Qualche tempo fa una mia
‘confessione’ su Dibattito è uscita riportando nel titolo un errore, stravolgendo il famoso detto: “timeo lectorem unius libri”. Un errore
nato non da ignoranza (non sarò Cicerone ma, credetemi, almeno il latino della
Messa lo conosco!!!) ma dalla fretta e da un eccesso di fiducia nelle facoltà
del computer! Confesso infatti che se non ho l’urgenza della stampa del
giornale non riesco mai a dare l’ultimo tocco all’articolo. Così poi in fretta
mi affido al servizio di revisione e correzione automatica del computer che
certo non conosce il latino o, meglio, ha imparato a riconoscere solo le parole
che io altre volte ho usato e che ha memorizzato. Quando corregge perciò compie
due scelte: o lascia la parola sottolineata in rosso, per indicare quello che
secondo lui è un errore, oppure la cambia con un’altra che gli si avvicina e
che secondo lui è la forma esatta. Per curiosità sono andato a rivedere
l’origine dello sbaglio riscrivendo la frase al computer per seguire il modo
come procedeva alla correzione. Vi confesso che la cosa mi ha in un certo senso
coinvolto, e ho voluto vedere fino a che punto stiamo diventando
interdipendenti noi e queste macchine sui generis! Così ho scoperto che il mio
computer ha cambiato il ‘timeo’ in ‘temo’ (parola italiana più somigliante), il
‘lectorem’ in ‘lector’ (perché già usato altrove nel parlare del principio
ermeneutico del ‘lector in fabula’ e quindi memorizzato) e ha lasciato ‘unius’
in rosso. Non ha segnalato affatto ‘libri’ perché l’avrà scambiato per il
plurale italiano di libro. La mia fretta allora non mi ha fatto sentire il
bisogno di dare una guardata alle parole sottolineate in rosso e così è venuto
fuori l’errore! Mi scuso per la pedanteria della descrizione, ma è per far
comprendere – specie a chi non ha familiarità col computer – la riflessione che
ne è scaturita. Il mio errore infatti mi ha ricordato il tentativo di un gruppo
di esegeti di far tradurre alcuni brani evangelici al computer per avere una
traduzione quanto più neutrale possibile. Ebbene la frase di Gesù al Getsemani
“lo spirito è forte ma la carne è debole” fu tradotta con “l’alcool è forte di
gradi e la carne è tenera”!!! Che ne capisce un computer di allegorie,
similitudini, doppi sensi e cose del genere? Ma ancora di più mi ha ricordato
il film di Kieslowski sul I° Comandamento: “non avrai altro Dio all’infuori di
me”. Lì un padre ha educato il figlio nel culto dell’intelligenza artificiale
che è in grado di gestire tutta la vita domestica (ogni cosa nella loro casa è gestita dal computer) e che sogna essere in grado di
gestire in un futuro tutti gli aspetti della vita dell’uomo. Ma la tragedia è
dietro l’angolo: nonostante i calcoli del computer che indicavano lo spessore
del ghiaccio tale da sopportare il peso di un uomo, il figlio muore proprio
annegando nel fiume attraverso l’apertura di una crepa nel ghiaccio ‘sicuro’!
La lezione credo sia chiara: la vita non dipende dal computer. Perché fin
quando ci vada di mezzo un errore di scrittura o di traduzione tutto finisce
con una risata, ma quando questi strumenti sono caricati di attese eccessive,
specie quando ci si attende qualcosa che una macchina non può dare, qui
cominciano i problemi! Ho letto infatti da qualche parte che aumenta sempre di
più il numero delle persone che prendono a “botte” il proprio computer passando
dall’insulto alla demolizione totale! Ma insieme cresce anche il numero di chi
si rivolge sempre di più al proprio computer quasi con un ‘tu’ da dialogo
amicale da ‘Io e lui’ alla Moravia! C’è da pensare che il computer stia
diventando davvero il nostro alter ego o un’appendice della nostra personalità
di cui non riusciamo più a fare a meno? Con il computer ormai abbiamo un
rapporto in cui l’odio e l’amore si alternano e si mescolano in una specie di
strano e nuovo sentimento in cui stavolta il destinatario non è una persona ma
una macchina! Da quando ho comprato il computer ad esempio mi sono reso conto
come tante volte non sia facile proprio capire chi dei due comandi sull’altro!
Farne a meno? No, perché sono anche gli strumenti a fare un buon ‘mastro’ ci
avverte la sapienza antica e certo non sono di quelli che demonizzano il
progresso tout court. Dipende credo dal non riporre un’eccessiva fiducia in
quello che appunto non è altro che uno strumento. Perché in fondo è una
macchina e dimenticarlo è pericoloso! Quando si pensa che si possa sostituire
alla nostra intelligenza, alla nostra attenzione e al nostro lavoro spuntano
fuori i guai e allora le tirate di orecchie non se le merita lui ma ce le
meritiamo noi!
CATHOLICA FORMA : Non basta dirsi cristiani. Il credere deve avere una forma. La forma cattolica è il modo in cui la sostanza della fede cristiana prende corpo nel cuore dei credenti. Questo spazio vuole essere un luogo per mostrare la bellezza della fede cattolica.
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