sabato 16 gennaio 2016

LA MIA INTERVISTA SU FREETIME

                  

San Gaetano da Thiene diceva: "Sfidate la Provvidenza, lei vi schiaffeggerà con l’abbondanza". Padre Ignazio La China, parroco della Chiesa di San Giuseppe a Scicli ha sperimentato nei lunghi anni del suo sacerdozio, ventotto oramai, che è proprio vero. Anni del suo apostolato impiegati nel servizio di tre parrocchie povere (prima la Madonna della Scala a Noto, poi San Giuseppe Lavoratore in Zappulla a Modica, San Giuseppe a Scicli) in cui spesso non c’è neanche di che pagare la bolletta della luce. Specie in quest’ultima parrocchia, un tempo centro storico ma ora in parte abbandonata dai suoi abitanti e diventata il quartiere con il più alto numero di immigrati di Scicli, tra tunisini, albanesi e rumeni. Sempre sfidando la provvidenza dunque, confidando in essa che non lo ha mai deluso e che lo ha sempre ripagato proprio per via dei suoi grandi sacrifici, specie quando, di fronte alle crescenti situazioni di povertà ci si è dovuti attrezzare per far fronte alle nuove necessità, al servizio degli ultimi, degli umili, dei disagiati e degli sfortunati.
Ai bisogni materiali si è sopperiti con la convenzione col Banco Alimentare e creando un raccordo con le associazioni di volontariato cittadine (P. Ignazio è Assistente della Commissione Caritas cittadina e del Centro di Ascolto di ascolto cittadino) ma spesso il vero bisogno sono la solitudine e tante povertà spirituali: e da qui il suo duro impegno nel non mancare mai nell'arduo e spesso difficile compito di offrire una spalla su cui piangere, una mano di aiuto ed anche contributi concreti a chi ne ha di bisogno. Lo incontriamo accompagnati da una cara collega, Pinella Drago, che prima di introdurci a lui ci fa da cicerone lungo le viuzze e le strade che conducono nella sua parrocchia.
E’ reduce di una riunione preparatoria della “Cavalcata di San Giuseppe”. E’ stanco ma col sorriso di chi è soddisfatto per come sono andate le cose. E’ molto legato Padre Ignazio a questa  rappresentazione religiosa e soprattutto tiene molto al fatto che essa, nonostante l’inevitabile ed affascinante folklore di cui è intrisa, non perda la sua intima essenza. “E’ una festa ricca di suggestioni, lunga e dalla laboriosa preparazione delle straordinarie bardature dei cavalli, che coinvolge una intera città ma che non dobbiamo dimenticare – tiene ad evidenziare Padre Ignazio – possiede una imprescindibile dimensione sacra. La cavalcata di San Giuseppe è la Rievocazione della biblica Fuga in Egitto della Sacra Famiglia, narrata dagli Evangeli. ll coloratissimo corteo, con la Sacra Famiglia in testa, si snoda per le vie della città dove, in vari punti e quartieri sono accesi i pagghiara, falò attorno ai quali si raccoglie la gente del vicinato in attesa del passaggio della Sacra Famiglia. La tradizionale Cena, che come ogni anno, si svolge sul sagrato della Chiesa di San Giuseppe è una cena di beneficenza con l’offerta dei doni per i poveri. Tutto ciò rischia di diventare più coreografia che un modo per poi stare anche accanto al più povero e bisognoso.  Ogni anno, durante i preparativi della festa la questione nodale che mi trovo ad affrontare come una sorta di baluardo della sacralità  è sempre quella  di riuscire a far convivere, in un sano equilibrio, folklore e fede” . Per Padre Ignazio La China la Chiesa vicina ai più bisognosi ed agli ultimi non può abdicare al suo ruolo di madre caritatevole in nessuna occasione, sia essa festosa che di vita quotidiana. Sul solco di questo pensiero preponderante nasce, ci racconta con malcelato orgoglio ancora Padre La China, “Casa Valverde” ad opera della Fondazione San Corrado di cui lo stesso Padre Ignazio ne è presidente per volontà del Vescovo di Noto, Mons. Antonio Staglianò. Sulla scia di esperienze diocesane analoghe come ad esempio quella di Pachino denominata “Casa dopo di noi” dedita alla cura e all'ospitalità dei soggetti affetti da disabilità fisica che non hanno o avranno più il supporto dei genitori, o quella di Noto “Casa Tobia” sorta con l’intento di animare di integrare e recuperare ragazzi con handicap mentale o il cantiere educativo progettato insieme con la Scuola Media Maiore di Noto per l’integrazione della comunità dei “camminanti” fortemente presente nel territorio netino.
