sabato 22 dicembre 2018

PENSARE L’ISLAM

 
Introduzione - Per una metodologia del confronto

1. La necessità di un confronto serio con l’Islam.


Il discorso sull’Islam deve iniziare da una conoscenza oggettiva dell’identità islamica (ed è quanto faremo nella prima parte di questa relazione, con l’esposizione dell’Islam a partire dall’Islam stesso) per poi andare ad un confronto con l’oggettiva identità cristiana (ed è quanto faremo nella seconda parte di questa relazione a partire dalla domanda del rapporto dell’Islam con l’economia salvifica cristiana, giacché l’Occidente è stato “formato” dalla tradizione giudaico-cristiana): nel discernimento sarà così facile evidenziare convergenze o differenze tra cristianesimo ed islam e da qui l’indicazione di alcuni punti fermi per il confronto e il dialogo (ed è quanto faremo nella terza parte).

2. Attenzione alle false letture “occidentali”: per evitare di parlarsi addosso tra occidentali…


 


Premessa.


1. Il mondo di provenienza di Mohamed: il paganesimo politeista della penisola araba.


2. L’esperienza personale di Mohamed: non si capisce l’Islam senza nonoscere la vita di Mohamed


1. Maometto e la fondazione dell’Islam come superamento e correzione di ebraismo e cristianesimo


1. La visione islamica dell’ebraismo


Mohammed non ha una conoscenza diretta dell’ebraismo classico e canonico: conosce solo alcune tradizioni orali e alcune storie bibliche mediate dai racconti del Talmud e dalle scuole rabbiniche tramite quei gruppi di ebrei che per sfuggire alle persecuzioni avevano trovato rifugio in Arabia e nello Yemen, a Medina prima ancora che giungessero gli arabi si trovavano tre tribù ebraiche: Mohammed in principio sperò di essere accolto dagli ebrei come un continuatore degli antichi profeti, ma nonostante gli sforzi per ingraziarseli, quali ad esempio l’indicazione primitiva di pregare verso Gerusalemme non riuscì nel suo proposito.

Sia per i contrasti avuti con gli ebrei a Medina, che lo porterà ad esiliare due tribù da Medina e a comandare l’eccidio totale della terza, sia per la considerazione di corruttori delle Scritture e trasgressori dei patti con Dio, sia per il fatto che la loro serie dei “profeti” si ferma alla storia antica di Israele, Mohammed non ha una buona considerazione per gli ebrei.

Da notare come Mohammed ha una visione meccanica della Rivelazione, data sempre da Dio tramite uno scritto: così è per Mosè a cui Dio consegna la Torà, così è per Davide a cui Dio consegna il libro dei Salmi (di passaggio sottolineiamo questa stranezza su Davide a cui però poi nel Corano non consegue nessuna rilevanza né teologica né cultuale).

2. La visione islamica del cristianesimo


Allo stesso modo i cristiani, chiamati a raddrizzare gli errori degli ebrei, alla fine secondo Mohamed si sono corrotti anche loro. Mohammed non conosce direttamente né i vangeli né le formulazioni dogmatiche ufficiali della Chiesa: la sua conoscenza deriva dai racconti dei vangeli apocrifi e da un contatto con cristiani (monaci?) monofisiti e nestoriani di origine copta-abissina o siriaca dei superstiti staterelli cristiani della penisola arabica, comunque sono fonti eterodosse che minano già all’origine una corretta conoscenza del cristianesimo. Anzi anche qui sembra che il Corano non conosca la quadruplice redazione dei vangeli ma, parlando del Vangelo sempre al singolare, di fatto – come per il libro della Torà di Mosè e il libro dei Salmi di Davide – anche qui si dà l’idea del Vangelo come un libro unico per i cristiani.

Stando ad alcune affermazioni del Corano, i cristiani dovrebbero essere più vicini ai musulmani, giacché l’accettazione del libro del Vangelo, permette di comprendere tutta la linea degli inviati di Dio fino a Gesù, venuto a preparare la strada a Mohammed. Ma se gli ebrei sbagliano a non considerare Gesù come messia, altrettanto sbagliano, per il Corano, i cristiani a considerare Gesù figlio di Dio. Comunque una sura afferma esplicitamente che “tra i nemici più perfidi si trovano i giudei, mentre  più cordialmente vicini ci sono i cristiani per la loro mitezza”.

