Confesso di essere stato il
primo a stupirmi del dibattito animato
intorno alla Calvalcata. E non per il solito rumore che si fa intorno a questo
evento, a volte attento solo a note marginali o negative, quanto invece per la
positività con cui - a mio parere - una collettività intera si è interrogata in
fondo sulle proprie origini e sulle proprie tradizioni. Che nei crocicchi delle
strade, nei bar, nei circoli, nei servizi televisivi si parli di cavalli e bardature, ci si
interroghi se bisogna rimanere fermi al modo tradizionale di cucire ‘u balucu’
nei ‘manti’ o se bisogna aprirsi a nuove tecniche, se conta di più il cavallo o
il manto, se la cavalcata è ‘un’infiorata su cavalli’ o se basta un mazzo di
fiori e un filare di campane per bardare un cavallo, che ci si interroghi se è
giusta una premiazione o no e in che termini vada concepita... io credo che sia
altamente positivo. Perché al di là delle discussioni più o meno animate e
delle conclusioni alle quali si approda,
credo che il confrontarsi su un qualcosa che viene sentito come un
patrimonio comune da conservare, da tenere vivo, da tramandare alle nuove
generazioni non possa che fare bene ad
una città che, come qualsiasi collettività, se non vuole perdere la propria
identità, se vuole guardare in modo serio al futuro, non può prescindere dalla
propria storia e alla propria cultura. Spesso purtroppo ci si ferma alle
banalità quotidiane, tirando quasi a campare da un giorno all’altro, senza
avere il coraggio di confrontarsi né con il proprio passato né di proiettarsi
con intelligenza verso il futuro. Come pure spesso chi potrebbe avere un ruolo
determinante in questo progetto di recupero della memoria e della cultura della
nostra cittadina si fa distrarre da motivi forse più alla moda o che
solleticano di più il gusto di qualche elité piuttosto che aiutare un
ripensamento serio sulle proprie radici. E’ facile sparare a zero su certe
manifestazioni come obsolete, come è facile ridurre tutto a puro folklore e
attrazione turistica : ma il contatto con tante persone che in occasione
della Cavalcata e della festa di San Giuseppe ha voluto condividere con me la
propria idea, magari raccontandomi qualche aneddoto in proposito, mi ha dato
modo di vedere come ancora nonostante tutto non solo resistono tradizioni, ma
resiste quella bontà, quella genuinità di fondo che fanno di una tradizione una ‘sana’
tradizione ! E sono le sane tradizioni che a volte ci aiutano a trovare o
ritrovare il gusto della vita. Quando si
vedono i volti di tutti, sia dopo la Cavalcata come dopo tutta la festa - ma il
pensiero corre parallelo alla festa del Cristo Risorto per cui si potrebbe
ripetere pari pari quanto stiamo dicendo a proposito di Cavalcata - ritornare
sereni a casa, quasi soddisfatti per aver fatto una cosa che proprio così
andava fatta, allora uno comprende come abbia ragione quel grande studioso di
religiosità naturale che fu Mircea Eliade, nel definire queste esperienze come
quelle - e solo quelle - capaci di far aprire il profano al sacro e dal sacro
dare senso al profano e alla quotidianità dei giorni, la cui monotonia deve
essere rotta dall’esperienza della festa, l’unica capace di sublimare il dolore
dell’uomo. Perché la festa è importante e fondamentale anzitutto per chi la
celebra, per chi ne è protagonista, per chi vi si lascia coinvolgere. E non per
gli spettatori o i turisti. Perché questi vedono solo l’esterno, il folklore,
la curiosità, ma poi se ne vanno. La festa è di chi fa festa ! La gioia è
di chi fa la Cavalcata o di chi si ‘carica’ il Cristo Risorto : anche se
non ci fosse un solo spettatore o un solo turista. Per questo credo che non
bisogna indulgere a nessuna tentazione che vuol far diventare la Cavalcata o la
festa dell’Uomo Vivo uno spettacolo da osservare o un evento compreso in un
pacchetto prepagato per agenzie turistiche. L’evento culturale - e che qui si
fonde col religioso - è ben altro. Altrimenti trasformeremo le nostre feste in
eventi freddi come purtroppo avviene da alcuni anni ad esempio a Modica per la
‘Madonna vasa vasa’ in cui la gente assiste passivamente ad una
rappresentazione portata avanti da alcuni operatori pagati dal Comune, o per le
altre feste in cui i parroci devono pagare i portatori dei fercoli delle
statue ! Oppure arriveremo a organizzare Cavalcata e Pasqua ad agosto per
avere più turisti ! Qualcuno mi
dirà magari che mi sono fissato a ripetere sempre le solite cose : è vero,
ma è perché ci credo profondamente. Perché penso che sia questo mio compito,
anche come prete. Perché tutta l’esperienza di fede biblica si basa su una
categoria : quella del memoriale : l’uomo che non ricorda, l’uomo che
non ha memoria, l’uomo che non coltiva la memoria attraverso la tradizione,
cioè la trasmissione della memoria di padre in figlio, è un uomo morto. No,
anzi, non è mai esistito ! E confesso che la cosa mi preoccupa !
CATHOLICA FORMA : Non basta dirsi cristiani. Il credere deve avere una forma. La forma cattolica è il modo in cui la sostanza della fede cristiana prende corpo nel cuore dei credenti. Questo spazio vuole essere un luogo per mostrare la bellezza della fede cattolica.
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