Il Papa parla di "genocidio armeno " e subito
la Turchia reagisce duramente come se fosse stato attaccato intenzionalmente lo
stato turco. Eppure precedentemente Papa Francesco era stato accolto in Turchia
con segni di stima e di amicizia mai visti prima nei riguardi di un pontefice.
Cosa è successo? Nel 2016 la nazione armena commemorerà quello che dagli stessi
armeni viene definito "il grande male ". Cioè un progetto di distruzione di
massa della popolazione armena presente nell'impero ottomano perpetrato un
secolo fa. Ricordiamo che i turchi ottomani avevano occupato l'Armenia (ancora
oggi quella che viene detta "l'Armenia storica" è inglobata nel territorio dello
stato turco e l'Armenia attuale è solo un piccolo residuo del grande regno di
Armenia) e tra fine '800 ed inizi del '900 c'è il tentativo turco di creare una
grande Turchia che si estendesse fino al Turkmenistan. Per cui cominciarono le
prime stragi. A complicare le cose fu anche la prima guerra mondiale in cui i
turchi si trovarono alleati della Germania e gli armeni della Russia. Questo
fece si che gli armeni presenti in Turchia fossero considerati tendenzialmente
come nemici e fosse avviata una "guerra preventiva" nei loro confronti col
tentativo di eliminare la loro presenza fisica stessa dalla Turchia. Si cominciò
dalle classi dirigenziali, dagli intellettuali, dalle gerarchie ecclesiastiche,
per finire poi a tutte le classi del popolo, dagli uomini in grado di combattere
per finire a donne e bambini. Si contarono da un milione e mezzo a un milione e
ottocentomila caduti. È la cifra dei morti già indica il genocidio. Con coraggio
già allora - lo ha ricordato Papa Francesco nella sua omelia - Papa Benedetto
XV, che condannò come «inutile strage» la Prima Guerra Mondiale (AAS, IX [1917],
429), si prodigò fino all’ultimo per impedirlo, riprendendo gli sforzi di
mediazione già compiuti dal Papa Leone XIII di fronte ai «funesti eventi» degli
anni 1894-96. Egli scrisse per questo al sultano Maometto V,
implorando che fossero risparmiati tanti innocenti (cfr Lettera del 10 settembre
1915) e fu ancora lui che, nel Concistoro Segreto del 6 dicembre 1915, affermò
con vibrante sgomento: «Miserrima Armenorum gens ad interitum prope
ducitur», (AAS, VII [1915], 510). Cioè: "la miserissima popolazione
armena è condotta quasi all'annientamento". Di fatto è l'allarme per il
compiersi di un delitto atroce, quello che poi nel diritto internazionale verrà
codificato come genocidio. La Chiesa di Roma è stata sempre vicino a quella
Armena e da sempre ha sostenuto gli sforzi del popolo armeno nel veder
riconosciuto il genocidio perpetrato nei suoi confronti dalla comunità
internazionale. Lo stesso papa Francesco nella sua omelia non fa che riprendere
la Dichiarazione Comune, sottoscritta a Etchmiadzin il 27 settembre
2001 da Giovanni Paolo II e Karekin II quando dice: "Questa fede
ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento
anni fa che «generalmente viene definito come il primo genocidio del XX
secolo».
Nell'intento del Papa non c'è dunque nessuna
strategia politica né alcun attacco all'attuale stato turco. È un invito,
semmai, alla purificazione della memoria da entrambe le parti, perché tali
tragedie non si ripetano più, come lui stesso afferma: " Fare
memoria di quanto accaduto è doveroso non solo per il popolo armeno e per la
Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da
questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la
dignità umana. Anche oggi, infatti, questi conflitti talvolta degenerano in
violenze ingiustificabili, fomentate strumentalizzando le diversità etniche e
religiose. Tutti coloro che sono posti a capo delle Nazioni e delle
Organizzazioni internazionali sono chiamati ad opporsi a tali crimini con ferma
responsabilità, senza cedere ad ambiguità e compromessi. ...
Dio
conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e
quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh. Si tratta di popoli
che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi
di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di
solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito le nuove generazioni
possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme
di giustizia e di pace."
Il problema nasce
oggi dal fatto che la Turchia è pronta a riconoscere le singole stragi dei
civili armeni fatte, e per questo Erdogan l'anno scorso ha finalmente fatto le
condoglianze al popolo armeno, ma non la definizione di genocidio. Qui forse per
problemi di politica interna e di equilibri tra partiti in cui i conservatori
nazionalisti e islamisti fanno sentire il loro peso. Ma il coraggioso richiamo
di Papa Francesco ricorda che solo la verità farà libere due nazioni che un
opposto rancore tiene ancora incatenate al passato e che solo un perdono
reciproco e una riconciliazione sincera potrà aprire ad un futuro di
pace.
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