Tuttavia questo riconoscimento non porta assolutamente ad una visione positiva del cristianesimo, giacché per salvarsi è detto esplicitamente che né ebrei né cristiani si salveranno ma solo i musulmani: unica eccezione che viene fatta è a livello politico, con la concessione della protezione accordata a ebrei e cristiani, dietro il pagamento  di un tributo, che ne fa però cittadini di seconda categoria senza o quasi nessun diritto. Mentre infatti non c’è nessuna pietà per i pagani che sono combattuti finché non saranno andati via da un paese musulmano, il comando nei confronti di ebrei e cristiani è attenuato: “combatteteli finché non paghino il tributo uno per uno, umiliàti” (Sura IX,29).

3. La missione che Mohamed si affida


Mohammed dunque pensa alla sua missione come restaurazione della “religione” universale e unica a cui Dio aveva chiamato ogni uomo a partire da Adamo.

E dopo il peccato di Adamo ed Eva e la depravazione della prima generazione, Dio col diluvio purifica l’umanità e con Noè inizia una nuova storia.

Dio avrebbe affidato a Mohammed l’incarico di essere suo messaggero con l’intenzione di riportare gli uomini nella tradizione religiosa precedente, che si fa risalire a Noè.

Il messaggio che deve recare Mohammed serve come:

- correzione del messaggio divino travisato da ebrei e cristiani (personaggi ed episodi sono riletti in chiave islamica)

- superamento del messaggio della torà ebraica e del vangelo cristiano

- completamento (o meglio, restaurazione) della rivelazione circa il vero culto da dare a Dio, restaurazione cominciata con la Torà e il Vangelo ma poi tradita a causa della corruzione dei testi da parte di ebrei e cristiani.

Mohammed  sarebbe così il vero interprete di tutti i testi sacri precedenti che vengono considerati corrotti: Dio ha veramente parlato nei testi biblici ebraici e cristiani ma questi li avrebbero corrotti per non fare la volontà di Dio perciò cristiani ed ebrei devono accettare il messaggio del Corano che viene a correggere le loro Scritture interpolate: così facendo ebrei e cristiani ritornano al vero culto di Noè!

Come dire che – secondo il Corano - si può essere cristiani o ebrei autentici solo se si diventa musulmani! Bisogna fare attenzione a questa affermazione che è quella che anima ad esempio quella che potremmo chiamare la missione islamica ad gentes e che spesso è sottesa nel rapporto tra cristianesimo ed islam:

4. La vera religione: la storia del mondo secondo l’islam


Vediamo in sintesi la lettura di questa storia.

Secondo il Corano, Dio creando Adamo avrebbe voluto un culto universale da tutti gli uomini, ma con la corruzione a causa dell’immoralità crescente Dio passa a punire gli uomini con il diluvio universale.

Con Noè Dio inizia una nuova storia dopo il diluvio e tramite le varie dinastie dei discendenti di Noè avrebbe voluto essere conosciuto e adorato da tutti i popoli, cosa che invece non avviene.

Noè è il capostipite del vero culto ma dopo la sua morte gli uomini traviano dal vero culto: tutta la storia successiva è la storia di questo traviamento, nonostante Dio ogni tanto abbia tentato di mandare suoi inviati per restaurare il vero culto.

Abramo è il primo, ma nonostante la sua fede personale non riesce nell’intento di riportare gli uomini al vero culto;

Così non ci riuscirà neanche Mosè e gli altri che verranno dopo di lui;

Alla fine Dio manda Gesù, uomo santo e pio, appellato con diversi attributi tra cui Messia, Verbo di Dio, Spirito di Dio, per preparare la strada a Mohammed, il restauratore finale del vero culto di Noè che ebrei e cristiani non hanno osservato tradendo le consegne che Dio aveva fatto con loro tramite le loro Scritture sacre.

5. Il Corano come nuovo e ultimo libro sacro


Sappiamo come Mohammed presenti il Corano come il libro sacro che è in cielo presso Dio e che viene fatto scendere su Maometto tramite l’angelo Gabriele in lingua araba perché lo comunichi a tutti.

Da notare come le tribù arabe erano illetterate per cui il Corano in arabo è anche il primo esempio di letteratura araba e perciò la lingua araba è pensata così strettamente connessa al testo sacro che è impensabile una traduzione in altre lingue del Corano.

In realtà il Corano si potrebbe intendere quasi come il “verbale” delle supposte rivelazioni/messaggi che Mohamed avrebbe ricevuto

6. Mohammed e i personaggi biblici riletti nel Corano


Ma vediamo il ruolo di Mohammed più da vicino.

