sabato 12 dicembre 2015

Essere parroco

Sono Parroco di San Giuseppe di Scicli.

Una nomina che per primo ha sorpreso proprio me ! E  che mi ha riempito di gioia non tanto perché diventai parroco nella mia stessa città natale, ma perché mi diede l’occasione di ‘sdebitarmi’ in un certo senso con il carissimo P. Angelo Cargnin, di venerata memoria, per quanto lui ha fatto per me e per la mia vocazione. Il ritornare a lavorare in quella stessa parrocchia di cui P. Angelo è stato primo parroco e per cui ha speso tutte le sue energie fino alla morte e dove io ho svolto il mio ministero di catechista fino all’accolitato, ha per me il valore di un segno forte: come prete ho donato le forze in qualsiasi luogo il Signore, tramite l’obbedienza al vescovo, mi ha chiamato e il mio impegno sarebbe rimasto invariato anche se il vescovo mi avesse mandato in qualsiasi altro luogo della diocesi, ma il fatto di essere stato chiamato proprio a Scicli, e proprio a San Giuseppe, lo colsi come un rinnovato appello a dare la vita certo per Cristo e la sua Chiesa, ma per quella Chiesa, per quel popolo di Dio che vive, soffre e spera a Scicli. Una città di cui mi sento figlio e che porto sempre con me nel cuore e per cui il giorno della mia prima Messa ho offerto il mio sacerdozio. Quell’undici settembre 1988 infatti alla consacrazione ho fatto un “patto” con il Signore: “io ti offro la mia vita e il mio sacerdozio per la conversione di Scicli: non mi importa se io sarò parroco a Scicli o meno, purché Scicli  si rinnovi nella fede dei padri”. E’ la prima volta che parlo di questo (anche se tante volte in passato avrei voluto dirlo a quelli che mi attribuivano mire di ‘conquista’ ora su questa ora su quell’altra parrocchia di Scicli !!!)  e lo faccio per rimettermi ancora una volta nelle mani del Signore: come già dissi nella Messa di ingresso in parrocchia la mia gioia grande è stata anzitutto la possibilità di poter rinnovare in questa occasione le promesse della mia ordinazione. Per me è stato infatti quasi un rivivere il giorno della mia ordinazione e come già per la mia prima messa salendo i gradini dell’altare ho ripetuto quel versetto che ormai non si recita più: “salirò all’altare di Dio, del Dio che rallegra la mia giovinezza !” (ma che io sottovoce continuo a recitare all'inizio di ogni messa). Da quel giorno sono passati anni : voglio approfittare di questo spazio per ringraziare quanti (e più di quanto io stesso potessi immaginare) mi sono stati accanto in questo momento importante della mia vita e che continuamente fino ad oggi mi fanno regalo della loro stima. Ma scrivo anche per rispondere ad una domanda che molti mi fanno su come intendo il mio stile e il mio programma di parroco. Io qui confesso di non pensare ad altri stili e ad altri programmi se non a quelli che il Cristo stesso ci suggerisce con il suo esempio. Non penso a tante organizzazioni, a tante attività, quanto ad offrire ai miei parrocchiani quella “compagnia della fede” che sola la Chiesa può dare: la vicinanza del Cristo compagno’ di strada che ci offre il viatico del suo Corpo e della sua Parola e che si fa carico della pena di vivere dei fratelli. E poi, soprattutto, l’impegno-dono della pace. 
E' il tema che ho scelto fin dalla messa di ordinazione, con le parole di Paolo: noi fungiamo da ambasciatori di Cristo... vi scongiuriamo, lasciatevi riconciliare!
A fondamento di un ministero importante quale quello di parroco, in questo anno giubilare che stiamo per cominciare,  credo che i sentimenti con cui un sacerdote si appresti a vivere il suo ufficio non possano che essere quelli stessi del Papa: cioè di sentirsi strumento di pace e di riconciliazione, della misericordia di Dio e per questo chiedere e offrire perdono, a tutti, indistintamente.  Solo cristiani pacificati  con se stessi e con gli altri saranno portatori di pace nel mondo. Questo me lo auguro per la mia parrocchia, per tutte le parrocchie di Scicli, per il bene della Chiesa, per il bene di Scicli. 

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