domenica 18 marzo 2018

Equinozi e solstizi: smettiamola!


Per una di quelle caratteristiche legate alla variabilità della data della Pasqua tra qualche settimana vivremo una successione di feste: San Giuseppe, la domenica delle Palme, la Pasqua, San Guglielmo, e più avanti la Madonna delle Milizie. E qualcuno ritornerà a chiamarle “le feste di primavera”. E’ un’operazione quantomeno ambigua perché sarebbe un po’ come accomunare la festa dell’Immacolata, Natale e Capodanno definendole “le feste dell’inverno”. Confesso che sono stato e rimango allergico ad una definizione del genere perché non rende ragione assolutamente alla specificità di ognuna e alla diversa tipologia fra queste che solo per accidens si trovano collocate in questo periodo del calendario. E che, al di là della ingenuità o superficialità con cui qualcuno usa queste definizioni, da qualche altro sono intenzionalmente usate per oscurare la tipicità cristiana delle feste, cercando di collocarle in un contesto neopagano di culto della natura e di celebrazione dell’avvicendarsi delle stagioni. E’ un tentativo fatto in passato e che ogni tanto ritorna, anche in qualche pubblicazione locale, che cerca di negare la specificità dell’avvenimento cristiano credendo di individuare, dietro ogni festa, la presenza di precedente culto pagano legato ad una qualche divinità o, ancor meglio, a culti legati all’alternarsi del ciclo solare, di equinozi e solstizi, ad esempio, come qualcuno ancora si ostina a fare in riferimento alla festa del Natale, sforzandosi di provare le sue affermazioni con calcoli astronomici e riferimenti storiografici ma che rivelano solo una formazione ormai stantia e obsoleta superata già ampiamente anche dagli storici delle religioni più aggiornati. Già: l’aggiornamento! Quello che manca ad una certa intellighentia che non sa far altro che ripetere acriticamente tesi anticristiane ormai superate dalla stessa scuola marxista da cui provengono. Ripeto: aggiornamento. Perché al di là di ogni tesi preconcetta, basterebbe leggere un buon libro di archeologia biblica (a meno che non ci si limiti alla pseudo scientificità di riviste risibili come Focus) per venire a sapere che qualche decennio fa in una delle grotte di Qumran fu trovato un calendario dei turni delle classi sacerdotali al Tempio di Gerusalemme, che confrontato con altri dati alla mano, confermò tutte le date che il vangelo di Luca riporta in occasione del racconto della nascita di Giovanni il Battista prima e poi di Gesù. Non ripeterò qui i calcoli per non stancare i lettori, ma in pratica si dimostra che il turno che spettava a Zaccaria, padre del Battista, era da collocare nella terza settimana di settembre, tra i giorni 21-22: cosa che confermò la tradizione antica che collocava il concepimento del figlio Giovanni al 23-24 settembre. Da qui la nascita collocata al 24 giugno. Ed è da questa data che si ricavò l’annuncio dell’angelo a Maria, perché questi dice alla Vergine che è già il sesto mese di gravidanza della cugina Elisabetta: da qui il 25 marzo e da qui ancora il 25 dicembre. Con buona pace di chi parla di equinozi e solstizi e del Natale come cristianizzazione del culto del sole. Anche perché ricordo che le date, fissate secondo il calendario lunisolare ebraico, non coincidono col nostro calendario solare, altrimenti saremmo costretti ad ammettere che anche la festa ebraica di Chanuccha è una ebraicizzazione del culto solare e in verità è la memoria storica di un miracolo. Che l’uno e l’altra, a volte quasi coincidenti fra loro, poi si celebrino vicino alla data del 21 dicembre inizio dell’inverno è un accidens che non significa niente. Anche se poi un rabbino nella sua omelia potrà dire che la vera luce è quella del Creatore, e un papa avrà potuto dire che il vero astro sorgente a illuminare chi sta nelle tenebre del peccato, come afferma Zaccaria nel suo cantico riprendendo profezie bibliche antichissime, non è il Sole Invitto ma il Cristo Gesù. Ma tutto qui. E se io ora per San Giuseppe applicherò al Patriarca la citazione biblica del giusto che fiorisce come un giglio o che verdeggia lussureggiante come una palma, spero che a nessuno venga in mente di credere che la festa di san Giuseppe (che nessuno finora ha saputo spiegare perché nel Medioevo il professor Gerson alla Sorbona la fissò al 19 marzo e che magari era il suo compleanno) sia stata inventata per celebrare la primavera o da qualche sciclitano per arricchirsi vendendo balucu per la cavalcata. Per favore!

 

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