Secondo il Corano Dio chiama Mohammed come Messaggero (rasul) e Profeta (nabì) a predicare la vera religione: a conferma della sua missione Dio stesso gli presenta le storie degli inviati e profeti precedenti, introdotte sempre dalla stessa formula “e ricordati di… (che già inviammo)…” e che servono a rincuorare Mohammed davanti al rifiuto che gli viene opposto.

Ricordiamo infatti che tutte le storie dei personaggi biblici sono raccontate nelle sure del periodo meccano, quando cioè Maometto sperimenta l’avversione ed il rifiuto dei suoi fino alla persecuzione che lo costringerà a scappare via. I personaggi biblici sono così presentati come esempio di veri credenti (musulmani ante litteram) ma insieme le loro storie diventano esemplari anche per chi ascolta perché sono anche storie di punizione nei confronti di coloro che hanno respinto i profeti e quindi sono di monito per chi ascolta.

Per comprendere queste storie bisogna che sia chiaro il fatto che gli elementi riferiti ai personaggi biblici sono stati “interamente rielaborati in funzione di Mohammed… storie e caratteristiche, vicende e termini, devono essere letti in stretta relazione alla sua vicenda umana” (Tottoli). 

Tutti i personaggi biblici precedenti sono considerati “profeti” (nabì) da Adamo a Gesù, alcuni anche inviati (rasul):  da notare la differenza tra rasul/messaggero usato nel primo periodo del suo rifiuto alla Mecca, e nabì/profeta usato nel periodo in cui ormai è patriarca affermato a Medina: si noti ancora come la dicitura di profeta qui può essere ambigua perché rimanda a connotazioni bibliche della profezia che nel Corano invece non si trovano: il senso islamico potrebbe essere meglio tradotto con guida/capo spirituale di un popolo.

Mohammed è l’ultimo di queste guide, “il sigillo dei messaggeri”: con lui Dio chiuderebbe la serie dei messaggeri, dopo di lui si afferma che Dio non manderà altri. E’ interessante notare come nella prima fase islamica si sottolinea che Mohammed non è diverso dagli altri; solo nella fase finale (e più che nel Corano nei Detti, si sottolineerà la diversità e la superiorità di Mohammed rispetto a tutti gli inviati precedenti).

