Il prelato della lobby gay
Fatti e personaggi dello scandaloso passato dell'uomo che Francesco, ignaro, ha delegato a rappresentarlo nello IOR. Ecco come vive e prospera in Vaticano un potere parallelo che trama ai danni del papa
di Sandro Magister
di Sandro Magister
ROMA, 18 luglio 2013 – "Nella curia si parla di 'lobby gay'. Ed è vero, c'è. Vediamo cosa possiamo fare", disse Francesco il 6 giugno a dei religiosi latinoamericani ricevuti in udienza.
E ancora: "Non è facile. Qui ci sono molti ‘padroni’ del papa e con molta anzianità di servizio", ha confidato qualche giorno fa all'amico argentino ed ex alunno Jorge Milia.
Effettivamente, alcuni di questi "padroni" hanno tramato ai danni di Jorge Mario Bergoglio il più crudele e subdolo inganno da quando è stato eletto papa.
L'hanno tenuto all'oscuro delle rilevanti informazioni che, se da lui conosciute per tempo, l'avrebbero trattenuto dal nominare monsignor Battista Ricca "prelato" dell'Istituto per le Opere di Religione.
Con questa nomina, resa pubblica il 15 giugno, Francesco intendeva collocare all'interno dello IOR una persona di sua fiducia in un ruolo chiave. Col potere di accedere a tutti gli atti e documenti e di assistere a tutte le riunioni sia della commissione cardinalizia di vigilanza, sia del consiglio di sovrintendenza, cioè del board della disastrata “banca” vaticana. Insomma, col compito di farvi pulizia.
Ricca, 57 anni, originario della diocesi di Brescia, proviene dalla carriera diplomatica. Ha prestato servizio per quindici di anni in nunziature di vari paesi, prima di essere richiamato in Vaticano, in segreteria di Stato. Ma ha conquistato la fiducia di Bergoglio in un'altra veste, inizialmente come direttore della residenza di via della Scrofa nella quale l'arcivescovo di Buenos Aires alloggiava durante le sue visite a Roma, e ora anche come direttore della Domus Sanctæ Marthæ nella quale Francesco ha scelto di abitare da papa.
Prima della nomina, a Francesco era stato fatto vedere, come è consuetudine, il fascicolo personale riguardante Ricca, dove non aveva trovato nulla di disdicevole. Aveva anche ascoltato varie personalità della curia e nessuna aveva sollevato obiezioni.
Appena una settimana dopo aver nominato il "prelato", però, negli stessi giorni in cui incontrava i nunzi apostolici convenuti a Roma da tutto il mondo, il papa è venuto a conoscenza, da più fonti, di trascorsi di Ricca a lui fin lì ignoti e tali da recare seri danni allo stesso papa e alla sua opera di riforma.
Dolore per essere stato tenuto all'oscuro di fatti tanto gravi e volontà di rimediare alla nomina da lui compiuta, sia pure non definitiva ma "ad interim": sono stati questi i sentimenti espressi da papa Francesco una volta conosciuti questi fatti.
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Il buco nero, nella storia personale di Ricca, è il periodo da lui trascorso in Uruguay, a Montevideo, sulla sponda nord del Rio de la Plata, di fronte a Buenos Aires.
Ricca arrivò in questa nunziatura nel 1999, quando il mandato del nunzio Francesco De Nittis volgeva al termine. In precedenza aveva prestato servizio nelle missioni diplomatiche del Congo, dell'Algeria, della Colombia e infine della Svizzera.
Qui, a Berna, aveva stretto amicizia con un capitano dell'esercito svizzero, Patrick Haari. I due arrivarono in Uruguay assieme. E Ricca chiese che anche al suo amico fossero dati un ruolo e un alloggio nella nunziatura.
Il nunzio respinse la richiesta. Ma pochi mesi dopo andò in pensione e Ricca, rimasto come incaricato d'affari "ad interim" in attesa del nuovo nunzio, assegnò l'alloggio in nunziatura a Haari, con regolare assunzione e stipendio.
In Vaticano lasciarono fare. All'epoca, in segreteria di Stato era sostituto per gli affari generali Giovanni Battista Re, futuro cardinale, anche lui originario della diocesi di Brescia.
L'intimità di rapporti tra Ricca e Haari era così scoperta da scandalizzare numerosi vescovi, preti e laici di quel piccolo paese sudamericano, non ultime le suore che accudivano alla nunziatura.
Anche il nuovo nunzio, il polacco Janusz Bolonek, arrivato a Montevideo all'inizio del 2000, trovò subito intollerabile quel "ménage" e ne informò le autorità vaticane, insistendo più volte con Haari perché se ne andasse. Ma inutilmente, dati i legami di questi con Ricca.