A Scicli padre Ignazio è stato il promotore, insieme con la Caritas Diocesana,  di “Casa Valverde” dove si sta sperimentando l’esperienza di “Housing first”: assicurare prima di ogni bisogno l’opportunità di una casa a quelle famiglie che versano in situazione economica per via della quale il mantenimento di una casa non permetterebbe loro di provvedere agli altri bisogni di prima necessità . Le stanze dell’ex convento cinquecentesco delle suore Mercedarie a Scicli, da sempre adibito ad orfanotrofio, sono state ristrutturate ed adibite ad appartamenti in grado di ospitare interi nuclei familiari. Debitamente attrezzati con camere  da letto, frigo, cucina, lavanderia, gli appartamenti, tre in tutto,  rappresentano una opportunità concreta di alloggi dignitosi. Una gemma pienamente incastonata nella struttura della Chiesa caritatevole di Papa Francesco e che ogni giorno è testimonianza viva di quanto piccoli gesti  possano farci sperimentare la Santità di  vivere  con Dio, insieme a Dio. “Dio – afferma Padre Ignazio - ci è accanto nella nostra vita a partire dal battesimo. Tendiamo a dimenticarlo. San Paolo chiamava Santi i suoi. Noi siamo già santi e dovremmo sperimentarlo pienamente nel nostro intimo e poi manifestarlo nelle nostre opere ma non sempre ne siamo capaci, -  continua ancora Padre Ignazio - e per farlo non occorrono gesta eclatanti ma solo tanta fede e concrete azioni quotidiane. Nino Baglieri, ad esempio, lo ha espresso”. Padre Ignazio cita non a caso Nino Baglieri. Egli infatti è stato nominato Giudice Delegato per la causa di beatificazione di Baglieri ed in questa qualità è impegnato a  raccogliere le testimonianze a supporto della causa di beatificazione.“Ciò che emerge dall’ascolto di tutti i testimoni – ci racconta ancora Padre Ignazio -  sembra quasi un ritornello: un soggetto  straordinario in quella che è stata l’ordinarietà della sua  esperienza.   Egli ha vissuto il suo dramma in comunione con Dio e attraverso un percorso che invece altri hanno vissuto in senso opposto e completamente diverso. Nino Baglieri cade da una impalcatura, resta paralizzato.  Altri che hanno vissuto analoga esperienza hanno pensato ad un Dio distratto, forse anche inesistente ma per lui invece  è stata l’occasione per scoprirlo questo Dio.   Se ci riflettiamo col senno di poi in un modo strano Dio ha scelto di entrare nella sua vita. Una vita vissuta pienamente come se la sua disabilità rappresentasse per lui un momento di forza piuttosto che un limite. Nino Baglieri ha mantenuto rapporti e vecchi amicizie, ne ha create tante altre con una semplicità di cuore sbalorditiva che è possibile percepire concretamente anche dai suoi innumerevoli scritti.  Nino Baglieri sentiva che Dio era presente nella sua  vita  e  non perdeva occasione per  esprimere la sua  gioia nell’averlo incontrato”.  Padre Ignazio ci racconta come tra tutti i seminaristi ed i preti della diocesi che frequentavano abitualmente la sua abitazione sia stato  l’unico a non averlo mai visitato pur avendolo più volte incontrato a Noto. Un paradosso che oggi egli legge come un disegno divino affinché possa svolgere con più imparzialità ed obiettività il suo ruolo  nella causa di beatificazione. L’insegnamento che si può trarre secondo Padre Ignazio dalla vita di Nino Baglieri è quello di saper fare della vita un dono. “Nino Baglieri – dice Padre Ignazio - sceglie di seguire il Cristo sulla Croce e alla fine diventerà egli stesso il Cristo sulla croce  per la sua sofferenza finale”. La nostra conversazione con Padre Ignazio prosegue nonostante l’ora tarda, affascinati da quest’uomo di Chiesa che si reputa un intellettuale sui generis. Uno studioso appassionato dei classici greci e latini, legge la Bibbia in ebraico e recita il breviario in latino per non perdere la ricchezza di sfumature che nelle traduzioni non si colgono più, ma che da prete marginale come ama