Ma la caratteristica più importante è che in filigrana in ogni storia c’è l’esperienza dell’insuccesso di Mohammed tra i pagani della Mecca e tra gli ebrei alla Medina, le storie non sono raccontate per intero così come noi le conosciamo, ma solo quelle parti che servono a costituire un exemplum per Mohammed: così dietro il racconto di Noè c’è l’insuccesso di Mohammed deriso dai nobili e dai capi meccani mentre lui offriva loro la salvezza dal paganesimo; Abramo fu amico di Dio perché superò l’idolatria del padre e fu esempio di sottomissione cieca a Dio nel sacrificio del figlio e presentandosi così come il primo musulmano non viene considerato né ebreo né cristiano ma l’ideale prefigurazione di Mohammed fondatore di una nuova discendenza di credenti (e perciò anche Mohammed si definisce amico di Dio); Ismaele è ricordato solo perché secondo una tradizione avrebbe edificato con Abramo la Ka’ba e sarebbe stato sincero e devoto (mentre per un’altra tradizione è già Adamo ad edificare la Ka’ba e ad insegnare le cerimonie del pellegrinaggio e ciò è più in linea con l’idea di Adamo depositario iniziale della vera religione): ma qui si intuisce ancora la figura di Mohammed, di una tribù ismaelita, che instaura il culto alla Ka’ba; così dietro Lot c’è lo sprone a Mohammed nell’apparente fallimento della missione, mentre nel racconto di Giuseppe c’è in velina la storia di Mohammed costretto a scappare a Medina ma che alla fine conobbe il suo trionfo: e come Giuseppe fu generoso con i suoi fratelli così Mohammed è generoso con i meccani che l’avevano respinto ed insidiato; Mosè è poi il personaggio più citato di tutti e si capisce il perché: come lui Mohammed è alla guida di un popolo e come a Mosè fu dato il libro della Torà così a lui è dato il Corano; e come Davide per la sua devozione e il pentimento dopo le sue colpe per le sue debolezze umane fu reso da Dio suo vicario e sovrano potente e forte guerriero, così Mohammed è scelto vicario da Dio per guidare con forza e pietà il suo popolo; Salomone – di cui si racconta l’incontro con la regina di Saba ed è chiaro il perché -  poi è presentato come il messaggero e sovrano musulmano per antonomasia come deve essere lo stesso Mohammed; Giobbe diventa lo specchio della pazienza di Mohammed per le prove sostenute alla Mecca; in Giona è prefigurato l’esito della predicazione di Mohammed ed Elia che vince i sacerdoti di Baal è Mohammed che trionfa sugli idolatri della Mecca; infine lo stesso Gesù è presentato sempre come un uomo (l’unico però di cui non si parla di peccato) mandato da Dio come precursore di Mohammed e come colui che in veste di Messia ritornerà alla fine dei tempi ad inaugurare il giudizio finale dopo una lotta con l’Anticristo e dopo aver distrutto tutte le croci ed i maiali! Connesse alla figura di Gesù troviamo poi le storie di Zaccaria e di Maria. Zaccaria, è ricordato oltre che per essere padre di Giovanni (di cui si parla solo per la sua vita pura e rispettosa dei genitori ma di cui si sconosce l’attività di battista), soprattutto per essere colui a cui è affidata Maria: di questa è ripresa la storia dagli apocrifi ed esaltata la sua verginità: a chi l’accusa di essere una cattiva donna sarà lo stesso Gesù neonato a rivelare il mistero del concepimento e del parto per la potenza di Dio. Ma ricordiamo che Gesù è considerato un uomo per nulla diverso da tutti gli inviati precedenti: se si raccontano la sua nascita verginale da Maria (osannata per la sua fede obbediente nell’onnipotenza di Dio) o i suoi miracoli o anche la sua elevazione in cielo al posto della morte in croce (ma il Corano è contraddittorio circa la sua morte) lo si fa solo per sottolineare l’onnipotenza di Dio che può fare quello che vuole e non è legato da nessuna legge né naturale né umana e che usa chi vuole per rivelare la sua potenza (in fondo, si dice, anche Adamo fu creato senza genitori, ma non fa di lui un figlio di Dio!)

Notiamo infine che nel Corano si parla anche di altre figure bibliche e non bibliche minori (di alcune si riporta solo il nome e di altri solo un accenno senza nome che ne rende difficile l’identificazione) ma il contesto è sempre e solo quello evidenziato per i personaggi di maggior spicco: per ribadire che Dio ha mandato sempre inviati per ricordare il vero culto che lui vuole a tutti i popoli e che Mohammed è l’ultimo e colui che chiude la serie.

2. Quale fede, quale uomo, quale vita secondo l’islam?


Arrivati a questo punto – premesso quanto abbiamo detto su Mohammed mandato a restaurare il vero culto di sottomissione a Dio - allora la domanda che si pone è la seguente: ma, di fatto, cosa è questa sottomissione/islam, questa dedizione assoluta del musulmano ai decreti di Dio? In cosa consiste? Se l’atteggiamento di ebrei e cristiani si è dimostrato deviato e deviante, qual è la dimensione giusta per vivere la fede secondo l’islam?:

1. fede come totale sottomissione:


per il Corano la storia non è il luogo della rivelazione di Dio ma solo la comunicazione dei decreti di Dio all’uomo, primo fra tutti del modo con cui Dio vuole essere adorato e servito: la sottomissione, cioè l’islam, e la reiterazione di questi decreti nei secoli, specie nei momenti di traviamento.

2. Manca il concetto di peccato originale / colpa - espiazione


=> Ahkam

1.      azioni obbligatorie

2.      azioni raccomandate

3.      azioni libere

4.      azioni biasimevoli

5.      azioni proibite (punizione pubblica): furto, bestemmia, apostasia, adulterio, uso alcool

3. Salvezza come prosperità – beatitudine in termini di delizie materiali


4.L’insondabile volontà di Dio. Predestinazione?


5. I pilastri della fede


1) la professione di fede, i mezzi per raggiungere la salvezza sono:

2) la preghiera rituale,

3) l’elemosina legale,

4) il digiuno del ramadan

5) il pellegrinaggio alla casa di Dio della Mecca.

