si sono mobilitati
per una iniziativa a favore degli eritrei ospiti del centro di Pozzallo,
nell’attesa di poter partecipare ai funerali dei loro giovani coetanei, ma
anche per studiare percorsi di integrazione con gli extracomunitari o comunque
bisognosi presenti in città.
Ignazio La China
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