sabato 19 dicembre 2015

La cavalcata di san Giuseppe: parliamone prima con calma. Ecco cosa scrivevo nel 2000. Cosa rimane e cosa è cambiato?

Confesso di essere stato il primo  a stupirmi del dibattito animato intorno alla Calvalcata. E non per il solito rumore che si fa intorno a questo evento, a volte attento solo a note marginali o negative, quanto invece per la positività con cui - a mio parere - una collettività intera si è interrogata in fondo sulle proprie origini e sulle proprie tradizioni. Che nei crocicchi delle strade, nei bar, nei circoli, nei servizi televisivi  si parli di cavalli e bardature, ci si interroghi se bisogna rimanere fermi al modo tradizionale di cucire ‘u balucu’ nei ‘manti’ o se bisogna aprirsi a nuove tecniche, se conta di più il cavallo o il manto, se la cavalcata è ‘un’infiorata su cavalli’ o se basta un mazzo di fiori e un filare di campane per bardare un cavallo, che ci si interroghi se è giusta una premiazione o no e in che termini vada concepita... io credo che sia altamente positivo. Perché al di là delle discussioni più o meno animate e delle conclusioni alle quali si approda,  credo che il confrontarsi su un qualcosa che viene sentito come un patrimonio comune da conservare, da tenere vivo, da tramandare alle nuove generazioni  non possa che fare bene ad una città che, come qualsiasi collettività, se non vuole perdere la propria identità, se vuole guardare in modo serio al futuro, non può prescindere dalla propria storia e alla propria cultura. Spesso purtroppo ci si ferma alle banalità quotidiane, tirando quasi a campare da un giorno all’altro, senza avere il coraggio di confrontarsi né con il proprio passato né di proiettarsi con intelligenza verso il futuro. Come pure spesso chi potrebbe avere un ruolo determinante in questo progetto di recupero della memoria e della cultura della nostra cittadina si fa distrarre da motivi forse più alla moda o che solleticano di più il gusto di qualche elité piuttosto che aiutare un ripensamento serio sulle proprie radici. E’ facile sparare a zero su certe manifestazioni come obsolete, come è facile ridurre tutto a puro folklore e attrazione turistica : ma il contatto con tante persone che in occasione della Cavalcata e della festa di San Giuseppe ha voluto condividere con me la propria idea, magari raccontandomi qualche aneddoto in proposito, mi ha dato modo di vedere come ancora nonostante tutto non solo resistono tradizioni, ma resiste quella bontà, quella genuinità di fondo che  fanno di una tradizione una ‘sana’ tradizione ! E sono le sane tradizioni che a volte ci aiutano a trovare o ritrovare il gusto della vita. Quando  si vedono i volti di tutti, sia dopo la Cavalcata come dopo tutta la festa - ma il pensiero corre parallelo alla festa del Cristo Risorto per cui si potrebbe ripetere pari pari quanto stiamo dicendo a proposito di Cavalcata - ritornare sereni a casa, quasi soddisfatti per aver fatto una cosa che proprio così andava fatta, allora uno comprende come abbia ragione quel grande studioso di religiosità naturale che fu Mircea Eliade, nel definire queste esperienze come quelle - e solo quelle - capaci di far aprire il profano al sacro e dal sacro dare senso al profano e alla quotidianità dei giorni, la cui monotonia deve essere rotta dall’esperienza della festa, l’unica capace di sublimare il dolore dell’uomo. Perché la festa è importante e fondamentale anzitutto per chi la celebra, per chi ne è protagonista, per chi vi si lascia coinvolgere. E non per gli spettatori o i turisti. Perché questi vedono solo l’esterno, il folklore, la curiosità, ma poi se ne vanno. La festa è di chi fa festa ! La gioia è di chi fa la Cavalcata o di chi si ‘carica’ il Cristo Risorto : anche se non ci fosse un solo spettatore o un solo turista. Per questo credo che non bisogna indulgere a nessuna tentazione che vuol far diventare la Cavalcata o la festa dell’Uomo Vivo uno spettacolo da osservare o un evento compreso in un pacchetto prepagato per agenzie turistiche. L’evento culturale - e che qui si fonde col religioso - è ben altro. Altrimenti trasformeremo le nostre feste in eventi freddi come purtroppo avviene da alcuni anni ad esempio a Modica per la ‘Madonna vasa vasa’ in cui la gente assiste passivamente ad una rappresentazione portata avanti da alcuni operatori pagati dal Comune, o per le altre feste in cui i parroci devono pagare i portatori dei fercoli delle statue ! Oppure arriveremo a organizzare Cavalcata e Pasqua ad agosto per avere più turisti !  Qualcuno mi dirà magari che mi sono fissato a ripetere sempre le solite cose : è vero, ma è perché ci credo profondamente. Perché penso che sia questo mio compito, anche come prete. Perché tutta l’esperienza di fede biblica si basa su una categoria : quella del memoriale : l’uomo che non ricorda, l’uomo che non ha memoria, l’uomo che non coltiva la memoria attraverso la tradizione, cioè la trasmissione della memoria di padre in figlio, è un uomo morto. No, anzi, non è mai esistito ! E confesso che la cosa mi preoccupa ! 

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