6. Il mondo diviso tra già-Umma (comunità dei fedeli musulmani) e non-ancora-Umma


7. la jihad: lo “sforzo” per affermare l’islam


3. Alcune note:


1. Islam non è salam!


Oggi comunemente si afferma che l’islam è una religione di pace giacché verrebbe dalla stessa radice di salam. Per capire come veramente stiano le cose ci rifacciamo ad una nota di Massimo Rizzi:

<<Il termine oggi utilizzato per indicare la religione che professa l’unicità di Dio e la profezia di Muħammad è una parola araba. Come tutte le lingue semitiche, l’arabo costruisce le parole a partire da un radicale formato da tre lettere, a cui vengono poi aggiunti suffissi e prefissi per variare il significato del verbo e dei rispettivi derivati.

Nel suddetto caso, il termine è un nome verbale (ciò che corrisponde in qualche modo all’infinito della lingua italiana) dal verbo aslama, che è la IV forma (in arabo alla forma “af‘ala”), dalla radice SLM. Come tutti possono notare sono le tre stesse radicali che formano la parola araba pace (salām). Pur non potendo negare contatti a livello semantico (ogni radice infatti costituisce un campo semantico, all’interno della quale però spesso si raccolgono almeno due significati tra loro non connessi) il significato di islām non ha diretta relazione con quest’ultima.
Il verbo aslama ha come significato: affidare, consegnare, rimettere qualcuno al giudizio di (si veda il vocabolario Arabo-Italiano del Traini). Ha assunto poi anche il senso di abbracciare l’islām. Il nome verbale per questo assume il significato di abbandono, rassegnazione, e di conseguenza sottomissione alla volontà di Dio.

Per cogliere più facilmente l’utilizzo del verbo in arabo rimando al suo utilizzo nella liturgia cristiana, ovvero nella preghiera eucaristica II in cui si dice che “Egli offrendosi liberamente alla sua passione”; come anche nella III preghiera “nella notte in cui fu tradito” (qui nella forma passiva): i due verbi sono espressi nel testo arabo con il verbo aslama>>.[1]

Senza voler entrare nel merito della discussione sul rapporto tra islam – pace – guerra santa che ci porterebbe lontani, è bene però che si sia coscienti del vero significato delle parole per evitare di farsi strumenti di una propaganda che niente ha a che fare con il vero dialogo.

2. Religione monoteista o gnosticismo?


Per non dire poi che solo nel 1880 il Sayous arriva ad affermare che l’islam è monoteismo, religione a parte, non eresia all’interno del cristianesimo o una filiazione dell’ebraismo: questo fatto è indicativo di quanto difficile sia dare una definizione adeguata dell’islam e trovare dei punti di convergenza con ebraismo e cristianesimo, al di là delle apparenze dovute a letture superficiali delle tre esperienze religiose.

<<D’altra parte, l’islam, nonostante tutta la sua carica spirituale di «rivelazione profetica monoteista» per i non credenti pagani e politeisti, in realtà si presenta come soprannaturale solo per la modalità della comunicazione, ma non per il suo contenuto, che invece sottolinea la pratica delle vie di salvezza, e vuole raggiungere appunto la salvezza attraverso l’obbedienza radicale a una legge, ritenuta sempre efficace e sempre a disposizione del credente. Nell’indagine sull’islam emerge la sua caratteristica di essere per l’uomo una via alla conoscenza, verso la consapevolezza di ciò che già è, un sistema dunque con venature gnostiche in senso morale>>[2].

3. teologia? filosofia? o solo giurisprudenza


4. Vivere da musulmani:


1. Sharì’a: le regole del comportamento individuale e familiare


2. Fiqh: la dottrina giuridica islamica e la “chiusura della porta” dell’interpretazione (x sec.)


3. Fatwa: il parere giuridico del muftì


4. la Umma e il diritto consuetudinario


5. Hisba: l’obbligo di vigilanza


5. Problemi aperti


1. Non c’è un solo islam


Inutilmente gli islamologi hanno provato a trovare una definizione soddisfacente dell’islam, in grado di comprenderne le diverse anime religiose, le molteplici tradizioni giuridiche e le differenti fenomenologie applicative. Di regola ci si affida all’etimologia onnicomprensiva del termine «islam», interpretato come «sottomissione al volere e alla legge di Dio», o si fa riferimento alle tradizionali distinzioni interne dei gruppi confessionali, come sunniti e sciiti, ma senza un reale aumento di conoscenza.