definirsi sente forte la responsabilità di essere dal momento della ordinazione sacerdotale un alter Christus, nonostante i propri limiti. Dove prendere la forza? L’Eucaristia e poi la preghiera. Non tanto dire parole, quanto stare a guardarlo in silenzio, Lui nel tabernacolo e io in fondo alla chiesa, e mettergli davanti le persone che si amano e magari chi proprio non va giù… Inevitabilmente si parla della recente nomina ad arcivescovo di Palermo di Don Corrado Lorefice. Padre Ignazio ci esprime tutta la sua gioia per questa nomina. Con Mons. Lorefice sono coetanei, hanno fatto il  seminario insieme  e studiato insieme sia a Catania e che a Roma. Mons. Lorefice ha studiato morale.  Padre Ignazio  Diritto canonico.  “E’ sicuramente l’uomo che ci vuole oggi a capo di una Diocesi così importante per storia ed estensione. Al di là degli studi e della sua formazione ciò che ho ammirato sempre in don Corrado  é la sua calda umanità, ci dice.  E’ indispensabileper creare un solido  rapporto con chi crede ma anche con chi non crede. Questa caratteristica gli sarà utile per il tipo di lavoro che andrà a fare”. Padre Ignazio è uno di quei preti che hai grande difficoltà ad immaginare su un pulpito ad impartire vuote benedizioni e pronunciare roboanti discorsi. E’ immediato, sanguigno, vero. Con lui è possibile creare subito un contatto che in un non niente si trasforma in empatia ed eccoci già ad affrontare tematiche più profonde ed intime. Parliamo di gioie e sconfitte che caratterizzano il percorso di vita di ognuno di noi e a maggior ragione quelle di chi ha scelto di essere un pastore di anime: le sue.
“Avverto forte il senso della sconfitta – inizia a confidarsi Padre Ignazio - quando  non  riesco  a far comprendere  bene agli altri come il sacro  si deve incarnare sempre nella storia così come l’esperienza di fede. Ma proprio dalle sconfitte, da quelle più cocenti, ho imparato molto. Il Signore ha voluto che imparassi proprio da esse ed oggi ringrazio il Signore per questo dono immenso al punto che “prete”, secondo il concetto di servizio e di donazione completa agli altri,  sento di esserlo pienamente  dal  25° anno di ordinazione sacerdotale sia per  la maturità, l’esperienza, ma anche  la grazia immensa  che il Signore mi ha dato di raccogliere i frutti di quanto seminato. Frutti migliori raccolti lì dove non mi aspettavo nulla. Per me la gioia più bella è data da tutti coloro i quali oggi vivono a pieno la  parrocchia e partecipano a tutte le attività della comunità. Sono i ragazzi di un tempo, piccoli chierichetti allora,oggi uomini e padri di famiglia. Ho avuto la gioia e l’onore di accompagnarli nel loro cammino di fede e di crescita. Li ho cresimati, sposati, ho battezzato i loro figli ed oggi siamo sempre più comunità. Credo che sia questo il dono più grande per un prete. Vivere in sintonia con la propria comunità, accompagnarla nella crescita e mai mortificandone le diversità culturali e religiose che in una società sempre più multietnica come la nostra è ovvio ci siano. Sono un docente, ho insegnato all’Istituto   Magistrale di Scicli, all’istituto di teologia di Noto e ora insegno all’Istituto Teologico San Metodio di Siracusa. Sono incaricato diocesano per l’ecumenismo e dialogo. Ho anche la grazia di poter vivere a contatto con Ebrei, musulmani ed Ortodossi. Vivere una esperienza di Chiesa con  rappresentanti di diverse  religioni la giudico una delle esperienze più arricchenti tra quelle che il sacerdozio mi ha regalato. Mi commuove ancor oggi ad esempio  - prosegue Padre Ignazio - che il rappresentante della chiesa ortodossa  a Ragusa, oramai da oltre cinque anni qui (è arrivato giovanissimo diacono a 28 anni),  nonostante gli anni di frequentazione che contraddistinguono il nostro rapporto di amicizia e di stima  ad oggi  si rivolge a me  dandomi del Lei.  