martedì 22 gennaio 2013

MA QUAL E' LA VERA POSTA IN GIOCO? Il Papa, la lettera di Mons. Di Noia e la FSSPX

Quando uscì il Motu proprio del Papa Benedetto con la "liberalizzazione" della liturgia prodotta dalla riforma tridentina, il mio vescovo mi interpellò chiedendomi che ne pensassi, nella mia veste di canonista.
Risposi che era la mossa più brillante e astuta che il papa potesse fare e che qui le attribuite simpatie del papa per il tradizionalismo non ci entravano.
Chi mi ascoltava rimase interdetto perché sembrava solo una mia difesa d'ufficio del Papa.
Ma spiegai.
Il papa è stato quello che ha condotto le trattative con Mons. Lefebvre e quindi conosce bene le posizioni della Fraternità di san Pio X.
Orbene, una delle richieste era di poter celebrare col rito di Pio V come segno di non voler affossare la Tradizione.
Ma il Papa si è spinto oltre: ha concesso di celebrare tutti i sacramenti e sacramentali nel rito tridentino e ha dato l'opportunità a chi lo volesse, preti e laici, di partecipare o di celebrare secondo i precedenti rituali senza bisogno di altre autorizzazioni.
Non è una resa: è una vittoria!
Perché così facendo il Papa ha spuntato le armi dei contestatori togliendo loro un motivo pretestuoso: perché ormai chi vuole può celebrare secondo il rito antico e rimanere nella chiesa cattolica!
Non c'è bisogno di altre fughe o di altri scismi, anzi: se quella era la motivazione vera,data la concessione, la FSSPX doveva rientrare subito e in massa nella Chiesa Cattolica.
Così non è stato. Perché? Perché la liturgia in fondo è una scusa, le motivazioni sono altre e non certo spirituali e liturgiche. C'è in gioco una certa visione di Chiesa e di rapporto col Magistero, come finalmente è venuto a galla dopo il Motu Proprio, grazie proprio a Papa Benedetto.
Che da Papa, come ogni Papa, si preoccupa dell'unità della Chiesa e quindi deve compiere ogni sforzo per non lasciare persa fuori dall'ovile ogni pecorella, sia di destra come di sinistra.
Ma la tensione alla riconciliazione non può non tener conto delle esigenze della verità cattolica.
Per questo il Papa si mostra altrettanto fermo nel difendere il Magistero e la Tradizione, nella sua continuità (comunque poi la si voglia interpretare) fino al Concilio Vaticano II e nel pretenderne il pieno riconoscimento.
Per un cattolico non ci sono altre vie possibili. Perché porsi fuori dalla comunione ecclesiale e criticare la Chiesa è troppo comodo ma ingiusto e scorretto: le critiche alla propria famiglia si fanno finchè si rimane in famiglia!
Se te ne vai sbattendo la porta e ti arroghi il diritto di giudicare la Catholica e il Papa che differenza c'è fra te e Martin Lutero?
Le esigenze della communio sono altre. Da entrambe le parti: in verità e in carità.
E' quanto ha spiegato la lettera di Mons. Di Noia alla FSSPX.
Con abbondanti motivazioni teologiche, spirituali e canoniche.
Che dire di più?
Che dopo le scuse liturgiche sono cadute pure le scuse dottrinali: adesso c'è in gioco solo l'orgoglio.
Ma  la Chiesa non ha bisogno di orgogliosi.
Ha bisogno di fedeli veri che sappiano soffrire per la sua vita e la sua continua riforma.
Fuori dalla Chiesa la FSSPX diventerà sempre più uno sparuto gruppo di fedeli sempre più diviso in se stesso e sempre più arroccato su posizioni estremistiche.
Dentro la Chiesa potrebbero riprendere il loro ruolo propositivo ed essere la testa di ponte di un vero rinnovamento ecclesiale.
Lo ha ricordato loro Mons. Di Noia.
Significativamente la lettera è stata inviata loro in Avvento con l'augurio che il Natale portasse il dono di un esame di coscienza e di una scelta, l'unica veramente possibile: quella del rientro.
Noi preghiamo perché Mons. Fellay e la FSSPX sappiano cogliere il chairòs che si presenta loro.
Potrebbe non essercene un altro.


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