Natale, ossia memoria della
nascita di Gesù in Betlem di Giuda, vissuto poi per trenta anni a Nazareth,
crocefisso a Gerusalemme dopo tre anni di ministero profetico pubblico in
Galilea e Giudea e risorto il terzo giorno. In lui quelli che dal suo nome si chiamano
cristiani, riconoscono appunto il Cristo parola greca che sta per Messia, vale
a dire l’Unto, il Consacrato da parte di YHWH. Una espressione biblica per
indicare il Figlio di Dio che viene a “mettere la sua tenda in mezzo a noi”
(Gv). Natale, memoria di una nascita: un compleanno dunque, anche se sui
generis! Ma niente altro che un compleanno! E come tutti i compleanni la festa
consiste anzitutto nel fare gli auguri al festeggiato. Purtroppo la
secolarizzazione tutto ha fatto diventare il Natale, tranne che il compleanno
del festeggiato! Io invito i lettori a pensare un po’ come starebbero male il
giorno del loro compleanno se nessuno degli amici e dei parenti li chiamassero
per far loro gli auguri! O, peggio, se, avendoli invitati alla vostra festa di
compleanno, tutti si scambiassero fra loro gli auguri, dimenticando di fare gli
auguri proprio a voi! Il Natale è proprio per questo la festa cristiana che mi
genera più sofferenza, perché è la festa che sta perdendo il suo festeggiato,
trasformata in una sorta di sagra dei buoni sentimenti, di un buonismo melenso
e sdolcinato in cui tutti, più o meno ipocritamente, si possono ritrovare. E
non è la prima volta che esterno in pubblico questo mio disagio. Mi è stato
chiesto di scrivere cosa rappresenta per me il Natale. Se è il memoriale della
nascita di Cristo, per me che credo nel suo essere pienamente Dio e Uomo, non
può che rappresentare la memoria di un grande dono che mi è stato fatto: il
dono di una “compagnia”.
Perché da quando Dio si è fatto
Uomo noi non siamo più soli: c’è un compagno che viene a condividere la nostra
strada, le nostre gioie e i nostri dolori, la nostra fatica e le nostre
speranze.
Natale è Dio che si fa dono: è
l’esempio di chi non fa doni, ma è esso stesso dono. Perciò non mi piace il
Natale, con tutta la sua corsa al regalo da fare, da ricevere, da ricambiare,
se mi fa correre il rischio di dimenticare che più che pacchi dono è la mia
vita che deve diventare dono. Mi piacerebbe dunque a Natale stringere meno
mani, dare meno baci e abbracci, fare e ricevere meno regali, ma avere
esperienze di incontri con persone più autentiche come io mi sforzo di essere
autentico nelle mie scelte di vita. E l’autenticità di Gesù consiste nel fatto
che è stato soprattutto uno spogliamento di se stesso: il suo dono è vero
perché nessuno lo potrà o dovrà mai ricambiare, per questo è pura esperienza di
gratuità, grazia, appunto. Natale è la festa di Gesù povero, nato nudo e morto
nudo perché tutto di se ha donato ai fratelli. Per questo Natale è la festa dei
poveri e non la festa dei regali sotto l’albero, delle ricche vetrine piene di
oggetti superflui, dei ricchi con la puzza sotto il naso che si mettono la
coscienza tranquilla solo per una buona azione l’anno. Natale è la festa della
dignità dei poveri e dei piccoli che nessuno deve osare più offendere, da
quando un Dio si è fatto esso stesso piccolo e povero. Ecco allora il Natale
che sogno: anzitutto un dire grazie a Gesù e augurargli che il suo esempio e le
sue parole non cadano nel vuoto! E poi, proprio per seguire il suo esempio, la
scelta di una maggiore attenzione a chi è povero: e questo lo può fare anche
chi non crede alla divinità di Cristo, perché dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli
assetati, vestire gli ignudi, ospitare i forestieri, curare gli infermi,
visitare i carcerati…lo può fare chiunque e farlo, se non più cristiani, almeno
ci fa essere più uomini!
Duemilaquattordici auguri di buon
compleanno allora caro Gesù, e tu aiutaci a non strumentalizzare il tuo Natale!
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