Nei primi mesi del 2001 Ricca incappò in più di un incidente per la sua condotta sconsiderata. Un giorno, recatosi come già altre volte – nonostante gli avvertimenti ricevuti – in Bulevar Artigas, in un locale di incontri tra omosessuali, fu picchiato e dovette chiamare in aiuto dei sacerdoti per essere riportato in nunziatura, con il volto tumefatto.
Nell'agosto dello stesso 2001, altro incidente. In piena notte l'ascensore della nunziatura si bloccò e di prima mattina dovettero accorrere i pompieri. I quali trovarono imprigionato nella cabina, assieme a monsignor Ricca, un giovane che le autorità di polizia identificarono.
Il nunzio Bolonek chiese l'immediato allontanamento di Ricca dalla nunziatura e il licenziamento di Haari. E ottenne il via libera dal segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano.
Ricca, pur recalcitrante, fu trasferito alla nunziatura di Trinidad e Tobago, dove rimase fino al 2004. Anche lì entrando in urto col nunzio. Per essere infine richiamato in Vaticano e tolto dal servizio diplomatico sul campo.
Quanto a Haari, all'atto di lasciare la nunziatura pretese che dei suoi bauli fossero inviati in Vaticano come bagaglio diplomatico, all'indirizzo di monsignor Ricca. Il nunzio Bolonek rifiutò e i bauli finirono depositati in un edificio esterno alla nunziatura. Dove rimasero per qualche anno, fino a che, da Roma, Ricca disse di non voler più avere a che fare con essi.
Una volta aperti i bauli per eliminarne il contenuto – come deciso dal nunzio Bolonek – vi furono trovate una pistola, consegnata alle autorità uruguayane, e, oltre agli effetti personali, una quantità ingente di preservativi e di materiale pornografico.
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In Uruguay i fatti sopra riferiti sono noti a decine di persone: vescovi, sacerdoti, religiose, laici. Senza contare le autorità civili, dalle forze di sicurezza ai vigili del fuoco. Molte di queste persone hanno avuto di quei fatti un'esperienza diretta, in vari momenti.
Ma anche in Vaticano c'è chi ne è a conoscenza. Il nunzio dell'epoca, Bolonek, si è sempre espresso con severità nei confronti di Ricca, nel riferire a Roma.
Eppure una coltre di pubblico silenzio ha coperto fino ad oggi questi trascorsi del monsignore.
In Uruguay c'è chi rispetta la consegna del silenzio per scrupolo di coscienza. Chi per dovere d'ufficio. Chi tace perché non vuole mettere in cattiva luce la Chiesa e il papa.
Ma in Vaticano c'è chi ha promosso attivamente questa operazione di copertura. Frenando le indagini dall'epoca dei fatti ad oggi. Occultando i rapporti del nunzio. Tenendo immacolato il fascicolo personale di Ricca. In tal modo ha agevolato allo stesso Ricca una nuova prestigiosa carriera.
Dopo il suo ritorno a Roma, il monsignore è stato inquadrato nel personale diplomatico in servizio presso la segreteria di Stato: inizialmente, dal 2005, nella prima sezione, quella degli affari generali, poi, dal 2008, nella seconda sezione, quella dei rapporti con gli Stati, e poi di nuovo, dal 2012, nella prima sezione, con una qualifica di alto livello, quella di consigliere di nunziatura di prima classe.
Tra i compiti che gli sono stati assegnati c'è stato il controllo delle spese delle nunziature. È anche da ciò è nata quella fama di incorruttibile moralizzatore che gli è stata assegnata dai media di tutto il mondo, alla notizia della sua nomina a "prelato" dello IOR.
In più, a partire dal 2006, è stata affidata a monsignor Ricca la direzione prima di una, poi di due e infine di tre residenze per cardinali, vescovi e sacerdoti in visita a Roma, tra cui quella di Santa Marta. E questo gli ha consentito di tessere una fitta rete di relazioni con i più alti gradi della gerarchia cattolica di tutto il mondo.
La nomina a "prelato" dello IOR è stata per Ricca il coronamento di questa sua seconda carriera.
Ma è stata anche l'inizio della fine. Per le tante persone rette che sapevano dei suoi trascorsi scandalosi, la notizia della promozione è stata motivo di estrema amarezza, ancor più acuta perché vista gravida di danni per l'ardua impresa che papa Francesco ha in corso d'opera, di purificazione della Chiesa e di riforma della curia romana.
Per questo alcuni hanno ritenuto doveroso dire al papa la verità. Sicuri che ne trarrà le decisioni conseguenti.
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Questo articolo è uscito su "L'Espresso" n. 29 del 2013, in edicola dal 19 luglio:
> L'Espresso
Sullo stesso tema, l'editoriale del direttore Bruno Manfellotto:
> Anche il papa ha molti padroni
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