2. I sunniti


1.      scuola hanafita (VII – VIII sec.) moderata

2.      scuola malikita (VIII) Marocco, ostile al sufismo

3.      scuola shafi’ita: sistematizzazione giurisprudenza

4.      scuola hanbalita: da Taymiyya al wahabismo e l’idea di ritornare all’islam puro delle origini, intollerante verso le altre religioni e i dissidenti

=> salafiti => fratelli musulmani => In Italia: UCOII (Hamza Piccardo)

=> ARABIA SAUDITA (1765): nasce l’integralismo

3. Gli sciti


1.      scuola ja’farita

2.      scuola zaydita

3.      scuola ismailita

4.      scuola druza

5.      scuola ibadita

4. Le correnti islamiche sopravvalutate in Occidente ma minimali in casa propria: sufismo


<<un’informazione approssimativa scambia movimenti e correnti presenti nell’islam, aperti a forme di pensiero occidentalizzato ma minoritari e assolutamente ininfluenti all’interno del mondo islamico, come veramente rappresentativi della galassia islamica. Così non sono stati pochi gli occidentali che, affascinati da raffinate forme culturali per lo più d’ispirazione sufica, hanno accolto troppo semplicisticamente alcune espressioni confessionali permeate da un’ispirazione etico-sapienziale, come veramente espressive di quel mondo. In verità nessuna di queste decantate «versioni dell’islam» adattate, in qualche modo, alla cultura occidentale, può essere ritenuta effettivamente compatibile con la tradizione cristiana>>.[3]

 

5. Il problema della rappresentanza

<<nonostante il diffuso sentire teologico delle personalità musulmane, che continuano a predicare un islam unico e unitario, non s’incontra nell’universo islamico una sola istituzione capace di ricondurre a unità l’universo dottrinale e giuridico del mondo musulmano. Nel concreto, nonostante i ripetuti appelli alla «comune tradizione», la religione islamica ogni volta finisce per adeguarsi e coincidere con ciò che in una data società ogni generazione riconosce come vincolante nei suoi testi di fondazione. In questa difforme prassi interpretativa e applicativa della sharia affonda le radici la tendenza, oggi prevalente nei paesi occidentali, che sta portando ogni singola comunità musulmana ad assumere una sua propria e più marcata identità religiosa>>.[4]

6. La necessità di una esegesi storico-critica del Corano


si veda ad esempio come nel documento “una parola in comune tra noi e voi”[5] degli intellettuali musulmani inviato ai capi cristiani dopo il discorso del Papa a Ratisbona, in realtà la parola comune non c’è perché c’è solo una lunga serie di citazioni di sure anche quando si parla di Gesù e del Vangelo e non potrebbe essere altrimenti perché se le scritture cristiane sono corrotte un musulmano non le può citare! La parola comune – che dovrebbe essere l’amore per Dio e per il prossimo – tra cristiani e musulmani è declinata solo secondo categorie islamiche: questo ci fa capire la difficoltà e l’impegno di trovare davvero una piattaforma di dialogo tra cristianesimo e islam.

 

 

6. Il diritto islamico: Quali diritti umani?


1.      solo persone fisiche

2.      donna inferiore all’uomo

3.      i non musulmani divisi tra gente del libro e idolatri

4.      matrimonio e famiglia: diritto privato

5.      i beni e il sistema bancario

6.      diritto penale: liceità della vendetta privata

7.      diritto penale: i reati contro la religione

7. Il passato prossimo


1. un “terminus” degli studi di islamistica: Napoleone e la mitizzazione dell’orientalismo


2. Islam: dalla stasi del pensiero alla infatuazione modernista: l’occidentalismo


3. il reciproco uso strumentale (cfr. massoneria; antisemitismo…)


 

4. dall’impero ottomano agli stati nazionali: l’occidentalizzazione del diritto e la modernizzazione del diritto

5. lo spartiacque del 1979


6. il caso Iran


7. il caso Afghanistan


8. Il guazzabuglio Iraq – Siria - Isis


 

8. Il futuro.


1. L’urgenza geopolitica: la globalizzazione


2. L’urgenza culturale: Il contesto sociale pluralistico e multireligioso


3. La reazione alla secolarizzazione:  la tentazione teocratica e la statalizzazione della sharia


4. La sfida della laicità: la demonizzazione integralista (reciproca), l’irenismo o scontro?


5. quale dialogo e integrazione?


6. Italia: la carta dei valori.


 

 


 



[1]
[2] RIZZARDI, La sfida dell’islam, 204.
[3] Per un discernimento…
[4] Per un discernimento…
[5]

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