mercoledì 6 giugno 2018

CORPUS DOMINI 2018


OMELIA

Nel 1208 la beata Giuliana di Retìne, priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, ebbe una visione mistica in cui una candida luna si presentava in ombra da un lato.

Un’immagine che rappresentava la Chiesa del suo tempo, (cfr. MYSTERIUM LUNAE richiamato nel prologo della Lumen Gentium) che ancora mancava di una solennità in onore del Santissimo Sacramento.

Fu così che il direttore spirituale della beata, il canonico Giovanni di Lausanne, supportato dal giudizio positivo di numerosi teologi presentò al vescovo la richiesta di introdurre una festa diocesi in onore del Corpus Domini. 

Il via libera arrivò nel 1246 con la data della festa fissata per il giovedì dopo l’ottava della Trinità. L’estensione della solennità a tutta la Chiesa però va fatta risalire a papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264.

È dell’anno precedente invece il miracolo eucaristico di Bolsena, nel Viterbese. Qui un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina. Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua). 

La festa del Corpus Domini è dunque comprensibile solo se riallacciata e ricollocata nella cornice della Pasqua e della istituzione della eucaristia: la preghiera di colletta della Messa oggi infatti ci ricorda che nell’Eucaristia il Cristo ci ha lasciato il memoriale della Pasqua.

Le stesse letture che la Chiesa oggi ci fa proclamare ci riportano a quanto è avvenuto la sera di quella ultima cena di Gesù con i suoi.

E’ la cena in cui gli ebrei, si può dire, ricordano ancora oggi la loro nascita come popolo in seguito alla loro elezione, liberazione e alleanza da parte di Dio.

Ce lo ricorda la prima lettura che abbiamo ascoltato: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo ai piedi del Sinai è interpellato dal Signore, tramite il suo prescelto, Mosè.

Al popolo Dio propone un patto, una alleanza: egli si offre come loro Liberatore, Riscattatore e Vindice, come espressione del suo amore e della sua vicinanza di cui ha dato prova nel riscattarli dalla schiavitù del Faraone. Al popolo chiede che l’osservanza dei suoi precetti.

Il popolo risponde: <<Quanto il Signore ha detto noi lo faremo e lo ascolteremo>>.

Si stipula così patto col sacrificio di comunione in cui tutte le parti mangiano l’agnello sacrificale, del cui stesso sangue è asperso l’altare e il popolo: segno di quel vincolo nuovo che ormai lega Dio al suo popolo.

Gli antichi, e in particolare  gli Ebrei, sigillavano un contratto  di alleanza col sangue delle vittime offerte. Così avvenne al Sinai per l'alleanza dell'antica legge. In questo rito, Mosè richiama le parole e  la legge di Dio, legge  «scritta», intangibile; il popolo riafferma la sua volontà di metterla in pratica e  di obbedire a Dio. Quindi Mosè asperge col sangue delle vittime l'altare e lo stesso popolo. Il sangue, che è vita, indica che l'alleanza è vitale; sparso sull'altare e sul popolo, significa che tra il  popolo e Dio vi è comunione: nella fedeltà all'alleanza, il popolo vive della vita di Dio. 

Ma noi sappiamo quanto fragile fu in realtà questa alleanza: nella storia del popolo si annida la tentazione dell’infedeltà al patto.

Patto innumerevolmente rotto e infranto.

Questo farà sì che Dio prometta tramite i suoi profeti, basti pensare a Geremia ed Ezechiele, Isaia e Zaccaria, la stipulazione di una nuova alleanza col suo popolo.

Nella istituzione dell’eucaristia, sarà il Cristo stesso che presenterà la sua morte come il sacrificio della nuova alleanza.

Cristo non solo presenta se stesso come il latore della proposta di una nuova alleanza da parte di Dio, è più di un portavoce, come allora lo era stato Mosè: egli si presenta come come la stessa vittima sacrificale grazie al quale si può ritornare a celebrare la comunione con Dio: <<prendete e mangiate, questo è il mio corpo>>.

Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!»

Ma Cristo non prende il sangue di un altro sacrificio: dice <<Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti.>>

E come agnello sacrificale ormai è il suo sangue stesso che sarà asperso, sparso sulla moltitudine come segno della nuova comunione di vita con Dio.

Ecco perché l’autore della lettera agli Ebrei ci ha detto: <<Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri… Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna>>.

Nella sua morte Cristo si presenta così al tempo stesso come il Sacerdote e l’agnello, immolatore e vittima sull’altare della croce.

Un sacrificio che, proprio perché non parla più il linguaggio dei segni, ma quello della realtà, è dunque presentato ormai eterno e irripetibile.

L’alleanza che Dio stipula con noi tramite il suo Figlio e grazie al dono della vita del Figlio, <<per noi uomini e per la nostra salvezza>> è ormai non solo nuova ma anche eterna, unica, irripetibile.

Ci ricorda ancora la lettera agli Ebrei: <<Per questo egli è mediatore di un'alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che era stata promessa>>.

E il frutto di questa nuova ed eterna alleanza è il perdono dei peccati e la vita nuova che il Padre ci dà la grazia di vivere per il sacrificio del Figlio e col dono dello Spirito Santo.

Cosa è dunque la celebrazione dell’Eucaristia, della messa, se non la celebrazione del memoriale del sacrificio della nuova alleanza?

Così infatti abbiamo pregato:

COLLETTA

Signore, Dio vivente, guarda il tuo popolo radunato attorno a questo altare, per offrirti il sacrificio della nuova alleanza;

SEQUENZA

Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra. 

Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo,

 

 

 

 

 

Ecco cosa noi vogliamo chiedere al Signore oggi: la grazia di vivere nella consapevolezza ogni giorno di essere il popolo della nuova alleanza.

come ci ricorda san Pietro <<Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia>>.

E come popolo a cui è stata usata misericordia la grazia e l’impegno di annunziare ai fratelli l’amore del Signore:

<<Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore>>. 

 

E’ questo il nostro modo, l’unico, di partecipare al <<sacerdozio santo>>: di vivere la nostra comunione con Dio: <<offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo>>.

Se davvero abbiamo compreso il sacrificio di Cristo non possiamo non fare come lui: <<Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.>>

 In concreto che fare? Ce lo ricorda ancora san Pietro:

<<Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai cattivi desideri della carne, che fanno guerra all’anima. Tenete una condotta esemplare fra i pagani perché, mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere diano gloria a Dio nel giorno della sua visita>>.

 L’Eucaristia permei la nostra vita, così che tutta la vita diventi eucaristia.

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