Lo fa in segno di grande stima “Dopo mio padre, tu e il vescovo Paolo Urso”, mi dice, e vi assicuro che quando si riesce a mettere in disparte le ideologie e si vive pienamente  il rapporto umano, l’esperienza  è fortemente arricchente”. E che l’esperienza di interreligiosità ed interculturalità sia un modo  attraverso il quale Padre Ignazio riesce a dare un volto pragmatico al suo concetto di Chiesa, lo si percepisce immediatamente. È come se per certi versi la comunità di San Giuseppe fosse più avanti rispetto le istituzioni stesse. Non appena si presenta un caso che gli assistenti sociali reputano più delicato o complesso non esitano a confrontarsi con Padre Ignazio. Spesso più che aiuti economici i casi necessitano sostegno morale, dialogo ed ascolto. Lo stesso che Padre Ignazio agevola e coltiva coi suoi parrocchiani. Le piccole dimensioni della parrocchia lo permettono. Non riunioni di gruppi per categoria che tendono sempre ad escludere qualcuno ma riunioni che coinvolgono tutta la comunità parrocchiale, dai giovani alle famiglie, insieme con assoluta semplicità magari anche condividendo un dolce preparato in casa. I giovani – ci dice Padre Ignazio – se li convochi per una riunione di catechesi ti snobbano ma se crei un pretesto per stare insieme a loro, essi  non fuggono. Tutt’altro. Ed è in quei momenti che puoi stargli veramente vicino, seguirli ed indicare loro il giusto cammino. Senza assurgere a maestro o censore ma essendo uno di loro. Un loro amico. Padre Ignazio è sui generis anche nella capacità di parlare ai giovani e diciamo anche nell’utilizzo degli strumenti tipici dei giovani e della società moderna. Alcuni nell’ambiente ecclesiastico demonizzano i social però per lui sono uno strumento di  dialogo e  di opportunità di incontro con chi magari per orgoglio o per pudore ha difficoltà a chiedere aiuto, l’aiuto di un prete. L’intervista a Padre Ignazio si prolunga, diventa un piacevole dialogo e confronto. Si continua a trattare argomenti di scottante attualità. L’ultimo, ci ripromettiamo, prima di salutarci: il sinodo sulla famiglia e il gran parlare che si è fatto sulle unioni gay.  “Non mi scandalizza  il fatto che due persone dello stesso sesso possano amarsi. La chiesa con il suo insegnamento si mostra critica verso tali  sentimenti solo nella  misura in cui li  si vogliono catalogare con definizione tipiche di istituzione secolari  come il sacramento del matrimonio che è una istituzione che nasce in relazione ad un uomo ed una donna ai fini della procreazione. Tutto ciò che esula da ciò non può rientrare nella definizione di matrimonio. Il problema non è dato dal fatto di due persone dello stesso sesso che si amano e stanno insieme. Poi bisogna sempre distinguere tra chi crede e chi non crede. La Chiesa ricorda che non l’orientamento ma l’esercizio dell’omosessualità è peccato. Ma mentre condanna il peccato accoglie sempre l’uomo peccatore. In coscienza ognuno poi davanti  al Signore – ci ricorda Padre Ignazio – risponde delle proprie scelte.  Il primato delle coscienze viene innanzitutto. Un figlio ha il diritto di avere un padre ed una madre, per questo non è corretto parlare di matrimonio tra gay. Ho diversi amici gay ma  nessuno di essi  mi ha mai manifestato questa loro voglia di sposarsi. Mi viene da pensare che spesso dietro questi argomenti così scottanti ci sia una lobby minoritaria che possiede strumenti e risorse economiche tali da influenzare le grandi scelte della società. Stiamo andando verso una società sempre più pluralista, in cui non hanno senso forti pregiudizi. Per chi crede, chiunque sia, l’importante è sempre voler fare un cammino di conversione e di fede. Mutuo quindi le parole di Papa Francesco “se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?» Una citazione con la quale Padre Ignazio si conceda da noi e ci lascia col  profondo convincimento che è davvero un prete sui generis.

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